Falsificazione e progresso in matematica: riflessioni su Imre Lakatos (original) (raw)
Imre Lakatos e il problema della demarcazione
Scienza e FIlosofia, 2015
L’obiettivo dell’articolo che segue è quello di riesumare il “problema della demarcazione”, deceduto per mano di Larry Laudan nel 1983. In esso si procederà attraverso l’analisi della filosofia della scienza di Imre Lakatos, che rappresenta la più matura conciliazione tra il fallibilismo dell’impresa scientifica e la razionalità demarcativa. Recepire le tendenze intellettuali dei filosofi della scienza, interpretarle, prendere le cose migliori, e proporre una filosofia della scienza superiore: ecco la ricetta filosofica di Lakatos. Egli incarna il giusto mezzo tra dogmatismo e scetticismo: posizione privilegiata di chi intende salvare i fenomeni riproponendo il pensiero di un’unità razionale della scienza in un periodo storico sostanzialmente anarchico.
Imre Toth e la metafora della matematica come «fabbrica dell'impossibile»
Parresiastes3.0, 2022
«In genere si dice che l'eccezione non conta. Io dico che, al contrario, è soltanto l'eccezione che conta, perché sono stati sempre quei cinque Giusti che hanno salvato l'umanità» 1. Ho scelto di affidare l'incipit del presente contributo a questa frase di Imre Toth perché ritengo che in essa sia condensata l'idea rivoluzionaria secondo cui sono sempre stati gli "eretici" e i "visionari" a cambiare la storia 2. Imre Toth può essere considerato un filosofo della matematica, in virtù del suo interesse per quella che lui stesso suole definire «la dimensione metafisica» di questa scienza, intendendo, attraverso questa espressione, prendere le distanze da quella logica lineare, così sedimentata nel paradigma di pensiero del mondo occidentale, tendente a considerare la matematica come una «scienza esatta» che «parla di cose che non esistono», e non già, invece, «come una parte integrante dello spirito umano» 3. Si tratta, dunque, di un pensatore che intravede nella matematica "l'espressione della libertà umana", una libertà che, nella prospettiva tothiana, si manifesta «nella creazione di mondi», la quale, per potersi concretizzare, deve, tuttavia, essere «veicolata da un atto di cui solo l'essere umano è capace», e questo atto è la negazione 4. La negazione è, in altre parole, per questo studioso, ciò che attesta «la presenza del soggetto umano nell'universo», concepito, appunto, come «l'unico essere che possa dire "no!"» 5. Essere liberi significa, dunque, assumersi la responsabilità di questa libertà, poiché non si è liberi quando si può fare ciò che si vuole, ma quando ci si trova dinnanzi ad una costrizione alla quale ci si oppone 6. E questo Hegel, come lo stesso Toth, del resto, pone in evidenza, ce lo spiega molto bene, quando parla della negazione come di «una gigantesca e tremenda forza dello Spirito», di un "Io" che si costituisce come tale solo e soltanto nella misura in cui è in grado di «negare» 7 .
Declinazioni del falso e rimedi demistificanti nell’opera di Sciascia
Fictio, falso, fake: sul buon uso della filologia, a cura di Antonella Negri e Roberto Tagliani, Milano, Ledizioni ("Biblioteca di Carte Romanze", 13), pp. 115-141, 2021
L’opera complessiva di Leonardo Sciascia ha nella strenua ricerca della verità una delle caratteristiche più evidenti a qualsiasi lettore dei suoi romanzi e dei suoi densi saggi storici, letterari e civili. Tale ricerca presenta un evidente contraltare nell’analisi del suo opposto: la menzogna, la mistificazione, il falso. Rispetto a queste categorie lo scrittore siciliano adottò varie strategie di demistificazione, ma anche, in modo apparentemente contraddittorio, di valorizzazione del falso. Un esame che voglia cogliere tutti gli aspetti rilevanti del rapporto di Sciascia con la verità, e quindi con il suo opposto, coinciderebbe con un’analisi a tutto tondo dell’opera dello scrittore siciliano. Nell'intervento si citano e commentano una serie di passi tratti dalle sue opere che esemplificano sette modalità di interazione di Sciascia con la falsificazione e la menzogna, facendo intravedere il filo rosso della filologia, anch’essa declinata in vari modi.
Marco Giovenale e Michele Zaffarano: una matematica della realtà
Marco Giovenale e Michele Zaffarano: una matematica della realtà, in Cristina Giorcelli e Luigi Magno (a cura di), New Objectivists - Nouveaux objectivistes - Nuovi oggettivisti. Roma, 17-18 maggio 2012, Loffredo University Press, Napoli 2013, pp. 249-262, 2013
Marco Giovenale e Michele Zaffarano sono autori certamente diversi tra loro, ma le cui scritture mostrano di avere vaste aree di sovrapponibilità, almeno per quel che riguarda alcune strategie di oggettivazione.
Studium Philosophicum 9 (Forthcoming), 2020
Rationality and irrationality of the scientific method: considerations on Kuhn, Lakatos and Feyerabend. Starting from the general meaning of the terms "rational" and "irrational", as we find them in the dictionary, we will first try to understand what rationality is and what it means to say that a speech or an action is "rational"; secondly, we will try to understand if it is possible to identify in the twentieth-century epistemological debate a "rational" method for science, in the face of the thesis of incommensurability proposed by Kuhn and in particular of the Feyerabendian idea that anything can be good, and of the subdivision of research, operated by Lakatos, into progressive and regressive research programs. Prendendo le mosse dal significato generale dei termini "razionale" e "irrazionale", così come li troviamo nel dizionario, cercheremo in primo luogo di capire cosa sia la razionalità e cosa significhi affermare che un discorso o un'azione sia "razionale"; in secondo luogo cercheremo di comprendere se sia possibile individuare nel dibattito epistemologico novecentesco un metodo "razionale" per la scienza, a fronte della tesi dell'incommensurabilità proposta da Kuhn e in particolare dell'idea feyerabendiana per cui qualsiasi cosa può andar bene, e della suddivisione della ricerca, operata da Lakatos, in programmi di ricerca progressivi e regressivi.
Niccolò Cusano. Scritti matematici
2020
Cusano è un personaggio chiave della cultura occidentale: molti e importanti sono i contributi che egli dà in ambito filosofico, giuridico, religioso e politico. Gli studi critici hanno evidenziato e continuano a evidenziare i diversi aspetti della sua vastissima e poliedrica attività speculativa. Meno noti, ma altrettanto significativi, sono l'impegno e la perspicacia con i quali il cardinale cerca di risolvere questioni strettamente matematiche, alle quali si dedica costantemente e intensamente per oltre quindici anni, dal 1445 al 1459, in mezzo a bufere politiche, conflitti territoriali, progetti di riforma e delusioni personali. Si tratta delle seguenti opere, qui tradotte e commentati, per la prima volta, in italiano: <i>De geometricis transmutationibus</i>, <i>De arithmeticis complementis</i>, <i>De circuli quadratura</i>, <i>Quadratura circuli</i>, <i>De mathematicis complementis</i>, <i>Declaratio rectilin...
I paradossi di un mentitore. Giacomo Casanova tra verità e simulazione
Écho des études romanes
This paper tries to outline the multiple plans and significances of simulation/dissimulation in Giacomo Casanova's Histoire de ma vie. Focusing on themes such as time perception and representation, the dialectic of dream and reality, the self-consciousness of the lying author and its earnest attitude and Casanova's political judgments, the "content of reality" and the revealing value of this bizarre autobiography emerge, even if concealed under the richness of implausible or plainly false accounts. Playing with elegance and irony the multiple instruments of the interplay between true and false, Casanova's autobiography stands as a forceful example of an experimental literary genre in which autobiography and novel share the same techniques and style: instead of a dialogue between the fictional and non-fictional plan, the Histoire de ma vie proposes the possibility of re-evaluating the fictional contents as the only possible faithful and tentatively "objective" narrative, while the lived reality is too often unable to represent itself out of the dissimulations of the subjectivity.
Delle utopie matematiche: la riforma impossibile di Apollonio
P. Olmos, F. Pezzoli (eds.), Imaginarios científicos: Conocimiento, narraciones y utopías, 2015
La matematica è un'utopia concreta, un luogo di possibilità inespresse fino al loro dispiegamento come costruzione mentale. Tanto più se, come avveniva nel periodo ellenistico, la matematica assumeva, principalmente e autorevolmente, la forma della geometria, conoscenza radicata in oggetti localizzati nel piano o nello spazio ma dallo statuto ontologico ambiguo, espressa con un codice linguistico cristallizzatosi in una serie di topoi cui era attribuita portata persuasiva massima. D'altro canto, la rigidità del codice adottato fece sì che i confini concessi all'"esprimibile" in ambito matematico si facessero subito strettissimi; in altri termini, autori e metodi argomentativi ritenuti fondativi vennero eretti a canone, e gli scritti matematici a genere letterario. Quest'affermazione apparentemente sorprendente si motiva facilmente se applichiamo i criteri stilistico-formali antichi o mettiamo a confronto i caratteri che tipizzano la letteratura "alta" nel suo complesso con quelli specifici del genere "opera matematica": l'adozione di un codice interno che regola lessico, sintassi e stile; la possibilità di articolarsi in sottogeneri; il formarsi di una readership (anche, ma non soltanto, in ambito scolastico) e l'adattamento della scrittura alle sue esigenze; un'evoluzione verso forme che privilegiano un approccio metadiscorsivo e di ibridazione dei generi; l'essere sottoposta ad operazioni erudite come appunto la formazione di un canone, la redazione di commentari, gli interventi di riscrittura ipercaratterizzanti; una tradizione testuale articolata, eventualmente
Giuseppe Ragunì-I confini logici della matematica
Rivista Italiana di Filosofia Analitica-Junior, 2011
Il valore limitativo che hanno alcuni teoremi, e metatoremi, nei confronti della matematica, è da considerarsi uno strumento molto potente a nostra disposizione. Affermare una serie di condizioni (per citarne alcune coerenza, completezza semantica, buona definizione. . . ) relativamente a un sistema assiomatico formale consente di determinare quali siano i "limiti" di detto sistema. E le conseguenze epistemologiche che si possono trarre dal fatto che la matematica abbia dei limiti, contrariamente alla sua «aura dorata di inoppugnabile infallibilità», 1 sembrano enormi, tanto da essere molto spesso chiamate in causa (a volte anche a sproposito). Il lavoro di Giuseppe Ragunì, dal titolo, appunto, de "I Confini Logici della Matematica", intende prendere in esame questi teoremi, da quelli di Gödel sull'incompletezza ai risultati di Chaitin sulla casualità, passando per la Tesi di Church-Turing, al fine di fare pulizia concettuale circa le conseguenze che ne derivano. E al contempo vuole costituirsi come un lavoro di natura introduttiva e divulgativa, adatto non solo ad un pubblico di "esperti" della materia, bensì anche a chi si interessa in maniera meno specifica alla Logica Matematica.
Idola scientiae - Per una teoria dell'errore
Proprio per via della sua somiglianza con un minerale molto più prezioso, in passato la pirite era conosciuta come l'oro degli stolti. Ivi, p. 37. 6 cadere in errore, le sue ricerche subirebbero una definitiva battuta d'arresto. Osservando la storia della scienza non si può non giungere alla medesima conclusione. Nel tentativo di spiegare in che modo Marte orbitasse attorno al Sole, prima di arrivare all'ellisse Keplero mise alla prova più di settanta ipotesi di figure geometriche piane che potessero descrivere le posizioni che Tycho Brahe aveva osservato essere occupate da Marte nel cielo 7 . Se l'astronomo tedesco si fosse ingegnato a capire come non commettere errori invece di azzardare ipotesi e imparare dai suoi insuccessi, probabilmente Newton, che si servì abbondantemente delle tre leggi di Keplero, non avrebbe formulato la legge di gravitazione universale 8 . Le discipline scientifiche non sarebbero giunte ai risultati che le rendono così stimate da tutti se gli scienziati avessero speso una buona parte del loro tempo e delle loro energie ad architettare metodi per non sbagliare.
Il problema logico delle fallacie - 2002
Quando il pensiero sbaglia. La fallacia tra psicologia e scienza, UTETLibreria, Torino , 2002
Quella che potremmo considerare la received view nello studio contemporaneo delle fallacie, e che si trova esposta, per fare un esempio, nel manuale di Copi (1961)1, ha preso come punto di partenza il carattere di erroneità delle fallacie e tende a vedere le fallacie come un problema logico, o almeno ad affidare alla logica il compito di attivare terapie anti-fallacia. Essa presenta tuttavia numerosi problemi, e le numerose critiche alle quali è stata recentemente sottoposta hanno favorito il delinearsi di una concezione alternativa, impegnata a inquadrare le fallacie in un contesto dialogico e a darne una caratterizzazione dialettico-pragmatica. Questo cambiamento di prospettiva nello studio delle fallacie ha finito quindi con l’essere l’argomento centrale del presente contributo, che ne tenta una ricostruzione. La prima parte contiene una presentazione sintetica delle fallacie più note e verte sul tentativo, prevalente nella prima metà del Novecento, di affrontare il problema delle fallacie con gli strumenti della logica classica; per questo motivo viene qui denominato “approccio classico”, o “tradizionale”, sebbene esso non fosse affatto quello prevalente in epoche precedenti. Nella seconda parte sono esposte alcune delle difficoltà che derivano dal vedere il problema delle fallacie esclusivamente come un problema di correttezza inferenziale. La terza parte è dedicata all’analisi delle fallacie che la teoria dell’argomentazione ha originariamente proposto come alternativa a quella tradizionale, anche se la ricerca più recente lascia intravedere un superamento della contrapposizione tra logica e teoria dell’argomentazione. La quarta parte, infine, presenta alcune osservazioni conclusive.
Luca Pacioli e la matematizzazione del sapere nel Rinascimento
2003
Nel Museo di Capodimonte, a Napoli, è conservato un dipinto che raffigura un frate matematico, affiancato da un giovane uomo con lo sguardo fisso verso l'osservatore 1. Il frate francescano sta illustrando la proposizione 8ª del XIII libro degli Elementi di Euclide: con l'indice della mano sinistra segue il testo euclideo; con la destra disegna su una lavagna la figura geometrica relativa al teorema, un triangolo equilatero inscritto nel cerchio 2. Il frate è Luca Pacioli, il giovane alla sua sinistra è probabilmente Guidubaldo da Montefeltro, duca di Urbino e suo mecenate 3. Sul tavolo trova spazio anche un ponderoso PREFAZIONE 1 Come è noto, Bernardino Baldi alla fine del XVI secolo, nelle sue Vite de' matematici, riferiva di un'opera di Piero della Francesca, conservata "nela guardarobba de' nostri serenissimi Principi di Urbino", raffigurante il "ritratto al naturale d'esso frate Luca, col suo libro avanti dela Somma Aritmetica et alcuni corpi regolari finti di cristallo appesi in alto, ne' quali e da le linee, e da' lumi e da le ombre si scopre quanto Piero fosse intendente ne la sua professione". Sulla notizia fornita da Baldi cfr. E. NENCI, Le vite de' matematici di Bernardino Baldi (1553-1617). Edizione annotata e commentata della parte medievale e rinascimentale, Milano, Angeli 1998, p. 309. 2 Sul testo aperto davanti a Pacioli si legge soltanto "Liber XIII". Ciò nondimeno la figura disegnata sulla lavagna si riferisce, come ha mostrato Margaret Daly Davis, alla proposizione 8 a : "Omnis trianguli equilateri quod a latere suo quadratum describitur triplum est qudrato dimidi diametri circuli a quo triangulis ipse circumscribit" (Cfr. M. DALY DAVIS, Piero della Francesca's Mathematical Treatises: the "Trattato d'abaco" and "Libellus de quinque corporibus regularibus", Ravenna, Longo 1977, pp. 69-70). Questa proposizione attualmente è la n°. 12 del XIII libro degli Elementi, ma compare con diversa numerazione nell'edizione dell'opera di Euclide curata dallo stesso Pacioli: Euclidis megarensis philosophi acutissimi mathematicorumque omnium sine controversia principis opera a Campano interprete fidissimo tralata. Que cum antea librariorum detestanda culpa mendis fedissimis adeo deformia essent: ut vix Euclidem ipsum agnosceremus. Lucas Paciolus theologus insignis: altissima Mathematicarum disciplinarum scientia rarissimus iudicio castigatissimo detersit: emendavit, Venetiis 1509, c. 124r-v. Questo teorema è fondamentale nella inscrizione dei corpi regolari in una sfera poiché stabilisce la proporzione tra un triangolo equilatero e il cerchio circoscritto che è necessaria per la costruzione del tetraedro, dell'ottaedro e dell'icosaedro. 3 Per l'identificazione del giovane vicino a Pacioli con Guidubaldo da Montefeltro cfr. O. BE-NESCH,
Ramundo Giorgio LInformatica e Logica
L'informatica è logica. Non è una proprietà della materia, bensì la sua più fondamentale caratteristica. L'informatica è sì nata dalla logica, ma la loro non è solo una relazione di derivazione. Per capire davvero l'informatica, cosa si può fare con un calcolatore, dove possono arrivare la programmazione e l'intelligenza artificiale, occorre studiare la logica, come suo più vero e formale rappresentante. Il presente articolo cerca di delineare alcuni fatti che hanno portato alla teoria della calcolabilità a partire dalla crisi della matematica della prima metà del novecento, per arrivare a trarre conclusioni sul rapporto tra logica e informatica così come si presenta ai giorni nostri. 1 La crisi esistenziale della matematica All'inizio del XX secolo la matematica passa, per così dire, una crisi esistenziale. David Hilbert, geniale matematico, molto influente e capace di dirigere la ricerca del tempo, propone un problema volto a dimostrare, dal suo punto di vista, l'essenza finitista della matematica. Occorre un attimo fissare le idee. All'epoca la scuola della logica matematica può essere paragonata a un gioco, una sorta di sfida che vede protagoniste tre squadre. Per ogni squadra diamo (forse comicamente, ma non troppo) un piccolo slogan che ne riassume il pensiero. 1. i finitisti di David Hilbert: "La matematica deriva dalla logica, ma la matematica può risol-vere ogni problema: dobbiamo sapere, sapremo." 2. gli intuizionisti, di Brouwer (ex allievo di Hilbert): La logica deriva dalla matematica, che è una disciplina costruttiva, non trascendente: dobbiamo mostrare, mostreremo." 3. i logicisti, discepoli di Russel, Frege e Whitehead. "La matematica è un ramo della logica; solo essa può dirci qualcosa sulla matematica: dobbiamo capire, capiremo." Ogni scuola di pensiero che si eleva ha origini forse filosofiche. Basti pensare, a titolo d'esempio, che Brouwer era un convinto materialista. I finitisti riprendono un po' il sogno di Leibniz, che con la sua lingua characteristica voleva, nel lontano 1500, poter rappresentare ogni sorta di pensiero in maniera formale e un metodo per calcolare una soluzione ad ogni questione. Non ci sarà più bisogno fra due filosofi di discussioni più lunghe di quelle tra due matematici, poiché basterà che essi prendano le loro penne, che si siedano al loro tavolo (riferendosi, se lo desiderano, a un amico) e che entrambi dicano: "Calcoliamo" (G.W. Leibniz) Ecco lo slogan di Leibniz. David Hilbert dunque lavora, e fa lavorare, su questi problemi fondazionali, perché non riguardano direttamente ciò che fa la matematica, che intanto andava avanti tranquilla e inconsapevole, bensì il cosa può fare, il suo senso, i suoi motivi, il suo fondamento, in definitiva la sua validità. Il suo obiettivo è riformare la matematica per darle nuova credibilità, dimostrare la sua vera potenzialità. Hilbert vuole definitivamente mostrare che non esistono problemi irrisolvibili. Con queste inten-zioni fonda la metamatematica, e la teoria della dimostrazione, la quale ha come scopo lo studio approfondito dei metodi di prova. La questione interessante di questo è che la metamatematica ha come linguaggio la matematica stessa. Per parlare di matematica, si ha la geniale intuizione di farlo con la matematica. Questo è cruciale per comprendere come la storia si sviluppa. Ogni matematico, per dimostrare un teorema, parte da ciò che c'è di vero nel sistema, dall'ipotesi e 1
«Bollettino del Centro di studi per la Storia dell'Architettura», n.s. n. 1, pp. 79-90, 2019
Alla sua scomparsa, nel 1991, Bruno Zevi ricorda Marcello D’Olivo come “genio incompiuto” e tuttavia non ne è stata ancora approfondita l’intera produzione. Pertanto, l’indagine sull’Istituto ortofrenico a Potenza, progettato nel 1965, offre l’opportunità per un aggiornamento storiografico a distanza dalle monografie a lui dedicate tra il 1998 e il 2002. Pur provenendo dal ceto popolare, grazie a un talento poliedrico tra doti umanistiche e capacità tecniche, D’Olivo si fa notare dall’ingegnere poeta Leonardo Sinisgalli, che lo introduce a Milano, presentandogli anche Le Corbusier nel 1952, e gli commissiona una villa ispirata alla sua opera, nel centro balneare di Lignano Pineta. D’altro canto, un articolo scritto sulla rivista «Pirelli», in quello stesso anno, dal titolo Tra Wright e Nervi, evidenzia da un lato l’abilità di D’Olivo nel calcolo strutturale e dall’altro l’adesione all’organicismo, specialmente nell’attenzione per la natura. Al contesto ambientale D’Olivo dedica il principale interesse, prestando attenzione all’inserimento più idoneo per l’architettura, attraverso lo studio di differenti forme geometriche. Anche la scelta della disposizione a spina di pesce dell’Istituto ortofrenico a Potenza, che si impone come macrosegno, tiene conto della migliore collocazione degli edifici sul terreno stretto e accidentato, oltre a favorire i collegamenti tra i vari padiglioni e il «massimo grado di libertà e godimento del panorama per tutti gli ambienti». Sugli altri, si staglia l’edificio alto con la portineria, brutalista, coperto da una terrazza praticabile, con una lecorbusiana pensilina. Nei corpi bassi, animati da profili curvilinei, con facciate a brise soleil, le camere per la degenza affacciano su giardini. Nell’ambito variegato del secondo dopoguerra, D’Olivo sembra anticipare i dibattiti degli anni Sessanta, ma senza astrazioni utopistiche, alla ricerca di un’invariante pure nel rispetto della realtà mutevole. After the death of Marcello D’Olivo, occurred in 1991, Bruno Zevi called to mind him as an “unfinished genius”, but his entire production has not yet been explored. Therefore, the study on the Orthophrenic Institute in Potenza, designed in 1965 and only mentioned in the bibliography, offers the opportunity for an historiography updating; it comes years later the monographs dedicated to D’Olivo published between 1998 and 2002. Thanks to his multifaceted talent, including humanistic and technical skills, even if a working class figure, D’Olivo was noted by the poet engineer Leonardo Sinisgalli, who introduced him to Le Corbusier, in 1952 in Milan; moreover Sinisgalli asked D’Olivo to plan a villa, inspired by Le Corbusier, facing Lignano Pineta seaside. At the same time, an article published in «Pirelli» magazine, titled Between Wright and Nervi, highlighted D’Olivo’s skills in developing structural design and analysis on one hand, and his involvement with ‘organicism’, especially regarding his focus on nature, on the other. D’Olivo’s main interest was the environmental context, paying attention at the most suitable insertions of the architecture in landscape, through geometric shapes studies. Orthophrenic Institute in Potenza herringbone pattern, strongly set as a macro-sign, takes into account the best location for each buildings, considering the narrow and rough terrain; it also promotes connections among the pavilions, as well as the “maximum freedom degree and enjoyment of the view from all rooms”. The taller brutalist building, with the porter’s lodge, stands on the others, covered by a practicable terrace, with a Lecorbusian shelter. In the lower buildings, animated by curvilinear profiles, with the brisesoleil facades, the hospital rooms overlook the gardens. In the post-World War II multifaceted period, D’Olivo appears as a figure speeding up questions debated during the Sixties, without utopian abstractions, in search of an invariant, and respecting the changing reality.
GIOVANNI PIZZUTO. Un equivoco su Erodoto e Krastos durato più 300 anni. Versione corretta.
Uno studio storico e filologico su un errore di trascrizione, in un episodio del libro quinto delle “Storie”, nel quale Erodoto parla di Dorieo, che ha trasformato per secoli un fiume della Magna Grecia in una città Sicana. Lo studio vuole inoltre rendere omaggio (in parte anche critico) a Luigi Tirrito e agli studiosi dei tempi nei quali rimanere documentati era una operazione estremamente difficoltosa. Comprare libri era molto costoso (oggi i libri si comprano o si scaricano con poca o nessuna spesa), consultarli richiedeva molto tempo perché ci si doveva spostare tra le poche biblioteche esistenti o rivolgersi a studiosi amici (oggi i libri si leggono online), così come molto tempo richiedeva la ricerca all’interno del testo (oggi questa operazione richiede pochi secondi). Nel caso specifico forse qualche leggerezza è stata commessa ma, considerato il contesto, si può anche comprendere e, in qualche modo, giustificare.
2013 - L’aritmetica di Gesù: un esperimento semiotico
LÊaritmetica di Gesù: un esperimento semiotico LÊaritmetica di Gesù: un esperimento semiotico LÊaritmetica di Gesù: un esperimento semiotico LÊaritmetica di Gesù: un esperimento semiotico 1 Massimo Leone 1. Gli assunti dellÊinterpretazione 1. Gli assunti dellÊinterpretazione 1. Gli assunti dellÊinterpretazione 1. Gli assunti dellÊinterpretazione Come si costruisce un esperimento semiotico? Digiuno di laboratori, non ho trovato di meglio che osservarmi nella lettura e nellÊinterpretazione di un romanzo. Non mi sono posto la domanda "come la semiotica legge e interpreta i testi‰, ma "come lo faccio io‰, quale influsso decenni di studi semiotici esercitano sulla mia lettura ma anche quale influsso decenni di letture esercitano sulla mia semiotica. Escludo che, se non avessi studiato e scritto di semiotica, oggi leggerei e interpreterei come lo faccio. Rivendico però la personalità del mio percorso, e affermo perentoriamente che lÊapplicazione rigida di un metodo allÊinterpretazione è una sorta di violenza, oltre che un atto vagamente kitsch. Sono grato a Greimas, per esempio, ma mai vivisezionerei un testo come egli lo fece con Maupassant. Quello era il suo stile, ed era legittimo. Illegittimo è stato diventarne epigoni. Il primo segreto dellÊinterpretazione è la scelta di ciò che si legge. Per esempio non credo che interpretando uno spot pubblicitario si possa dire qualcosa di profondamente interessante. Tuttalpiù si deve abbracciare una serie di spot, la cui complessità sfidi la lettura. Corollario di questo primo assunto è che lÊinterpretazione ha bisogno di incontrare una resistenza. Oggetti molto semplici, fatti per essere decodificati senza ambiguità, come la maggior parte degli spot pubblicitari o i prodotti dellÊintrattenimento commerciale, non oppongono resistenza alcuna. Si lasciano attraversare senza attrito. Si può cercare di complicarne la natura decostruendoli, o ricostruendoli, e leggendovi ciò che nessun altro vi legge, ma questa non è interpretazione. ˚ riscrittura. La resistenza però non coincide con la complessità. Posso incontrare un oggetto resistente e accorgermi che suscita in me letture blande, banali. Il secondo segreto dellÊinterpretazione è lÊossessione. Se un oggetto non risveglia una mia ossessione potrà essere complesso a piacimento ma non mi sfiderà. Io dovrò invece avere sin da subito la certezza che questo oggetto cela una risposta a qualcosa che mi ossessiona, addirittura a qualcosa che cerco di nascondere a me stesso. Vi è però un terzo segreto, sempre a proposito della scelta di ciò che interpreto. Un oggetto resistente potrà forse sfidarmi ma non catturerà la mia lettura se non con una seduzione. Io devo innamorarmi della forma di un oggetto, della disposizione interna dei suoi elementi. Quarto segreto preliminare: un oggetto resistente che mi ossessiona e mi seduce non risveglierà la mia interpretazione se io non posso già intravedervi la possibilità di una gratificazione, di un successo. Non
Enrico Acquaro, Equivoci numismatici, in https://lamemoriadeifenici.wordpress.com, 1 febbraio 2019.
Equivoci numismatici (E.A.) Più di una volta gli studi si sono interrogati su quanto e come la Numidia partecipi del mondo punico 1 . Nel dibattito, che ha un punto determinante in Gabriel Camps 2 , il documento monetale ha potuto contare su un'attenzione non sempre adeguata 3 . Nel terzo volume della storica Numismatique de l'ancienne Afrique, dedicato alle monete della Numidia e della Mauretania 4 , gli autori, dopo un breve exursus geografico, giungono a definire le due classes in cui si dividono le monete numidiche che 1 Cf. fra gli altri, Lorenza-Ilia Manfredi, La politica amministrativa di Cartagine in Africa (= Memorie dell'Accademia Nazionale dei Lincei, ser. IX, 16), Roma 2003; Virginie Bridoux, Numidia and the Punic world, in J.C. Quinn -N.C. Vella (edd.), The Punic Mediterranean: identities and identification from Phoenician settlement to Roman rule, Cambridge 2014, pp. 180-201; Massinissa, au coeur de la consécration du premier Etat numide, Actes du colloque International, El Khroub, Constantine, 20-22 septembre 2014, Alger 2015; Boutheina Maraoui Telmini -Nabil Kallala -Joan Sanmartí Grego -Maria Carme Belartele, La ville numide d'Althiburos et le monde de Carthage, in Rivista di studi fenici 42.1 (2014), pp. 127-47: in quest'ultima nota si giunge ad una conclusione che si può estendere all'intera problematica sopra prospettata: «Par conséquent, répondre à la question de savoir s'il s'agissait d'une véritable domination politique, ou d'une simple influence culturelle, n'est pas simple», p. 144. 2 Gabriel Camps, Aux origines de la Berbérie. Monuments et rites funéraires protohistoriques, Paris 1961. 3 Salvo poche eccezioni: cf., fra gli altri, Maria Teresa Francisi, Strutture architettoniche su una moneta di Giuba I, in E. Acquaro (ed.), Alle soglie della classicità. Il Mediterraneo tra tradizione e innovazione. Studi in onore di Sabatino Moscati, II, Pisa-Roma 1996, pp. 753-61. 4 Ludvig Müller -Christian Tuxen Falbe -Jacob Christain Linberg, Numismatique de l'ancienne Afrique, III, Copenhague 1862 = https://books.google.it/. Seguiranno non poche opere d'assieme, fra cui: Louis Charrier, Description des monnaies de la Numidie et de la Maurétanie, Paris 1912; Jean Mazard, Corpus Nummorum Numidiae Mauretaniaeque, Paris 1955.