Il corso di Comunicazione e Relazione in Medicina alla Facoltà di Medicina dell'Università degli Studi di Milano (original) (raw)
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Premessa: una stessa dignità in un contesto relazionale asimmetrico per sua stessa natura Davanti ai costanti progressi della scienza e della tecnica non possiamo perdere di vista che la prima cosa che il paziente desidera è avere una buona relazione con il suo medico. Sapere di poter parlare con grande libertà non solo dei suoi sintomi, ma anche delle sue ansie e delle sue paure, delle sue emozioni, delle sue speranze e delle sue illusioni. Di tutto ciò che ha e che teme di perdere: vuole essere compreso davvero e vuole potersi fidare. Ma non sempre il medico accetta di farsi coinvolgere in una relazione così personale. lui stesso ha paura di non essere all'altezza delle aspettative del suo paziente, preferisce conservare una barriera fatta di ruoli diversi e di responsabilità diverse, proprio per proteggere la sua intimità. In altri termini medico e paziente cercano di dare vita ad una relazione che ha un comune obiettivo: ottenere la cura se non la guarigione del paziente, ma...
La comunicazione in Pneumologia
Rassegna di Patologia dell'Apparato Respiratorio
con particolare riguardo alle cattive notizie Communicating in Pulmonology, bad news in particular Articolo di revisione / Review article 185 Luigi Portalone (foto) Parole chiave Comunicazione • Pneumolo-gia • Cattive notizie Key words Communication • Pulmono-logy • Bad news Ricevuto il 17-2-2014. Accettato il 16-4-2014. Riassunto La comunicazione è diventata fondamentale nel rapporto medico paziente. Gli AA esaminano le difficoltà nell'atto di comunicare in campo pneumologico con particolare riguardo alla comunicazione delle cattive notizie. Propongono una linea di comportamento sulla scorta dell'esperienza personale e della letteratura. Dall'analisi emerge come sia necessario preparare il medico anche a questo non facile compito, unendo alla tecnica una maggiore sensibilità umana. Summary Communication has become more and more important in the doctor-patient relationship. AA examine the dif-ficulties in the act of communicating in the field of chest disease particularl...
Introduzione a Parlare la Medicina
"Parlare la medicina: tra lingue e culture, nello spazio e nel tempo. Atti del convegno internazionale (Parma, 25-27 settembre 2016)", a cura di Nicola Reggiani, Firenze: Le Monnier, 2018
È con grande soddisfazione che giunge a compimento questo volume, che raccoglie gli Atti del Convegno Internazionale omonimo tenutosi a Parma il 5-6-7 settembre 2016, nel più ampio contesto del progetto DIGMEDTEXT, finanziato dallo European Research Council (ERC) 1 .
Mediascapes Journal, 2015
Obiettivo dell'articolo è fare il punto della situazione sui curricula universitari di scienze della comunicazione (SdC) in Italia sia in termini di offerta formativa a livello di personale docente e di strutture (dipartimenti, corsi di studio) sia per quanto riguarda la popolazione studentesca e le relative prospettive occupazionali. Il quadro che emerge è di una realtà piuttosto in chiaroscuro: il decennio 2004-2013 ha visto l'esaurirsi della fase espansiva dei corsi di laurea in scienze della comunicazione, cionondimeno i laureati del settore continuano a far registrare prospettive occupazionali complessivamente migliori rispetto all'insieme degli altri laureati nelle discipline politico-sociali. Più consistenti elementi problematici si riscontrano sul piano della sostenibilità dell'offerta formativa di SdC, a testimonianza delle perduranti difficoltà che incontrano le culture mediologiche ad ottenere cittadinanza e legittimazione all'interno dei saperi accreditati presso la cittadella universitaria.
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È appena trascorso il cinquantesimo anno dalla pubblicazione dell’Enciclica Pacem in Terris scritta dal santo papa Giovanni XXIII per richiamare tutti i popoli del mondo ad impegnarsi per la costruzione di una pace solida e duratura. Sfortunatamente la guerra è ancora una realtà attualissima, cruda e cruenta. Tanti studi dimostrano come i conflitti vengano provocati, controllati e condizionati con il linguaggio usato dai media (che includono parole, testi, immagini, audiovisivi). È ovvio che per alcuni la pace non è un buon affare, la guerra è più remunerativa. In questo contesto, tra le domande che legittimamente ci si pone, vi sono anche le seguenti: come le Facoltà e gli Istituti di Comunicazione sociale di varie Università Pontificie rispondono a questa “vocazione” a promuovere la pace? Quante di esse hanno inserito nei propri curricula corsi che contribuiscono alla promozione della comunicazione nonviolenta? Come possiamo “ripensare la comunicazione” mettendo al centro il tema della promozione della pace?