Vita e morte dei prigionieri austro-ungarici sull'isola dell'Asinara (1915-1916): un progetto di ricerca tra biologia, medicina e archeologia (original) (raw)
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Tracce dimenticate: il campo di concentramento dell’ Asinara dal 1916 al 1919.
2018
Mi sono imbattuta per caso negli avvenimenti di cui vi parlerò e dei quali, confesso, fino ad allora avevo ignorato quasi del tutto l'esistenza. Mi imbattei in essi quando ebbi l'incarico di produrre una relazione sull'origine e le trasformazioni urbanistiche dei due abitati di Cala Reale e Cala d'Oliva dal progettista del piano particolareggiato, l'urbanista Giovanni Maciocco. Presi quindi a studiare la storia dell'isola, esplorando la bibliografia e approfondendo la ricerca con quanto potei trovare relativamente all'insediamento umano originario dell'Asinara, alla Stazione Sanitaria Nazionale insediata a Cala Reale e alla colonia penale agricola sorta contemporaneamente ad essa, a partire dal 1885, col suo nucleo direzionale a Cala d'Oliva. Fu così che scoprii le tristi vicende dei prigionieri di guerra austroungarici confinati all'Asinara, di cui riferì il Generale Ferrari con la sua Relazione del campo di prigionieri colerosi all'isola dell'Asinara nel 1915-16, pubblicata del 1929 e narrarono altri testimoni diretti con le loro memorie, fra le quali ho privilegiato quella del prigioniero e ufficiale medico ungherese dottor Robert Schatz, Prigionieri di guerra ungheresi sull'isola dell'Asinara, pubblicate a Budapest nel 1930, che ho potuto leggere nella traduzione di Gianluca Volpe dell'Università di Udine. Decisi quindi di portare avanti la ricerca perché mi appassionava, anche se esulava dal compito che mi era stato affidato. La lettura del testo di Luca Gorgolini del 2011, I dannati dell'Asinara, diede un decisivo contributo alla conoscenza dei fatti relativi al primo contingente di prigionieri austroungarici giunti all'Asinara dal dicembre 1915, in un numero variabile a seconda delle testimonianze, ma, stando alle cifre della Marina militare, italiana, certamente non inferiore ad oltre 26.000 uomini sui 30.000 preannunciati. Potei quindi comparare i dati emersi dal raffronto fra i tre testi e avviare la ricerca di altre fonti documentali, possibilmente inedite. Sulla situazione sanitaria dei prigionieri del primo periodo, in gran parte ammalati di colera, ebbi la casuale opportunità di avere un prezioso documento e un'immagine fotografica, gentilmente messi a disposizione dal nipote Giovanni Offeddu, relativi all'operato sull'isola del dottor Luigi Piras, medico del porto di Genova e igienista, inviato all'Asinara con un telegramma del 13 novembre 1915 in concomitanza con lo sbarco dei prigionieri, per affiancare il direttore della Stazione Sanitaria dottor Druetti. Il dottor Piras fornì una relazione sul funzionamento del gabinetto batteriologico impiantato all'Asinara sotto la sua direzione nel periodo dal 18 dicembre 1915 al 5 maggio 1916, quando gli subentrò il dottor Giovanni Tanda. Il suo laboratorio effettuò 17. 503 esami, numero che più o meno corrisponde a quello dei superstiti dall'epidemia di colera. I testi citati si incentravano prevalentemente sui fatti accaduti al primo contingente di prigionieri, che lasciarono l'Asinara diretti in Francia entro il luglio del 1916 e, con l'eccezione del testo del Gorgolini che forniva alcune utili informazioni, non emergevano, se non per rapidi accenni, le vicende relative al successivo periodo di attività del cosiddetto «Campo di concentramento prigionieri di guerra dell'Asinara» che va dall'estate 1916 al 1921. Eppure, come vedremo, il campo di prigionia dell'Asinara, una volta "normalizzata" la sua organizzazione, secondo lo schema inaugurato dal generale Ferrari, per oltre tre anni continuò ad essere uno dei più affollati in Italia, con una media oscillante di 12.000-10.000 prigionieri di guerra, appartenenti a tutte le etnie che formavano il mosaico dell'impero austroungarico, cui si aggiunsero in seguito, fra il novembre 1918 e i primi del 1919 circa 700 fra tirolesi e trentini provenienti dalla Russia, 250 irredenti e oltre 6000 russi, la cui permanenza sull'isola non fu di breve durata Nel 2012 un breve saggio, frutto di una ricerca collettiva di un gruppo di ricercatori dell'Università la Sapienza di Roma, composto da Agnese Accattoli, Giuseppina Giuliano, Bianca Sulpasso, pubblicato nel sito internet russinitalia informava sulle vicende dei prigionieri russi all'Asinara e diversi studiosi, fra i quali A. Simone Bellezza e G.Terranova e M. Ischia, hanno scritto sull'odissea di trentini e tirolesi in Russia
Prigionieri di guerra ungheresi all'Aquila (1915-1919)
ITALIANISTICA DEBRECENIENSIS, 2019
The aim of this paper is to present the life of Hungarian prisoners of war in the internment camps of L’Aquila, a city situated in the central part of Italy, during and after the Great War. The POWs were first detained in the caserma Castello (Castle barracks), which is a 16th-century fortress where units of the Italian Army were stationing as well at that time. This made it possible for the POWs to lead a relatively idyllic life, whose various aspects are examined in the paper, such as nutrition, accommodation, clothing, correspondence, religious life, daily routine and employment. The sources used include archival documents, two memoirs of ex-POWs and newspaper articles. The comfortable life of the POWs was dimmed by the lack of their families and the Homeland, the idleness and certain infectious diseases. From the summer of 1916, the prisoners were employed in agricultural and industrial works outside the prison camp and were hence transferred from the fortress to barracks and unused churches. It is unknown when the last Hungarian POW left L’Aquila, and yet one of them is proven to have been there still in July 1919.
L'Asilo Infantile di Bagnara: studi e ricerche
Storia dell'Asilo Infantile «comm. Antonio e sorella Giovannina De Leo» di Bagnara, dalla sua fondazione ad opera della Beata Suor Brigida Postorino alla mesta chiusura negli Anni Settanta.
Quaderni, XXVII, Rovigno, 2016, pp.179-248
Riassunto: La presente ricerca ha come finalità la compilazione di un primo elenco – ancorché incompleto – relativo a quei soldati provenienti dal Litorale austriaco, regione dell'Impero austro-ungarico, che dopo aver combattuto sul fronte galiziano, furono catturati ed internati nel territorio russo come prigionieri di guerra. Con l'ausilio di dati, notizie ed altri elementi, pubblicati nel giornale quotidiano del campo fuggiaschi di Wagna, il Lagerzeitung für Wagna-Gazzetta d'accampamento di Wagna, è stato possibile risalire ad alcune centinaia di nomi e cognomi, con le indicazioni delle località di provenienza e prigionia di tali persone. Abstract: Austro-Hungarian soldiers from the Austrian Littoral Region Prisoners of War in Russia during the First World War, According to the Pages of the Gazzetta d'accampamento di Wagna Daily Newspaper-The research aims at compiling a preliminary list of soldiers from Austria-Hungary's Austrian Littoral region that ended up as prisoners of war in Russia after fighting on the Galician front. With the help of information gathered from the daily newspaper published for the inhabitants of the Wagna refugee camp, the Lagerzeitung für Wagna-Gazzetta d'accampamento di Wagna, it was possible to trace hundreds of individuals with the details of the locations of their origin, as well as the locations of their captivity in the Russian Empire.
Necropoli dell’Isola Sacra. Le ricerche 1968-89 : ripercorrendo un’esperienza
Cébeillac-Gervasoni, M., Laubry, N., & Zevi, F. , Ricerche su Ostia e il suo territorio, , 2018
The article reviews methods and results of the research conducted at the Isola Sacra necropolis (1968-1989) under the direction of I. Baldassarre, with the aim of producing an anthropological reading of a Roman necropolis based on the archaeological record. The necropolis extends on both sides of the road (second half of the 1st c. AD) and the clusters of tombs are the result of the dynamics of the necropolis system, with a constant striving for visibility by the buyers of family tombs, in some cases incorporating older burials. The function of family tombs is evident from the epigraphs, the arrangements for funeral rites and the rarity of grave goods, which are found rather in the « poorer » tombs, crowded into the spaces between the chamber tombs. The research also shed light on the structuring of a repertoire of funerary ornaments, a theme of great interest for the freedman class buried here. As part of the growing interest in issues related to Roman funerary ideology and by going back over on the history of a project devised many years ago in a highly stimulating university, the paper seeks to show that a context studied as a whole can contribute to discussion in depth of these issues. L’articolo ripercorre metodi, problematiche e risultati delle ricerche condotte nella necropoli dell’Isola Sacra (1968-1989) sotto la direzione di I. Baldassarre, con lo scopo di giungere a una lettura in chiave antropologica di una necropoli romana di età imperiale a partire dalla documentazione archeologica. La necropoli si sviluppa ai due lati di una strada (seconda metà del I sec. d.C.) alla quale le tombe fanno riferimento con una costante ricerca di visibilità. Lo studio ha permesso di ricostruire modi e tempi dell’occupazione dello spazio funerario da parte delle singole tombe che si addossano le une alle altre creando l’immagine di edificazioni per gruppi unitari. Si tratta di tombe familiari, la cui funzione risulta dall’apparato epigrafico, dai dispositivi per i rituali funerari, dalla scarsità di materiali di corredo, che appaiono piuttosto in relazione a sepolture individuali, più « povere », che affollano tutti gli spazi liberi tra le tombe a cella. La ricerca ha anche messo in luce il ruolo chiave degli apparati figurativi e lo strutturarsi di un repertorio di decorazione funeraria, tema di particolare interesse per il ceto libertino che seppellisce nella necropoli. Nel quadro del crescente interesse per l’ideologia funeraria romana e riproponendo la storia di una ricerca nata molti anni fa in una Università piena di stimoli, l’articolo intende evidenziare quanto un contesto affrontato nella sua globalità possa contribuire ad approfondire la discussione relativa a questi temi.
Ricerche Italiane E Scavi in Egitto. RISE VII, 2018
Lecce (Italy), directed by Mario Capasso and Paola Davoli, carried out the annual archaeological season at Dime es-Seba (El-Fayyum), the ancient Soknopaiou Nesos, from October 24 to December 8, 2016. A first part of the season has been devoted to the study of the materials found at Dime in previous seasons and now stored in Kom Aushim general storehouse. Statues, naoi, wooden objects, faïence and glass vessels as well as bones have been catalogued. The excavation focused on a new temple building (ST 203) and on one room in the Hellenistic period temple ST 18, both located inside the temenos of Soknopaios. Temple ST 203 was built against the north wall of temple ST 20, already explored and published. It looks like a kiosk (14.66 x 12.30 m), with four columns on each side, connected with screen-walls. Its entrance was on the north side. The temple, actually a contra temple, is preserved up to 1.7 m and only its southern half has been completely put to light. Other four columns are in the middle of the building, of which however we still do not know the kind of capitals. The explored area was subdivided into three spaces by the columns: in the middle space, a pseudo-peripteral chapel was built to host, probably, a stone naos, part of which was transferred by Ahmed Kamal in the Cairo Egyptian Museum (JT 7/10/14/2). An architectural model of temple ST 203 in limestone was found among the debris of the temple itself. It is a 1:12 scale model (103 x 115 cm) composed of several pieces and with only one difference in the plan compared to the real temple. It was certainly kept in the temple itself. Papyri, ostraka and other inscriptions in Greek and Demotic have been recovered, but none of them mentions the deity to which the temple was consecrated.