(2011) Il sito etrusco in località Granchiaia: i risultati dello scavo (original) (raw)
Per Giuliano De Marinis, amico generoso, che volle affidare l'archeologia del territorio di San Miniato tanti, tanti anni fa al curatore di queste pagine I SEGNI DELL'AUSER ARCHEOLOGIA A LUCCA E NELLA VALLE DEL SERCHIO Prima edizione digitale, in occasione dell''80° anniversario della scoperta 4 maggio 2014 A CURA DI GIULIO CIAMPOLTRINI CON CONTRIBUTI DI GIULIO CIAMPOLTRINI CONSUELO SPATARO INDICE Indice p. 5 Introduzione GIULIO CIAMPOLTRINI I silenzi di San Miniato 7 Parte I GIULIO CIAMPOLTRINI San Miniato, Fonte Vivo, 4 maggio 1934. La ricostruzione di un capitolo di storia etrusca del Valdarno Inferiore 9 Parte II GIULIO CIAMPOLTRINI -CONSUELO SPATARO I saggi nell'area della Cappella del Santissimo Sacramento nella Cattedrale di San Miniato (2007-2008): i materiali d'età etrusca 21 Parte III GIULIO CIAMPOLTRINI Gli Etruschi di San Miniato. Una comunità nel Valdarno Inferiore fra III e II secolo a.C. 29 Abbreviazioni bibliografiche 45 INTRODUZIONE GIULIO CIAMPOLTRINI I SILENZI DI SAN MINIATO Silenzi infiniti sulla Rocca di San Miniato, nei giorni dell' ultimo autunno del 2007 e dell'inverno, e poi nelle luci di primavera, 2008, quando lo scavo nella Cattedrale dava i segni degli Etruschi e l'orizzonte illuminato dalla neve degli Appennini e delle Apuane, il profilo tagliato dal sole del tramonto e le ombre profonde delle colline che in serie infinita vanno verso Volterra e il mare facevano capire la storia. Una comunità apparsa nella terra di Fonte Vivo il 4 maggio 1934, per mano del colono Giuseppe Baldini, nello scasso in proprietà Poggetti, e prima ancora, il giorno di carnevale 1748, quando una 'contadina' del Samminiati, Maria Domenica Fontanelli, vide apparire a Scoccolino qualche denaro d'argento, e poi si mise a scavare, e a ritrovare il 'tesoro di San Miniato'. Ma occorreva anche la passione di una ricerca infinita sulle colline fra l'Era e l'Elsa, per trovare segni di Etruschi, Romani, villaggi medievali e dell'Età del Bronzo, perché i profili incisi dai lavori del De Agostino su Fonte Vivo, e del Gamurrini sul 'tesoro', trovassero colori e ombre: dal gennaio del ' 77, a Cerreto di Palaia, al ' 79, quando a Casa al Vento di Pieve a Ripoli apparve la chiave di lettura che allora sembrò risolutiva, il gemello sull'opposta sponda dell'Arno dell'abitato che aveva sepolto per due secoli i suoi morti a Fonte Vivo, dove dalla via che segue il piede delle colline si poteva salire -come oggi -all'acropoli che dominava Valdelsa, Valdarno Inferiore, Valdinievole. Terre che sarebbero state amministrate nel XII secolo dal Vicario Imperiale e -in parte minore -dal potente Comune nel secolo successivo. L'ottantesimo anniversario del ritrovamento di Fonte Vivo è parso occasione, in una società cui occorrono stimoli esterni e coazioni di date per riflettere sul suo passato, remoto e vicino -un' utile ossessione -per ricomporre le storie di Fonte Vivo e degli Etruschi di San Miniato in una silloge che desse conto dei giorni del ritrovamento del 1934, della divisione di complessi tombali già smembrati dalla concitazione dello scavo, delle ricerche degli anni Settanta, sul terreno e nella sede del Comune di San Miniato, ospitale per il giovane aspirante archeologo che si presentò con una lettera del maestro di Normale, Salvatore Settis, e si vide aprire la vetrina che accoglieva da quaranta anni le memorie di quel ritrovamento. Ma l'archeologia -almeno per chi si è formato nel secolo passato -non è solo alchimia informatica, è anche emozione, come quella che chi scrive provò quando l'amico Giuliano De Marinis, che pur tanto amava le terre di Valdelsa, volle passargli la responsabilità di San Miniato, nella struttura della Soprintendenza Archeologica; ancor più forte quando nei traslochi degli anni Ottanta, come non di rado accade, si manifestò ciò che sembrava perso, ed era solo un po' più in là rispetto a dove lo si era a lungo cercato: il lotto del ritrovamento 1934 che era stato acquisito dalla Soprintendenza. Qualche perdita, nel frattempo, ma ancora sostanzialmente superstite, e presto restaurato, pronto per tornare a San Miniato, a ricostruire almeno l'immagine lacerata di due secoli di storia di una comunità. Un'impresa apparentemente semplice, se le migrazioni della collezione archeologica del Comune di San Miniato non avessero suggerito di differirla alla sede finale del Museo. Dunque gli ottanta anni, per riunire almeno in una sequenza di pagine le forme chiuse e le forme aperte che compongono i servizi per bere il vino che gli Etruschi di San Miniato affidavano alla loro terra per le olle con le ceneri dei morti; gli unguentari; le dotazioni delle donne che trovano ancora un'immagine vivida e inquietante nell'acefala statua marmorea giunta sul finire dell'Ottocento da Montappio al Museo Archeologico di Firenze, che per tanti anni salutò chi saliva le scale della Soprintendenza, per poi migrare anch'essa, infine, in depositi. E l'occasione dello scavo nella Cattedrale, mesi di impegni condivisi su coacervi di deposizioni, dal Medioevo al Settecento, per raggiungere infine, in pochi metri quadrati di terra, le tracce -o le ombre delle tracce -dell'abitato sull'acropoli che dominava, almeno con lo sguardo, la parte più vivace della Toscana settentrionale, quando questa era ai confini di un'Etruria aperta agli scambi con i Liguri-Apuani e i popoli dell'Appennino, prima di divenire un teatro di guerra al mutare di equilibri esterni alle comunità del Valdarno (si direbbe). Fino alle ultime, crude vicende delle guerre civili, pur queste rilette in un fascicolo apparso per caso nei fondi dell'Archivio di Stato di Firenze, un memoriale giuridico-amministrativo che dieci anni fa era pur riuscito a far rivivere una 'commedia' sanminiatese del Settecento e una tragedia dell'80 a.C. Sono queste le riflessioni e le immagini che si affidano a pagine in cui, tanti anni dopo i primi viaggi nelle argille sull'Elsa, quando delusioni s'intrecciano con curiosità risolte, il curatore si augura qualcosa appaia degli 'Etruschi di San Miniato'. 8 PARTE I GIULIO CIAMPOLTRINI SAN MINIATO, FONTE VIVO, 4 MAGGIO 1934. LA RICOSTRUZIONE DI UN CAPITOLO DI STORIA ETRUSCA DEL VALDARNO INFERIORE
Preistoria e protostoria in Etruria. Atti del dodicesimo incontro di studi, 2016
The Marsiliana d’Albegna Project has been carried out by the University of Siena and the Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana since 2002: the new data have highlighted the profile of the Etruscan centre, lying on a hill system including the Poggio del Castello, Uliveto di Banditella and a sector of the Poggio di Macchiabuia, defining a large plateau settlement measuring 47 hectares, surrounded by necropolises. The research has shown the connection between the settlement and the rich Banditella necropolis, whose excavation has been promoted by Tommaso Corsini from 1908 to 1919. The exploration of the suburban area has brought to light a complex settlement pattern, mainly based on hilltop sites, often occupied by the Final Bronze Age onwards. This report informs about the rescue excavation carried out in 2013, in order to explore the southern and southwestern slopes of the Poggio del Castello: the abundant pottery recovered belongs to the terminal phase of the Final Bronze Age, even though traces of the occupation of the area suggest the beginning of the site during the Middle Bronze Age.
Etruschi. Viaggio nella terra dei Rasna, catalogo della mostra (Bologna-Museo Civico Archeologico 2019-2020), 2019., 2019
Il problema, etnografico e culturale, del rapporto fra Etruschi e Liguri, ha spesso suscitato l'attenzione-sulla scia della tradizione storiografica ed etnografica d'età classicadegli archeologi contemporanei, oltre che dell'opinione pubblica delle aree interessate al contatto fra i due popoli. L'accurata disamina delle fonti, in particolare di Livio e dello Pseudo Scilace, si è coniugata alla rassegna dei ritrovamenti archeologici, di crescente consistenza, per condurre da ultimo ad una suggestiva ricostruzione della tormentata dialettica che, nell'arco di quasi un millennio, sembra avere improntato, fra l'Arno e le Apuane, il rapporto fra mondo « etrusco » e mondo « ligure », concludendosi con l'assorbimento dell'uno e dell'altro nel mondo romano *. * Il lavoro è frutto del lungo scambio di opinioni, fin dal momento dello scavo, dei due AA.; in particolare, si devono a P. Notini lo studio delle strutture e delle sedimentazioni archeologiche; a G. Ciampoltrini, l'analisi dei materiali. 1 Cfr., anche per la bibl. ant., A. Ma g g ia n i,
Quaderni del Master 7, 2021
This study presents the results of the research, cataloguing process and photographic documentation begun in 2018 by the author as an archaeologist and employee of the Ministry of Culture (MIC-ex MiBACT) under the supervision of Dr. Alessia Argento and on behalf of the Director of the Villa Giulia Museum, the etruscologist Dr. Valentino Nizzo. Dr. Nizzo was appointed in May 2017 to lead the Museum, newly restructured as a financially and administratively autonomous entity. As is well known, the main aim of the 2014 "Franceschini reform" is to bring attention to the enhancement of cultural heritage. Currently (January 2020), the database stands at about 3,700 entries. In parallel to the cataloguing of the artefacts, digital photographic documentation has also been produced. The storeroom we systematically examined is located inside the so-called "Grottone" (near the famous Neviera commissioned by Pope Julius III), where thousands of archeological artefacts-stolen from their original context and thus deprived of their documentary potential for historical reconstruction-are stored. Amongst a number of confiscations, an interesting case emerged: a collection of archaeological finds submitted for verification of cultural interest in 1999, and subsequently acquired as part of the Museum's collection accompanied by the corresponding declaration of its particular value by the Superintendence for Archaeological Heritage of Southern Etruria. This collection has been studied, together with the documents preserved in the "Neviera" storeroom. The written documents were scanned and analysed. The author of the written documentation was meticulous in describing the finds, and left additional clues, which proved useful in reconnecting the archeological artefacts to their geographical origin. Accessione Bruni n. 116 d (dalla cosiddetta «tomba dei pesci rossi», località Bufolareccia, Cerveteri) Oggetto Kylix Materiale (e/o classe) Ceramica protocorinzia Stato di conservazione Ricomponibile in parte Misure d. orlo cm. 12; altezza cm. 6,7 Datazione Ultimo quarto del VII sec. a.C. Contesto Cassetta DON BRUNI n. 10 Collocazione Ambiente Stanza 1 Note Oggetto restaurato; lungo l'orlo un'etichetta riporta le misure. All'interno vi erano fogli con appunti, ricerche fatte in biblioteca per trovare confronti e un'etichetta con la scritta «pesci rossi». Di seguito si presentano alcuni materiali e le relative foto: risultati Correlati alle riCerChe presso il deposito sequestri del Museo nazionale etrusCo di Villa Giulia 105 Numero interno sequestro Accessione Bruni n. 193 Oggetto Olla / frammenti Materiale (e/o classe) Ceramica di impasto, white on red Stato di conservazione Frammentario Misure d. orlo cm. 22 Datazione Prima metà VII a.C. Contesto Cassetta Don Bruni n. 02 Collocazione Ambiente Stanza 1 Note Dentro la cassetta c'è un biglietto: «Reperti numerati con riscontro fotografico».
Nel 2006 è stato avviato un programma di ricerche archeologiche che ha come oggetto l'insediamento abbandonato di Montecorvino (fig. 1); ricadente nel territorio comunale di Volturino, il sito è ubicato su uno dei primi rilievi dei Monti della Daunia, lungo i percorsi di collegamento con il Molise interno. Dell'antico abitato si conservano ancora emergenze architettoniche imponenti ( ), quali le vestigia della chiesa cattedrale 1 e di una torre. Le strutture della cattedrale medievale si elevano ancora, in certi punti, fino a oltre 3 metri consentendo la lettura dei suoi principali elementi planivolumetrici; le rovine della torre si ergono ancora fino ad un'altezza di circa 24 m. e sono visibili anche da lunga distanza, costituendo un elemento di grande effetto scenografico, assurgendo quasi a simbolo del sito e della sua vicenda storica. 1 La chiesa è ancora oggi meta di un pellegrinaggio di grande devozione popolare, in onore di Sant'Alberto, secondo la tradizione agiografica uno dei primi vescovi di Montecorvino (Acta Sanctorum, Apr. I, cc. 432-435).