Il Giappone non esiste: riscritture parodiche dell’immaginario orientalista (COMPALIT 2015) (original) (raw)

Convegno annuale Associazione di Teoria e Storia Comparata della Letteratura (COMPALIT) “Chi ride ultimo: parodia, satira, umorismi”, Università Federico II Napoli. Panel - Riso d’Asia. Nel 1984, Eco ammonisce sulla difficoltà di “inquadrare” la commedia e l’ironia che siano prodotte fuori dai contesti di cui si possano ricostituire le cornice intertestuali di riferimento: “We are absolutely impermeable to non-western comedy, while we are able to understand eastern tragedies (we understand that there is something tragic or dramatic in the story of Rashomon, but we do not really understand the reason behind why or when Japanese or Chinese laugh unless we are endowed with some ethnographic information)” (in Carnival!, Mouton, p. 3). Nell’odierno scenario globale, le culture e letterature dell’Asia sono probabilmente meno distanti (e distinte) da quelle euro-americane, ma il “secondo grado” implicato da queste particolari forme di scrittura resta problematico per la circolazione di questo genere di testi nella Repubblica mondiale della letteratura. Le prospettive di ricerca che sottendono al panel proposto si concentrano attorno ad un asse tematico che apre la dimensione letteraria asiatica al dibattito critico internazionale: ci proponiamo infatti, attraverso la messa in relazione di un corpus di testi esemplari, di riconsiderare la supposta specificità dell’esperienza della riscrittura parodica, satirica o ironica nelle letterature contemporanee dell’Asia, cercando al contempo di mostrarne il peculiare sviluppo nei diversi contesti di provenienza. È in questo senso, inoltre, che intendiamo considerare l’uso strategico della parodia da parte di scrittori asiatici (e non) che scelgono di servirsi ironicamente dei più diffusi stereotipi “orientalisti” per decostruire – attraverso la loro riscrittura – i concetti di identità culturale o nazionale. Il Giappone non esiste: riscritture parodiche dell’immaginario orientalista Caterina Mazza, Università Ca’ Foscari Venezia Nel 2008 lo scrittore Dany Laferrière, nato ad Haiti, residente a Montreal e recentemente eletto membro dell’Academie française, pubblica un romanzo dal titolo Je suis un écrivain japonais: il protagonista, uno scrittore di origini caraibiche, che vive in Canada, legge Mishima e Bashō, propone al suo editore il titolo eponimo che suscita – senza che del libro esista neppure una riga – reazioni entusiastiche al di là del Pacifico. Laferrière non è nuovo al tema “Giappone” (già alla fine degli anni Ottanta pubblica Eroshima, testo che riprende la brevità dello haiku e i temi di erotismo e morte, sotto il segno dell’atomica) e non è certo l’unico ad averlo scelto come metafora dell’identità labile delle costruzioni dell’immaginario nell’era globale; lontano dalle rielaborazioni filosofiche di un Philippe Forest (e diametralmente distante dall’esotismo di scrittori come Maxence Fermine), Laferrière al contempo sfrutta e decostruisce l’immagine del Giappone come quintessenza dell’alterità, per liberare la scrittura dalle “étiquettes trop faciles” dell’identità nazionale e culturale. In questa presentazione cercheremo di mostrare come il discorso costruito da Laferrière attraverso l’uso di riferimenti intertestuali alla letteratura giapponese - in anni in cui la parodia e l’ironia sono chiavi di volta della letteratura internazionale – possa aiutare a comprendere il ruolo assunto da quest’ultima nel campo letterario globale. Se per sua natura, la parodia al contempo crea e distrugge, e allo stesso tempo inevitabilmente trasmette, sarà dunque interessante dare evidenza a ciò che “resta” e “resiste”, per comprendere - attraverso la sua decostruzione – come l’immaginario orientalista ancora parzialmente influenzi la ricezione della letteratura giapponese fuori dai confini nazionali.