Fara Sabina (Rieti), Abbazia di Farfa, Madonna con Bambino e angeli detta “Madonna di Farfa” (original) (raw)
La signoria rurale nell'Italia del tardo medioevo. 5. Censimento e quadri regionali, 2021
Scheda sulla signoria rurale dell'abbazia di Farfa nei secoli XIV-XV
Pavimenti Cosmateschi della Tuscia e della Sabina. Abbazia di Farfa a Fara in Sabina
Come recita lo stesso sito web curato dai monaci benedettini, "l'abbazia di Farfa è uno dei monumenti più insigni del Medio Evo europeo". Infatti, basti pensare che nel momento del suo massimo splendore fu patrocinata e visitata con venerazione da Carlo Magno e nei i suoi possedimenti era compresa quasi tutta l'Italia Centrale. Fondata nel VI secolo, divenne Abbazia Imperiale, svincolata dal potere papale pur restando vicinissima alla Santa Sede. Tale splendore però terminò con la decadenza dell'impero carolingio e le scorribande saracene che incendiarono l'abbazia. Sotto l'abate Ugo (997-1038) ebbe qualche ripresa riacquistato i propri titoli, ma con il Concordato di Worms passò sotto il potere dell'autorità pontificia, con un periodo di successi attorno al 1155 quando vi passò Federico Barbarossa, poi la decadenza inarrestabile. Dal XV secolo fu abbazia commendataria con l'alternasi di famiglie che cercarono di mantenerne un certo prestigio e ne migliorarono le condizioni del precedente stato di abbandono, tra queste gli Orsini che costruirono anche la nuova chiesa consacrata nel 1496. In seguito vi furono dei restauri sotto Giulio II, agli inizi del XVI secolo e nel 1798 il saccheggio da parte delle truppe francesi. In un quadro del genere è difficile immaginare cosa possa essere rimasto dell'antica ricchezza artistica, e come si evince dalle sintesi degli studiosi che si sono occupati del poco ritrovato del pavimento originale della chiesa romanica, i dubbi sono maggiori delle certezze. Guardabassi, che scriveva quasi un secolo dopo l'invasione francese, descrivendo i beni artistici e architettonici dell'abbazia riporta: "Presbiterio, innanzi all' Altare maggiore-Resti di mosaici alessandrini; fra quelli in una piccola lapide marmorea leggesi Magister Rain : hoc opus fec: (L' archivio farfense forse potrà dare dei lumi su questo artefice!) 1 ". Verso la fine del XIX secolo, Arthur Frothingham 2 , si rese conto che diversi pannelli marmorei incassati nel pavimento della chiesa 1 Mariano Guardabassi, Indice Guida dei monumenti pagani e cristiani riguardanti l'istoria e l'arte esistenti nella provincia dell'
Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia, 2024
Suor Francesca Farnese, al secolo Isabella, apparteneva a un ramo della famiglia dei Farnese, quella dei Duchi di Latera e Farnese. La sua educazione fu affidata alle suore Clarisse di San Lorenzo in Panisperna e, dopo averla completata, fece ritorno in famiglia, ma, dopo pochi mesi, sentì il richiamo della vita monastica. Secondo una prassi tipica della santità eroica barocca, fu protagonista di un travaglio interiore che la portò sempre più verso un crescente rigore, proponendo un modello di sé di difficile condivisione nei monasteri romani. Nel quadro della Roma barocca suor Francesca si affermò in qualità di riformatrice dell'ordine di Santa Chiara e di committente di quattro monasteri distribuiti sul territorio laziale. In questo ambizioso progetto, la Farnese fu sostenuta dal cardinale Francesco Barberini, nominato dal 1638 protettore dell'ordine riformato, ma anche da nobildonne romane che trovarono in lei un modello da imitare. Il progetto della Farnese fu interrotto dalla sua morte avvenuta nel 1651, ma la sua eredità fu raccolta dal cardinale protettore, Francesco Barberini, che si fece artefice della costruzione di un altro monastero, l'ultimo in ordine di tempo: il monastero di Santa Maria della Provvidenza a Fara in Sabina, che ebbe un ordinamento dalle caratteristiche speciali, poiché vennero fuse le disposizioni dei padri francescani di San Pietro d'Alcantara della provincia napoletana con le Costituzioni di suor Francesca. Queste prescrivevano l'abolizione dell'accoglienza di zitelle, la proibizione di ricevere visite, anche di parenti stretti, o di avere notizie dall'esterno. La vita spirituale doveva essere dominata dalla centralità del rapporto dell'individuo con Dio; un posto speciale era riservato al silenzio. Il cardinale Barberini nominò le Solitarie eredi universali al momento della morte nel 1679. Urbano VIII, sostenuto dalla sua famiglia, durante tutto il suo pontificato, diede vita ad un secolo d'oro delle arti, dove la cultura era considerata come una via di salvezza, attraverso la quale tutti si sarebbero dovuti salvare. Un compito difficile spettò dunque al cardinale nepote Francesco, che riuscì, però, con grande maestria a soddisfare le esigenze dello zio e quella della famiglia, seguendo sempre in prima persona le sue attività e le sue commissioni. Proprio in questo contesto, ricco di stimoli e di confronti costanti, ma anche di affermazione di una famiglia che voleva imprimere una linea guida nella corte romana del XVII secolo e non solo, suor Francesca Farnese trovò lo spazio e la forza necessari per tessere la rete delle aderenze indispensabili per portare a buon fine un'opera di edificazione di luoghi pii delle clarisse farnesiane nel Lazio. Entrò in contatto con la corte barberiniana, grazie all'intercessione di Costanza Barberini, donna potente, attivissima e persuasiva che dominò il panorama devozionale romano sino alla morte, avvenuta nell'agosto del 1644. Grazie a lei, la Farnese riuscì ad avere un'udienza papale e ad entrare nelle grazie del cardinale Francesco seniore, che, nel 1638, venne nominato con Breve papale protettore dei monasteri fondati dalla monaca 1. Nel corso del 1673 il cardinale Francesco Barberini, nipote di Urbano VIII, stanziò una cospicua somma di denaro per la fondazione di un monastero di clarisse riformate a Fara in Sabina, nel luogo dove
in Legni preziosi. Sculture, busti, reliquiari e tabernacoli da Medioevo al Settecento nel Cantone Ticino, catalogo della mostra (Rancate, 2016-2017), a cura di E. Villata, Cinisello Balsamo, 2016
in "Il Ducato n. 49 - Terra e Identità n. 95" , 2023
Dal 1652 sino a oltre il 1725, nel monastero delle Benedettine di Sant'Eufemia a Modena viveva "Donna Maria Felice Farnese", come lei stessa si firmava, o la "Monaca Farnese", come la definiscono i documenti. E' una figura che riaffiora soltanto ora dalle carte d'archivio: Fidaura Farnese, figlia naturale del principe cardinale Francesco Maria (1619-1647), secondogenito di Ranuccio I duca di Parma e di Margherita Aldobrandini, nipote di papa Clemente VIII, fratello del duca Odoardo I e reggente, con la cognata Margherita de’ Medici, per il nipote Ranuccio II. Sulla base di una documentazione reperita presso l'Archivio Arcidiocesano di Modena e l'Archivio di Stato di Modena, è ora possibile ricostruire la vicenda di Fidaura, nata pochi mesi prima della morte del padre - nulla è sinora noto sulla madre - e affidata a Francesco I d'Este, duca di Modena, e alla sua consorte Vittoria Farnese, zia paterna della bimba. Fidaura entra come educanda nell'elitario monastero di Sant'Eufemia di Modena, forse il più vasto, ricco e fastoso della capitale estense - con opere di Jean Boulanger, Olivier Dauphin e Sigismondo Caula, pittori al servizio ducale - "il 15 agosto 1652 di anni 5 compiuti il 22 febbraio”. Prenderà i voti il 3 aprile 1663, da poco compiuti i sedici anni come da disposizioni ecclesiastiche, assumendo il nome di Maria Felice. Sostenuta sempre da un vitalizio della Camera Ducale Estense, che destina a pro della sua comunità religiosa, negli oltre sessant’anni documentati della sua vita monastica, Donna Maria Felice riveste il ruolo di badessa almeno quattro volte. La sua nutrita corrispondenza la vede in costante e affettuoso rapporto con la famiglia estense, e in particolare con la reggente Laura Martinozzi vedova di Alfonso IV, i principi Cesare Ignazio, Foresto e la loro sorella, e amica sua, Angela Maria Caterina, educanda in Sant'Eufemia poi sposa del principe di Savoia Carignano, e con il duca Rinaldo, nonchè con i vari duchi, duchesse e principi della Casa Farnese, con le principesse monache e con Maria Beatrice d'Este Stuart, poi regina d'Inghilterra, probabilmente sua amica in gioventù. Ma soprattutto è con il giovane duca Francesco II, tormentato dalla malattia, che Maria Felice instaura un rapporto particolare, quasi materno e spesso dai tratti commoventi; li unisce una comune passione: “...il sentire belle musiche”. Dalle lettere della Farnese riaffiora così l'attività musicale di alto profilo del monastero: sollecita al duca e ai principi nuovi spartiti poichè si cimenta fin dall'infanzia nel canto, assiste a oratori e cerimonie con i "virtuosi" di corte, mentre può vantare nella sua chiesa un ottimo organo di Domenico Traeri. Dunque, pur nell’ottemperanza ai precetti della Regola religiosa nell'austero frangente post tridentino, grazie al rapporto privilegiato della Monaca Farnese con la casa d’Este il monastero di Sant’Eufemia poté rafforzare il suo rilievo nella società modenese, già solido per l’estrazione aristocratica delle sue religiose, per le cospicue proprietà e le prestigiose committenze, oltre che per l’attività musicale che vi si praticava, che lo pongono tra i centri culturali della capitale estense. Fidaura Farnese, poi Donna Maria Felice, è una monaca che, grazie ai suoi privilegi di nascita, a una sottile sagacia e a una profonda sensibilità umana riuscì a costruirsi nel microcosmo del chiostro una vicenda individuale ora riaffiorante nella storia, e a dialogare con la complessa realtà delle corti, esercitando un chiaro ruolo sociale e cogliendo le opportunità migliori per sé e per la propria comunità. From 1652 until beyond 1725, "Donna Maria Felice Farnese", or the "Nun Farnese", as the documents define her, lived in the Benedictine monastery of Sant'Eufemia in Modena. It is a figure that resurfaces only now from the archival papers: Fidaura Farnese, natural daughter of the cardinal prince Francesco Maria (1619-1647), second son of Ranuccio I, Duke of Parma and Margherita Aldobrandini, nephew of Pope Clement VIII, brother of duke Odoardo I and regent, with his sister-in-law Margherita de' Medici, for his nephew Ranuccio II. On the basis of documentation found in the Archivio Arcidiocesano of Modena and the Archivio di Stato of Modena, it is now possible to reconstruct the story of Fidaura, born a few months before her father's death - nothing is known about her mother - and entrusted to Francesco I d'Este, Duke of Modena, and his wife Vittoria Farnese, paternal aunt of the child. Fidaura enters the elite monastery of Sant'Eufemia di Modena as a schoolgirl "on 15 August 1652 of 5 years old completed on February 22". Sant’Eufemia is perhaps the largest and richest in the Este capital, with works by Jean Boulanger, Olivier Dauphin and Sigismondo Caula, painters in the ducal service. She will take her vows on April 3, 1663, having just turned sixteen as per ecclesiastical provisions, assuming the name of Maria Felice. Always supported by an annuity from the Ducal Chamber of Este, which she allocates in favor of her religious community, in over sixty documented years of her monastic life, Donna Maria Felice plays the role of abbess at least four times. Her extensive correspondence sees her in constant and affectionate relationship with the Este family, and in particular with the regent Laura Martinozzi widow of Alfonso IV, the princes Cesare Ignazio, Foresto and their sister, and her friend, Angela Maria Caterina, a schoolgirl in Sant'Eufemia then married to the prince of Savoy Carignano, and with Duke Rinaldo, as well as with the various dukes, duchesses and princes of the Farnese House, with the nun princesses and with Maria Beatrice d'Este Stuart, later Queen of England, probably a friend of hers in her youth. With the young Duke Francesco II, tormented by illness, that Maria Felice establishes a particular relationship, almost maternal and often with moving features; a common passion unites them: "...hearing beautiful music". The high-profile musical activity of the monastery thus resurfaces from the letters of the Farnese nun: she solicits new scores from the duke and the princes; she attends oratories and ceremonies with the "virtuosi" of the court, while she can boast in its church an excellent organ by Domenico Traeri. Therefore, while complying with the precepts of the religious Rule in the austere post-Tridentine situation, thanks to the privileged relationship of the Farnese nun with the House of Este, the monastery of Sant'Eufemia was able to strengthen its importance in Modena society, already solid for the aristocratic extraction of its nuns, for the conspicuous properties and prestigious commissions, as well as for the musical activity that was practiced there, which place it among the cultural centers of the Este capital.