Logica della scoperta vs psicologia della ricerca: il confronto Popper-Kuhn (original) (raw)
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in F. Bianchini (a cura di), Imitare la mente. Un dibattito interno alle scienze cognitive, 2011
Dalla logica della scoperta alla scoperta della coscienza 1. Turing e la coscienza Non c'è un problema della coscienza in Turing. Fra le molte e proficue idee, alcune più note, altre meno discusse, che Turing propone nel quinquennio 1947-1952, la coscienza non è all'ordine del giorno 1 . L'intento del matematico e scienziato inglese in quegli anni, segnalato con forza anche da Hodges nella sua biografia di Turing , è quello di giungere a un'applicazione pratica delle sue idee in merito alle macchine che portano il suo nome, ovvero alla costruzione di un effettivo e reale calcolatore materiale. Non solo. Lo scopo principale di Turing nell'affrontare un simile compito è quello di «costruire un cervello», di darne cioè una caratterizzazione funzionale in termini meccanicistici in modo da arrivare a catturare la sua struttura logica e organizzativa, un passaggio necessario sulla via della sua replicazione su un calcolatore.
Due facce della scoperta in un'esperienza di ricerca
2017
Il contributo è una proposta originale che parte da una riflessione sull'importanza del lavoro sul campo, per poi esplorare il legame tra donne migranti e mar Mediterraneo. Utilizzando 'il gusto', come una pratica prodotta da un processo di socializzazione e come il risultato raggiunto da un adattamento pragmatico alla realtà (Bourdieu, 2001), si propone una riflessione sul grado d'integrazione delle donne e la percezione del mare.
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2003
In questi ultimi due decenni lo studio psicologico della motivazione ad apprendere ha avuto un grande sviluppo, che ha interessato filoni diversi di ricerca. Questi filoni di ricerca possono sostanzialmente essere ricondotti, sia pure con qualche semplificazione, a tre. Il primo filone ha elaborato i contributi della social cognition: esso studia i modi in cui l’allievo si rappresenta gli obiettivi e i risultati del proprio comportamento, percepisce e valuta la propria capacità di affrontare i vari compiti di apprendimento e si crea aspettative sui risultati futuri. Questo approccio, di evidente matrice cognitivista, ha posto l’accento sulla motivazione come rappresentazione: l’individuo non è motivato in quanto “spinto” da bisogni, né in quanto “oggetto” di contingenze favorevoli di rinforzo, come sosteneva il comportamentismo, ma in quanto tende a raggiungere un obiettivo che si presenta per una qualche ragione attraente, o a evitarlo se sgradevole. Un obiettivo, in questa prospet...
Essenzialismo e scienza. Popper e la scuola di Poznan
2002
Il rifiuto galileiano di "tentar l'essenza" 1 è stato tradizionalmente concepito come lo spartiacque che ha separato la scienza moderna dalle speculazioni metafisiche. E l'essenzialismo, inteso come l'attitudine filosofica ad intendere la conoscenza come svelamento o coglimento delle essenze, è stato da allora in poi associato ad una tradizione di pensiero ritenuta estranea al procedere della scienza moderna e quindi da combattere come un residuo di epoche ormai superate ed ancora intrise di superstizione e speculazioni arbitrarie. È nell'empirismo moderno che tale battaglia antiessenzialista raggiunge un suo assetto teoretico, che rimarrà in eredità alla contemporanea filosofia della scienza: l'essenza, con Locke, viene a coincidere con l'idea astratta della quale il nome costituisce una sorta di etichetta identificativa e, intesa come essenza nominale, viene distinta dalla essenza reale, cioè dalla costituzione reale della sostanza, che in nessun caso ci è possibile conoscere 2 ; e lo scetticismo moderno -con Gassendi, Mersenne, Foucher, per non citare che i più importanti -fa della battaglia antiessenzialista una propria bandiera, in favore di una scienza che si mantiene sul piano dei fenomeni, in quanto «con il raziocinio non è consentito andare al di là di conoscenze, che a loro volta siano oggetto di esperienza e delle quali si possa mostrare qualche apparenza sensibile» 3 . La connessione tra pro-1 Cfr. G. Galilei, "Lettera a M. Welser", in Opere, Ediz. nazionale, Firenze 1929-34, vol. V, p. 187. Sull'antiessenzialismo di Galileo cfr. F. Minazzi, Galileo "filosofo geometra", Rusconi, Milano 1994 Cfr. J. Locke, Saggio sull'intelletto umano, a cura di M. e N. Abbagnano, UTET, Torino 1971, III, VI, 2. 3 P. Gassendi, Dissertazioni in forma di paradossi contro gli aristotelici, in G. Paganini, Scepsi moderna. Interpretazioni dello scetticismo da Charron a Hume, Busento, Contenuto in: F. Coniglione, La parola liberatrice. Momenti storici del rapporto tra filosofia e scienza, CUECM, Catania 2002.
Eureka di Edgar Allan Poe: letteratura o scienza?
2012
This paper aims to analyse Edgar Allan Poe's last work, Eureka, written and published in 1848 with the subtitle A Prose Poem, but then republished with another subtitle, An Essay on the Material and Spiritual Universe. The interest in Poe's work has arisen from the difficulty to place it in a precise genre, considering that many scholars agree on the fact that it belongs to the scientific genre, while others have no doubt in fitting it in the realm of literature because of some parts which are regarded as obscure, ironic/satirical and rich in connotation and wordplays. Taking into account some of the most important contributions to Discourse Analysis-such as de Beaugrande, Dressler; Leech, Short; Black; Stubbs; Cook; Coulthard; Widdowson; Hoey; Halliday, Hasan among others-this work intends to investigate Poe's use of language in Eureka in order to try to include it in either the literary or the scientific discourse, which usually display substantial differences at many levels of analysis, whether lexical, semantic, stylistic or pragmatic.
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Elenchos, 2020
The paper firstly focuses on a rare vox, that is, the verb μετίσχω, as a new finding in two different sources: the Π text of Methaphysics Lambda 1075b19 and the “Ai Khanoum philosophical papyrus” (not only at column II.9, but arguably at II.11 and IV.8–9 as well). Using the verb μετίσχω testifies for a “2.0 version” of the theory of ideas, in a subsequent phase to Plato’s Parmenides. Xenocrates is likely to have played a role. This suggests a deeper connection than previously thought between Aristotelian theories and Plato’s Academy.