Culti ed epigrafi: la produzione epigrafica durante il pontificato di Pasquale II (1099-1118)", in Temporis Signa – Rivista del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo di Spoleto, IX, 2014, pp. 145-162. (original) (raw)
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2007
dichiarazione di perseguita sistematicità ( 5 ), riferendosi in particolare agli allora recentemente apparsi corpora relativi alle iscrizioni cristiane di Roma, della Gallia, della penisola iberica, della Britannia, della Germania, che determinano di conseguenza anche il limite cronologico della documentazione ( 6 ).
Il presente contributo si colloca nell'ambito di un progetto "Fonti sulla Sicilia cristiana del I millennio" promosso dallo Studio Teologico San Paolo di Catania, cui collaborano patrologi, liturgisti, epigrafisti, archeologi, bizantinisti, e storici; i primi risultati (schedature di epigrafi e di testi patristici) cominciano ad essere disponibili in rete nel sito dello studio, benché in forma divulgativa e ridotta 1 .
Le indagini condotte negli anni 1991-2007 a Porto 1 hanno interessato l'area in cui, nella seconda metà dell'Ottocento, erano state messe in luce le strutture di un edificio di culto cristiano, ritenuto dal de Rossi lo xenodochio di Pammachio 2 . Tale identificazione prendeva spunto dalla notizia di S. Girolamo della costruzione a Porto, nell'anno 398, di uno xenodochio da parte di Pammachio 3 e dall'analisi della planimetria dell'edificio allora scoperto, che mostrava una serie di ambienti che si aprivano intorno al quadriportico centrale. Tuttavia il ritrovamento di lastre iscritte, ritenute assimilabili alla produzione epigrafica filo-1 Le indagini, condotte dalla Soprintendenza archeologica di Ostia, sono state dirette da L. Paroli. L'edificio è stato riscoperto nel 1991: S. Coccia, L. Paroli, Indagini preliminari sui depositi archeologici della città di Porto, Archeologia Laziale, 11, 1993, 175-180. Referenze fotografiche: nn. 1-8, 15-20 (Soprintendenza archeologica di Ostia);
2011
Il libro è incentrato sull’analisi storica e storico-artistica dei manoscritti realizzati ad uso della Curia Papale e del Laterano dal VI al XIII secolo. La ricerca percorre tre direttrici principali: la delineazione delle modalità che, nei secoli centrali del Medioevo, hanno portato all’istituzione e allo sviluppo di un’attività scrittoria e di conservazione libraria in ambito papale; l’individuazione sistematica degli esemplari manoscritti superstiti, testimoni di tale attività; l’analisi degli esemplari medesimi, condotta mediante diversi approcci metodologici (storico-artistico, paleografico, codicologico, filologico, liturgico, ecc.). Si restituisce, in questo modo, un aspetto molto significativo, e finora poco esplorato nel suo insieme, della storia della miniatura medievale, grazie anche alla riunificazione, condotta in quest’opera per la prima volta, di quanto sopravvive della produzione manoscritta, in particolare miniata, legata al Laterano e alla Curia Papale.
This article discusses two little known sacred goldsmith works of the Late Middle Ages, both preserved in the diocesan territory of Trento: a chalice from the parish church of San Giorgio in Vigolo Vattaro, and a chalice belonging to the church of Santa Maria Assunta in Pieve Tesino. The former can be put in relation with a series of liturgical chalices, produced in Venice and spread throughout the Veneto region, which are characterized by a decoration with enamelled plaques placed in a hexalobate foot with points and inside the bezels of the knob. Through an in-depth analysis of the typology and stylistic elements characterizing these artefacts, the present article intends to propose their dating to the fourteenth-century, contrary to the current one that places them in the fifteenth-century. The chalice belonging to the church of Santa Maria Assunta in Pieve Tesino is dated to the mid-fifteenth century, and has been defined as a product of a Venetian workshop by critics. The present article will provide a new attribution proposal for this chalice: the particular type of knob with balustrades and niches, together with the ornamentations of the six-lobed and six-pointed foot, can be related to different Paduan goldsmith works.