La sentenza penale tra azione e narrazione. Un’analisi pragmalinguistica (original) (raw)
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L’interpretazione praticabile. Appunti verso un’ermeneutica penale spendibile nel processo
Archivio penale, 2022
Con la perdita di vigore dei postulati positivisti e il complicarsi del sistema delle fonti, si ha da tempo l’impressione che il momento processuale si sia in qualche modo “emancipato” dal ruolo ancillare astrat- tamente attribuitogli, e che il giudice, ormai non più strettamente “soggetto” alla legge, abbia guadagnato una posizione di dominanza nell’attività di significazione delle scelte politico-criminali. Ciò ha prodotto evidenti tensioni all’interno dell’edificio penalistico, che hanno indotto gli studiosi a parlare di una vera e propria «crisi della legalità». Con questo scritto, pertanto, si formulerà una proposta per ricondurre a miglior sintesi i due momenti fondamentali della previsione astratta e dell’implementazione in concreto della fattispecie criminosa. A ben vedere, infatti, una volta tramontata la plausibilità descrittiva, oltreché la desiderabilità prescrittiva, di un giudice “bocca della legge”, è necessario elaborare nuove strategie volte a salvaguardare in modo funzionale ed effettivo la democraticità delle scelte politico-criminali e le altre garanzie di cui si pone a presidio l’art. 25 Cost. A questo proposito, un contributo significativo potrebbe essere offerto da una più attenta considerazione del volto “processuale” dell’ermeneutica penale: invero, interpretazioni del reato strutturate ab origine in funzione dei principi, delle regole e delle concrete dina- miche della loro applicazione processuale, possono offrire migliori prestazioni in termini di razionalizza- zione e orientamento delle decisioni giurisprudenziali, offrendo altresì alla dottrina l’occasione di un ruolo più attivo nella gestione della c.d. «crisi della legalità».__Notes on the “judicial usability” of criminal law interpretation With the loss of vigor of positivist postulates and the complication of the system of legal sources, the impression is that today it is precisely the judicial phase that has acquired an unprecedented position of dominance in the activity of signifying criminal policy choices. With this paper, therefore, a proposal will be formulated to try to reduce the tensions and, therefore, achieve a better interconnection, of the two fundamental moments of “crime introduction” and “crime enforcement”. On closer inspection, in fact, once the descriptive plausibility, as well as the prescriptive desirability, of a judge “mouth of the law” has waned, the need arises to identify new ways to safeguard the democratic nature of criminal policy choices as well as individual autonomy functionally and effectively. In this regard, a significant contribution could come from a more careful consideration of the “procedural side” of substantive criminal law hermeneu- tics. As will be argued, in fact, the formulation of interpretations of the crime structured in such a way as to be compatible also with the principles, rules and modalities that will characterize its procedural appli- cation, ensures a better capacity for rationalization and orientation of jurisprudential decisions, also carv- ing out a more active role of the doctrine in the management of the so-called «crisis of the law».__ Com a perda de vigor dos postulados positivistas e a complicação do sistema de fontes legais, a impressão é que hoje é precisamente a fase judicial que adquiriu uma posição de domínio sem precedentes na actividade de significar escolhas políticas criminais. Com este documento, portanto, será formulada uma proposta para tentar reduzir as tensões e, portanto, conseguir uma melhor interligação, dos dois momentos fundamentais da "introdução do crime" e da "repressão do crime". De facto, uma vez que a plausibilidade descritiva, bem como a conveniência prescritiva, de um juiz "boca da lei" diminuiu, surge a necessidade de identificar novas formas de salvaguardar a natureza democrática das escolhas de política criminal, bem como a autonomia individual de forma funcional e eficaz. A este respeito, uma contribuição significativa poderia vir de uma consideração mais cuidadosa do "lado processual" da interpretaçao do direito penal. Como será argumentado, de facto, a formulação de interpretações do crime estruturadas de forma a serem também compatíveis com os princípios, regras e modalidades que irão caracterizar a sua aplicação processual, assegura uma melhor capacidade de racionalização e orientação das decisões jurisprudenciais, e também uma maior participação activa da doutrina na gestão da chamada "crise do direito".
Quaderni del Dipartimento di Giurisprudenza Ledizioni. Quaderni del Dipartimento di Giurisprudenza – Università di Torino, 2019
In quale misura la musica, ed in particolare l’opera lirica, può accrescere la consapevolezza dell’identità del giurista di oggi, chiamato quotidianamente a districarsi tra normative sempre più tecniche? Questo volume, che raccoglie contributi di giuristi, storici e artisti che lavorano nel mondo delle rappresentazioni liriche, cerca proprio di dare una risposta a questa delicata domanda. Dopo la breve introduzione di Mario Riberi (dal programmatico titolo La musica sveglia il giurista) il contributo del Maestro Stefano Poda (corredato da una appendice fotografica che presenta alcune delle sue più importanti creazioni internazionali) apre il volume proponendo un vero e proprio “manifesto” sull’estetica delle rappresentazioni operistiche evidenziando come, nella valutazione delle messe in scena, il concetto di “modernità” venga spesso frainteso da pubblico e addetti ai lavori. I successivi saggi sviluppano invece il rapporto tra diritto ed opera lirica confrontandosi con il tema della Giustizia e delle sue rappresentazioni nel teatro musicale: Paolo Giani Cei delinea la presenza di aspetti giuridici in tutto il melodramma sette-ottocentesco concentrandosi sulla contrapposizione tra individuo e regole; partendo dalle opere in musica secentesche di Monteverdi, Bernardo Pieri restituisce invece l’immagine di una Giustizia “sopraffatta” e vilipesa dalla legge; Andrea Pennini evidenzia invece i riflessi reali ed immaginifici degli istituti giuridici di Antico Regime presenti nel capolavoro Mozartiano Le Nozze di Figaro; Francesco Serpico coglie invece la corrosiva critica di Giuseppe Verdi all’azione normativa della Chiesa Cattolica che permea il Don Carlos; Matteo Traverso analizza alcuni giudizi presenti nelle opere wagneriane; Mario Riberi mostra il dramma della giustizia incapace di mediare tra l’individuo e la “macchina statale” nelle opere tardo ottocentesche e novecentesche; Ida Ferrero descrive infine lo svelamento delle ingiustizie sociali nel teatro di Kurt Weill e Bertolt Brecht durante la Repubblica di Weimar. Chiude l’opera Valerio Gigliotti, che mostra come per il giurista contemporaneo sia necessario allargare la propria visione del diritto uscendo dalla dominante concezione ipertecnicistica per recuperare «la pienezza della dimensione antropologica, ordinamentale e consuetudinaria di cui l’interprete della norma è – o deve divenire – vigile e responsabile custode».
Il Dante personaggio conosce, anche sul tema della giustizia, un itinerario di conversione: nell’Inferno aderisce, anche attivamente, alla giustizia retributiva che deriva direttamente da Lucifero e che egli è portato a far coincidere con la giustizia divina; nel Purgatorio condivide - nei gesti, nelle parole, nel tono - la giustizia riparativa, che ricuce le relazioni infrante dal peccato; nel Paradiso riconosce, con un atto di fede, di quella fede che viene in soccorso alla ragione, l’eccedenza della giustizia/misericordia di Dio rispetto alle categorie umane. Per il Dante autore, spiegare al lettore la teoria e la prassi della giustizia retributiva applicata nell’Inferno non è difficile; più difficile, ma non troppo, indurlo ad accettare una concezione di giustizia non più rigidamente formale e prevedibile, ma traversata e aperta e modificata dall’amore che perdona e che salva. Il vero problema lo pone ciò che Dante apprende nel Paradiso: come comunicare al lettore l’idea della incomprensibilità e nel contempo della profonda verità della misericordiosa giustizia di Dio? Il Dante autore rinuncia a razionalizzare e a verbalizzare ciò che non lo è; decide invece, con uno dei suoi colpi di genio, di riprodurlo nel proprio poema. Come Dio pone davanti al pellegrino dei dannati che il giudizio del mondo presumeva salvi e, per converso, dei penitenti o dei beati che si supponevano condannati, fino al caso scandaloso di Rifeo, allo stesso modo il Dante autore, costruendo la propria opera, pone di fronte al lettore dei veri e propri enigmi: dal Dante personaggio stesso, di fatto condannato dal “duro giudicio” di Dio eppure fatto salvo, al suicida e pagano e anticesariano Catone, custode dell’intero Purgatorio.
La morfologia del processo penale. Un approccio storico-filosofico all’epistemologia giudiziaria.
Diritto Penale Contemporaneo (ISSN 2039 - 1676), 2019
Quale “palcoscenico privilegiato” della relazione dell’uomo con la verità, la giurisdizione penale si è per molti secoli rivelata uno degli strumenti prediletti dai regimi politici per assicurarsi il controllo della ricostruzione dei fatti. Oggi, di converso, l'alto grado di credibilità razionale della decisione e l'assenza di qualsivoglia prova legale assurgono a valore irrinunciabile e legittimante dell’intero sistema processuale. Invero, la liturgia del giudizio presuppone da sempre una chiara politica della verità, dalla quale il processualpenalista non può certo prescindere. Il fil rouge che lega intrinsecamente processo penale e sovrastrutture del potere appare, conseguentemente, ineliminabile. Ripensare la storia del processo penale in termini morfologici, dall’epoca classica a quella contemporanea, operando entro il solco nitidamente tracciato da Foucault, consente di affrontare da una prospettiva inconsueta le tradizionali questioni del diritto delle prove penali. Un simile approccio, inoltre, rende possible ridefinire il modello accusatorio e il modello inquisitorio attraverso i connotati del substrato filosofico e istituzionale nel quale sono inseriti. Nel far ciò, il contributo si prefigge l’obiettivo di indagare le interazioni tra forme giuridiche della verità e le pratiche criminali, propugnando la necessità di affrontare le sfide del XXI secolo con una rinnovata consapevolezza che il formante politico determina – e non solo influenza – l’intera euristica giudiziaria.