M.P. Guidobaldi, VILLA BREGLIA E VILLA SORA DI TORRE DEL GRECO: PROBLEMI E PROSPETTIVE (original) (raw)
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VILLA BREGLIA E VILLA SORA DI TORRE DEL GRECO: PROBLEMI E PROSPETTIVE, pp. 111-133
In Atti del Congresso Internazionale Paesaggi Sommersi. Ambiente, Storia, Archeologia, Governance, organizzato dall’Università “L’Orientale” di Napoli, Scuola di Alta Formazione di Terra Murata di Procida, Procida 31-31 Maggio 2014, “Newsletter di Archeologia CISA, volume VI, 2015, 2015
VILLA ADRIANA DI TIVOLI (ROMA): I TAVOLI GABRIELLI E DUE NUOVI ESEMPLARI INEDITI E SCONOSCIUTI
Amoenitas IX, 2020, pp. 79-92, 2020
In occasione del XX e XXV Convegno Aiscom del 2014 e del 2019, l'autrice ha presentato alcuni tavoli del Settecento, che riutilizzavano mosaici provenienti dall'Accademia di Villa Adriana presso Tivoli (Roma). Furono rinvenuti da monsignor Giuseppe Alessandro Furietti durante i suoi fortunati scavi del 1736-1737. Questo articolo presenta quattro tavoli appartenuti al principe Gabrielli (§1), riscoperti dall'autrice, e un altro mosaico dell'Accademia (§2), rinvenuto grazie a documenti inediti. Qui per la prima volta saranno presentate altri due tavoli sconosciuti e inediti (§3), in "Pietra di paragone", anch'essi provenienti da Villa Adriana e appartenenti alla famiglia Lolli di Lusignano di Tivoli. During the 20th and 25th aiscom Conferences in 2014 and 2019, the author presented some eighteenth-century tables, which re-used mosaics coming from the Accademia of Hadrian’s Villa near Tivoli (Rome). They were found by monsignor Giuseppe Alessandro Furietti during his fortunate excavations of 1736-1737. This article presents four tables that belonged to prince Gabrielli (§1), which were rediscovered by the author, and another mosaic of the Accademia (§2), found in unpublished documents. Here for the first time will be pres- ented two other previously unknown tables (§3), made of “Pietra di paragone” (touchstone), which also come from Hadrian’s Villa and belong to the Lolli di Lusignano family of Tivoli.
MINERALOGIA VESUVIANA: LE CAVE DI VILLA INGLESE (TORRE DEL GRECO – NA)
Dopo una illustrazione sulla geologia e l'attività vulcanica del Vesuvio, vengono descritti i minerali rinvenuti nelle ex cave di lava di Villa Inglese distinguendoli tra i minerali dell'attività esalativa delle lave, quelli pneumatolitici, quelli rinvenuti inclusi nelle lave stesse, nei proietti lavici e nei proietti metamorfosati. Complessivamente sono state rinvenute, e qui descritte, 30 valide specie oltre a due dubbie o non sufficientemente identificate ("vesbina" e una mica biotitica).
IL PROGETTO GERIDU INDAGINI ARCHEOLOGICHE IN UN VILLAGGIO MEDIEVALE ABBANDONATO DELLA SARDEGNA
1. INTRODUZIONE L'analisi della tematica dei villaggi abbandonati ha re-gistrato, in Italia, importanti contributi a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta, con lo sviluppo di ricerche a caratte-re prevalentemente regionale. Fanno eccezione alcune sin-tesi di più ampio respiro, fra cui il noto saggio di C. Klapisch Zuber e di J. Day (KLAPISCH ZUBER-DAY 1965). Questa problematica, dopo la precoce attività di alcune missioni straniere nel Lazio, è stata recepita agli inizi degli anni Settanta dalla nascente archeologia medievale italia-na, in un clima di aperto confronto fra archeologia e geo-grafia storica. Esperienze metodologicamente mature ed importanti, come quella del Gruppo Ligure di Ricerca sulle Sedi Abbandonate (QUAINI 1973: 712-713; 737-744) e quella del G.R.A.M. di Palermo non sono tuttavia riuscite, per motivi diversi, a sviluppare le premesse. Scavi importanti come quello dei villaggi medievali di Zignago (BOATO et alii 1990) e di Brucato (PESEZ 1984) sono stati comunque portati a termine ed editi da gruppi di ricerca operanti in Liguria e Sicilia. È però innegabile che si sia verificato, a partire dal de-cennio scorso, uno spostamento complessivo degli interes-si degli archeologi medievisti italiani verso altre tematiche, come l'incastellamento e la transizione tra la tarda antichità e l'alto medioevo, mentre gli interrogativi storiografici fon-damentali sui quali dovrebbe lavorare in modo sistematico l'archeologia del villaggio (diacronia dei modelli insediati-vi, continuità e rotture, cultura materiale, tempi, modalità e cause degli abbandoni) rimangono sostanzialmente irrisolti o non verificati. 2. I VILLAGGI MEDIEVALI ABBANDONATI DELLA SARDEGNA 2.1. La Sardegna, con oltre 800 villaggi documentati agli inizi del XIV secolo (DAY 1988: 18), è una delle regioni italiane dove il problema dei villaggi medievali abbando-nati si è posto all'attenzione dei ricercatori con maggiore incisività ed è stato più volte segnalato come uno dei nodi interpretativi fondamentali di tutta la storia economica, de-mografica e sociale dell'isola in epoca tardo medievale (TAN-GHERONI 1976: 244). La mobilità dell'insediamento, una delle principali ca-ratteristiche dell'abitato rurale sardo (DAY 1976: 204), ha determinato le rilevanti dimensioni quantitative che il fe-nomeno assume in questo territorio. Pur non essendo que-sta la sede per una trattazione sistematica di tale complessa tematica storiografica, si richiameranno almeno alcuni punti particolarmente significativi. 2.2. Già alcuni storici sardi d'età moderna descrivevano la presenza dei resti dei villaggi abbandonati nelle campagne sarde (FARA 1586; ALEO 1677). L'esistenza di questi centri scomparsi non è mai uscita totalmente dal possibile campo di osservazione immediato di storici, geografi ed eruditi locali, per la consistenza dei resti sul terreno (es. DAY 1984: 26), delle fonti scritte e di quelle orali (DAY 1976), nonché per la lunga durata del fenomeno degli abbandoni, che si protrae sino all'età moderna ed all'età contemporanea, se-condo dinamiche registrate analiticamente dalle fonti stati-stiche (CORRIDORE 1902). Stante quindi una continuità di riflessioni e studi, che ha visto contributi, talora fondamentali, anche da parte di ricercatori stranieri (LE LANNOU 1941: 106 ss.), una stagio-ne decisiva per lo studio dell'insediamento rurale della Sar-degna è quella che, nei primi anni Settanta, si è concretiz-zata negli ormai classici atlanti dei villaggi abbandonati sardi (DAY 1973; TERROSU ASOLE 1974). 2.3. La spinta demografica verificatasi a seguito della colo-nizzazione rurale dei secoli XI e XII determinò in questo periodo, in Sardegna, la nascita di quattordici nuove dioce-si (DAY 1984: 21) e fu connotata da grandi opere di disso-damento dell'incolto, probabilmente già completate entro la prima metà del XII secolo (MELONI 1994: 53). Il processo tendente alla dispersione della popolazione rurale sul terri-torio dovette entrare in crisi già nel tardo XII secolo-epo-ca alla quale possiamo datare, sulla base delle fonti scritte, i primi casi di abbandono (DAY 1976 a: 230-231). Il momento "classico" degli abbandoni dei villaggi medievali della Sardegna, in cui si verificò la maggiore ondata del processo di spopolamento delle campagne, è tut-tavia costituito dai secoli XIV e XV: le fonti statistiche re-datte dai re d'Aragona, anche sulla base di precedenti fonti fiscali pisane (LE LANNOU 1941: 105), permettono di stima-re che soltanto 352 dei circa 805 villaggi sardi noti attorno al 1320 erano sopravvissuti nel 1485; risulta, quindi, una valutazione possibile di circa 453 sedi umane scomparse. Secondo J. Day (DAY 1988: 18), anche nel XIV secolo, l'inurbamento continuò ad essere motivo dello spopolamen-to dei villaggi, come potremo verificare oltre, anche per il caso specifico di Geridu. Per quanto riguarda la grande pe-stilenza della metà del secolo, possiamo controllarne gli effetti sulla base di un inventario del regno sardo (BOFARUL 1856) voluto da Pietro IV d'Aragona nel 1358: a questa sembra imputabile un calo della popolazione isolana stima-to attorno al 50%, mentre il numero dei villaggi cancellati in seguito al passaggio del morbo non ricalca questa indi-cazione statistica. Su questo contesto demografico comunque già larga-mente sofferente, si innestano alcune congiunture, che ven-gono spesso chiamate in causa per spiegare, fra gli ultimi decenni del XIV secolo ed il successivo, la scomparsa di oltre 300 villaggi sardi: nuove ondate di pestilenza
LA “VILLA DELLE API” A DOLO. RICERCA, STORIA E VALORIZZAZIONE
LUOGHI E ITINERARI DELLA RIVIERA DEL BRENTA E DEL MIRANESE. A cura di ANTONIO DRAGHI. Volume Ottavo, 2018
Lo studio di Mauro Manfrin che qui presentiamo è un ulteriore approfondimento del valore e della complessità del personaggio, e acquisisce un punto fermo, l'identificazione della “villa delle api”, abitata dall'inventore dello smielatore e teatro dei suoi alveari. Ci si erano provati in tanti, a quanto s'è capito, da un secolo e passa: ora finalmente sappiamo dove quelle vicende fondamentali per l'apicoltura moderna hanno avuto luogo. Non ci pare poco. Crediamo sia giunto il momento di onorare Hruška in maniera più formale: da un po' si pensa di intitolargli un qualche spazio pubblico dolese. Che si riesca a farlo in tempi ragionevoli? Registriamo che la richiesta è condivisa: quando ne parli a qualcuno è subito d'accordo. Più in generale, ci sembra che sia stato molto trascurato lo studio di Dolo e della Brenta nell'Ottocento, periodo in cui fu davvero un luogo vivace, autonomo, produttivo, con molte personalità di rilievo europeo. Perché non partire da Hruška per sviluppare questo discorso? È un proponimento che formuliamo prima di tutto a noi stessi, ma che rivolgiamo a tutti coloro che hanno voglia di contribuire a tenere viva la cultura del nostro territorio. (Dall’introduzione di Giuliano Pasqualetto alla giornata dedicata a Hruschka ed al mondo delle api a Dolo il 26 maggio 2018)
SCIENZE DELL’ANTICHITÀ 22 – 2016 Fascicolo 2, 297-313, 2016
Stromboli is an active stratovolcano that rises about 3 km from the seafloor up to an elevation of 924 m and the northeastern most island of the Aeolian Archipelago in the Tyrrhenian Sea. The Bronze Age site belongs to the Capo Graziano facies (Early to Middle Bronze Age 1-2; 2300-1400 B.C.) and is located on a steep-sided plateau, a large orographic unit, about 6 ha wide, 40 to 100 m a.s.l. It provides remarkable visual (perhaps also actual) control of the southern Tyrrhenian Sea. This challenging, provocative and fascinating island-scape is located in a strategic position, playing a fundamental role in the Mediterranean trade network. The site was discovered in the ’80 and since 2009 has been investigated by our team with an interdisciplinary approach and international field school. The excavation area, about 600m2, is located on irregular sloping surface, which influenced the topographical organization of the dwellings with huge stone walls that partition the settlement. In the eastern area, a large terrace-wall sustains an area containing various structures. In the western area, it is possible to recognize two main building phases, marked by the use of two different terracing walls. Handmade burnished pottery was locally produced and imported. Several Early Mycenaean ceramics from the Aegean (XVII-XVI cent BC) are also attested.
GLORIA MAGLIA (OCTOBER2015): EDIFICI E LUOGHI ABBANDONATI SUL LAGO DI COMO
This is a test capstone to initiate a project of mapping all the abandoned buildings along the shores of Lake Como, and on the hills and mountains surrounding the lake. It deals with a number of them. The project is partially based on what have been done, successfully, by a Sardinian team of scientists and photographers. This project, regarding the isle of Sardinia, is available to the public in the website www.sardegnaabbandonata.it
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
Incaricato dello studio dei monumenti veneziani di Creta per conto del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, Giuseppe Gerola ( ) si recò nell'isola nel gennaio 1900 presso la Missione Archeologica Italiana diretta da F. Halbherr 1 . Nel primo semestre di permanenza a Creta lo studioso utilizzò come base logistica il paese di Aghii Deka, corrispondente al sito antico di Gortina, sede della Missione di Halbherr, da cui si spostò per esplorare e documentare le province di Castelnuovo (Kenurio), Priotissa (Pirgiotissa) e Bonifacio (Monofatsi) 2 .