M. Al Kalak, I. Pavan, Un’altra fede. Le Case dei catecumeni nei territori estensi (1583-1938), Firenze, Olschki, 2013 (original) (raw)

“Le confraternite nazionali “italiane” a Roma (secoli XVII-XVIII). Territori, devozioni, identità”, in Italia sacra. Le raccolte di vite dei santi e l’inventio delle regioni (secc. XV-XVIII), a cura di T. Caliò, M. Duranti, R. Michetti, Roma, Viella, 2013, p. 25-54

Le confraternite nazionali "italiane" a Roma (secoli XVII-XVIII). Territori, devozioni, identità La particolare funzione attribuita in età moderna alla dimensione cultuale nelle strategie legate agli articolati processi di costruzione e ridefinizione delle identità politiche, prima e soprattutto dopo la frattura dell'unità confessionale, si è imposta ormai da tempo all'attenzione degli storici, che hanno messo anche in luce la decisiva mediazione dell'erudizione ecclesiastica. 1 Alle rafforzate istanze universalistiche della Chiesa post-tridentina, espresse dalla riforma dei libri liturgici e da una più generale richiesta di revisione degli oggetti e delle pratiche cultuali conformi all'ortodossia cattolica, le Chiese locali avevano risposto sempre più rivendicando i caratteri peculiari della propria storia sacra e delle proprie tradizioni in fatto di culti. 2 A partire dalla fine del XVI secolo, proprio questa forma di «pre-1. Per quanto concerne gli studi sulla funzione dei culti nelle strategie politico-dinastiche, basti citare, a titolo di esempio, il denso lavoro di P. Cozzo, La geografia celeste dei duchi di Savoia. Religione, devozioni e sacralità in uno Stato di età moderna, secoli XVI-XVII, Bologna 2006. 2. La riforma dei libri liturgici, discussa rapidamente dall'assise conciliare tridentina nella sua XXV e ultima sessione (3-4 dicembre 1563), e dunque demandata all'autorità pontificia, si svolse, com'è noto, a partire dagli anni '60 del Cinquecento, sfociando nella pubblicazione delle prime edizioni del Breviarium Romanum (1568), del Missale Romanum (1570), del Pontificale Romanum (1595), del Caeremoniale episcoporum (1600) e del Rituale Romanum (1614). Furono in particolare le numerose edizioni del Martyrologium Romanum, realizzate a partire dal 1582 grazie al lavoro di una apposita commissione sulla quale progressivamente si impose la leadership di Cesare Baronio (1538-1607), a sancire una demarcazione tra i culti ammessi agli onori della Chiesa universale e quelli di portata solo locale (per una prima introduzione al tema, si veda H. Jedin, Il concilio di Trento e la riforma dei libri liturgici, in Id., Chiesa della fede, Chiesa della storia. Saggi scelti, con un saggio introduttivo di G. Alberigo, Brescia 1972, pp. 391-425, ma anche S. Ditchfield, Restituire al culto tridentino la sua storia, in Il santo patrono e la città, pp. 81-95 e Id., Il Alessandro Serra 26

La confraternita della Purificazione di Maria Vergine e l'istituzione di una Casa dei catecumeni a Livorno tra il Settecento e il Novecento

Ricerche storiche, 2013

Thanks to the special privileges granted by Ferdinand I Medici at the end of the XVI century, the Jewish community of Livorno enjoyed civil and religious freedom to an extent that was unknown in Florence, where Jews, enclosed in a ghetto, had also to face the challenges set up by the opening of a House of the catechumens (1636), intended to obtain their conversion to Catholicism. In Livorno, instead, economical considerations made such an institution inappropriate: during almost the entire XVIII century Grand-ducal authorities opposed the attempts made by the local Brotherhood of the Purification to open one in the town. Yet a local scholar's recent discovery of two registers belonging to a Livorno's House of Catechumens along with letters sent to the sister institution in Florence clearly indicates that a House of Catechumens was actually open in Livorno in the 1790s, thus prompting further researches.

I “frutti” della conversione. Per la storia della Casa dei Catecumeni di Reggio Emilia, in: “Materia giudaica”, 2009, pp. 461-483

34b-Al Kalak.indd 461 02/07/2010 15.58.31 34b-Al Kalak.indd 462 02/07/2010 15.58.31 Per la storia della Casa dei catecumeni di Reggio Emilia 463 9 Il primo ghetto a essere costruito sarà proprio quello della capitale, Modena, nel 1638, cui seguirà nel 1669 il ghetto reggiano. Altri ghetti entro i confini estensi furono eretti a Mirandola, Formigine, Scandiano, Correggio e Finale. 10 Su Bartolomeo Cambi si veda A. ProsPeri, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1974, 17, pp. 92-96. Lo strascico del 1618 vide protagonista "padre fra Fidele capuzino" che propagandò l'edificazione del ghetto creando molto fervore presso le magistrature cittadine. Cfr. D. CaLaBi, dal quartiere ebraico alla costituzione del ghetto in Italia: il caso di Modena, in BoniLauri, Maugeri (curr.), Le comunità ebraiche, cit., pp. 87-93, che attribuisce la predicazione del '18 a Cambi -morto qualche mese prima -, forse basandosi su BaLLetti, Gli ebrei, cit. di cui riprende la ricostruzione. La cronaca di quei giorni in G.B. sPaCCini, Cronaca di Modena.

Canonica – canonici di Santa Maria di Padova: tra aspirazione alla continuità e spinte di rinnovamento (secoli X-XIII), «Retimedievali. Rivista, Saggi», III [2002]1: http://www.storia.unifi.it/_RM/rivista/saggi/Tilatti.htm

Gli studi sulla canonica di Santa Maria di Padova all'apparenza non sono molto nutriti, tuttavia l'argomento non è stato ignorato, benché sia necessario uno sforzo sintetico non lieve per annodare fili a prima vista slacciati e lontani. Giovanni Brunacci (1711-1772) ne scrisse qua e là nella sua Storia ecclesiastica di Padova 1 , Francesco Scipione Dondi Dall'Orologio (1756-1819) ne trattò in diversi luoghi delle Dissertazioni 2 , ma soprattutto in un'opera specifica, che, per quanto lacunosa e inesatta, rimane la sola esplicitamente riservata al collegio chiericale annesso al soglio episcopale 3 . Qualche notizia sommaria si può reperire nell'introduzione al Codice diplomatico padovano di Andrea Gloria 4 , ma occorre arrivare alla fine degli anni Cinquanta per incontrare una breve e frettolosa nota di Antonio Barzon, dedicata, più che ai canonici della cattedrale, alle vestigia di vita comune del clero nella diocesi di Padova 5 . Eppure, la mole di documenti serbati nell'archivio della canonica 6 costringeva e costringe gli studiosi di storia medioevale padovana a incappare tanto nell'istituzione quanto negli uomini che la impersonavano, nelle loro azioni, nei loro rapporti con la città. Così si apprendono notizie e si aprono prospettive di lavoro leggendo ricerche di storia della chiesa e religiosa, come quelle di Paolo Sambin 7 e di Antonio Rigon 8 , oppure studi di storia sociale o politico-istituzionale, quali quelli di Sante Bortolami 9 o di Silvana Collodo 10 , ovvero di storia della cultura come le opere di Paolo Marangon 11 .