Il trionfo della figura: Sant’Aquilino, San Vittore in Ciel d’Oro a Milano e la retorica cristiana del V secolo, in Medioevo. Natura e Figura, a cura di Carlo Arturo Quintavalle, Milano 2015 (original) (raw)
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Barletta: La città e la storia. Testimonianze, protagonisti, memorie (Baruli Res, 6), 2020
Nella Cattedrale di Santa Maria Maggiore di Barletta, all’interno della cappella del Transito di San Giuseppe, è conservata una statua settecentesca in legno policromo raffigurante un’Immacolata. L’effige, pregevole per l’alta qualità dell’intaglio, è stata attribuita in passato allo scultore napoletano Nicola Fumo. La presente ricerca dimostrerà, tuttavia, attraverso l’ausilio di numerose fonti documentarie legate alla figura del committente Francesco Savero Maria de Queralt, come tale valutazione debba essere accantonata in favore di un artista a oggi ancora ignoto, facente parte di una delle numerose botteghe napoletane attive in tutto il Regno durante la prima metà del XVIII secolo. In the Cathedral of Santa Maria Maggiore in Barletta, inside the chapel of the Transito di San Giuseppe, there is an eighteenth-century polychrome wooden statue depicting an Immaculate Conception. The effigy, valuable for the high quality of the carving, has been attributed in the past to the Neapolitan sculptor Nicola Fumo. The present research will demonstrate, however, through the help of numerous documentary sources linked to the figure of the client Francesco Savero Maria de Queralt, how this evaluation should be set aside in favor of an artist still unknown today, part of one of the numerous Neapolitan workshops active throughout the Kingdom during the first half of the 18th century.
Cultura Economia Territorio. La Storia come mestiere. Studi in onore di Fabio Bettoni, a cura di A. Ciuffetti, R. Tavazzi, Bollettino storico della città di Foligno, 2020
Questo contributo nasce dalla segnalazione della presenza di un vitello accovacciato ai piedi di un sant’Antonio Abate, al posto dell’usuale porcello, in un dipinto realizzato nella prima metà del XVI secolo in una cappella viaria annessa alla chiesa di santa Maria Infraportas a Foligno. L’analisi dell’opera attribuita a un pittore in cui è ben riconoscibile l’influenza operata da Bernardino di Betto detto il Pinturicchio ha rappresentato l’occasione per esaminare con un approccio interdisciplinare questa iconografia così poco usuale nel panorama della storia dell’arte e di approfondire quali possano essere i motivi che hanno portato i committenti a tale scelta. “Ulteriore motivo d’interesse della raffigurazione di Sant’Antonio con il vitello scaturisce dalla possibile appartenenza dell’animale alla razza chianina, la monumentale specie di buoi dal manto bianco porcellana, che negli individui di meno di 6 mesi di età si presenta di colore fromentino, come nel nostro esemplare, e dalla suggestione che la sua raffigurazione voglia testimoniare il legame che unisce la valle Umbra a questa particolare varietà bovina. È noto come la bellezza e l’imponenza dei buoi di Bevagna, l’antica Mevania, costituiscano un topos letterario dell’antica Roma che prende avvio dai versi del secondo libro delle Georgiche, nei quali Virgilio, decantando le glorie italiche, ricorda il candore delle greggi e dei buoi lavati nelle sacre acque del Clitunno e il loro impiego nel trionfo dei condottieri vittoriosi, chiaro riferimento ai sacrifici che avvenivano a Roma sul Campidoglio, presso il tempio di Giove Ottimo Massimo, dove le cerimonie terminavano...”.
Il canto xix dell'Inferno si apre e chiude con due ovvi riferimenti a vicende e profezie bibliche o pseudo-bibliche che denunciano le manifestazioni dell'ecclesia carnalis dall'origine della cristianità al futuro prossimo. 1 si tratta dei famigerati episodi legati alla vita di simon Mago, per rievocare i quali basta tuonarne il nome (« O simon mago, o miseri seguaci », v. 1), e della visione giovannea della « meretrix magna » (Apoc., 17), che dante, alla maniera dei francescani spirituali e sulla scorta di pietro giovanni Olivi e ubertino da Casale, identifica con la curia romana, contro cui si avventarà il giudizio divino (vv. 106-10): 2 di voi pastor s'accorse il Vangelista, quando colei che siede sopra l'acque puttaneggiar coi regi a lui fu vista; quella che con le sette teste nacque, e da le diece corna ebbe argomento, fin che virtute al suo marito piacque.
La figura di Maria costituisce un singolare punto di contatto tra mondo terreno e mondo celeste, di cui Dante ha valorizzato il significato attribuendole varie funzioni nello svolgimento della Commedia. La prima funzione rilevabile riguarda il suo potere d’intercessione, presentato dal canto II dell’Inferno secondo un punto di vista giuridico-teologico («duro giudicio lassù frange»). Questa funzione le conferisce il ruolo di “adiuvante” principale (in quanto «canale di tutte le grazie» tra cielo e terra) che si protrae lungo tutto il percorso, per lo più tramite intermediari tra i quali Beatrice tiene il primo posto. Una seconda funzione, di tipo morale, completa questo ruolo di “adiuvante” offrendo alla meditazione dei purganti e del protagonista gli episodi essenziali della sua vita terrena come primo esempio di virtù sulle cornici del Purgatorio. Altre due funzioni mariane emergono nella progressione del viaggio, una liturgica e un’altra estetica, in quanto viene invocata nelle preghiere ed ammirata nelle sue gloriose apparizioni. La nostra breve presentazione intende illustrare come queste quattro funzioni permettano a Dante di sfruttare le potenzialità di una devozione millenaria senza sminuire la centralità di Beatrice.