"Viaggi 'hertziani' in Italia: analisi di alcuni poemes di Joan Salvat-Papasseit", in "Dialogoi", Rivista di studi comparatistici, "Viaggi rari", Monografico a cura di Giuseppe Grilli, anno 2, 2015, pp. 311-326. (original) (raw)

Salvat-Papasseit, Joan. Il poema della rosa sulle labbra e prose scelte. Introduzione di Jaume Subirana. Traduzione di Marcello Belotti, Rassegna iberistica, 102 (2014)

Alla geografia internazionale del futurismo, affastellata di molteplici varianti e reinterpretazioni delle già sfaccettate espressioni italiane del movimento, va ricondotta l'esperienza letteraria tanto breve quanto intensa e appassionata del catalano Joan Salvat-Papasseit, al quale, non a caso, Marinetti si premurò di recapitare, nel 1920, un esemplare dedicato di 8 anime in una bomba. Breve, perché Salvat, segnato da un'infanzia grama e difficile, si spense in un sanatorio all'età di 30 anni. Intensa e appassionata, perché, sotto la spinta di istanze sociali e rivoluzionarie e catalizzata da un forte desiderio sperimentalista e rotturista, essa prende corpo in un gruppo relativamente nutrito di libri di poesia che si succedono nello spazio di poco più di un lustro, tracciando percorsi innovatori per tematiche e per linguaggio. La parabola creativa prende avvio da due raccolte dichiaratamente avanguardiste, come ben ostentano i rispettivi titoli -Poemes en ondes hertzianes, del 1919 e L'irradiador del Port i les gavines (Poemes d'avantguarda), del 1921 -, titoli segnaletici del protagonismo conferito al macchinismo e dell'attrazione verso un nuovo e moderno universo di sensazioni. E culmina poi, nel 1923, in un poemetto erotico, tenero e struggente al tempo stesso, mistico e carnale, gioioso e trepidante, El poema de la rosa als llavis, nel quale, senza rinnegare tecniche e motivi attinti al futurismo o al dadaismo, Salvat rivisita metri e forme della poesia tradizionale, con una straordinaria capacità di amalgamarli in un orizzonte che non tradisce né smentisce l'impronta avanguardista di partenza.

"Il poema de La rosa sulle labbra e prose scelte" di Joan Salvat-Papasseit

EIR -Traduzione dal catalano e concezione di Marcello Belotti, Introduzione di Jaume Subirana Ortín, 2014

Joan Salvat-Papasseit disse un giorno a J.V. Foix, l’altro grande poeta catalano d’avanguardia: «La tradizione conta, ma contano di più la giustizia e la libertà di ricercare». La poesia e la prosa di Salvat-Papasseit nascono dalla fusione di questa doppia corrente, giustizia e libertà, intese come superamento della norma nel senso più tedioso o repres- sivo del termine. La sua poesia è straordinaria per radicalità e senso della libertà. Non frequentò l’università e poco la scuola: scrive guidato da una sensibilità primigenia, cui aggiunge la fascinazione per l’arte “nuova”, chiamata a rinnovare le forme obsolete della tradizione, come la rivoluzione aveva il compito di porre fine all’oppressione dell’uomo sull’uomo. Salvat-Papasseit fu ribelle e autodidatta, voleva un mondo migliore. Le sue poesie sono piene della parola “domani”, i suoi articoli hanno come punto di partenza l’uguaglianza e la giustizia sociale; egli anela al giorno che verrà, non al giorno trascorso. Nei suoi versi d’amore, pur tanto innovativi, si leggono anche suggestioni della tradizione cortese, rove- sciati in chiave provocatoriamente sensuale. Sì, morì giovane. Però la sua opera e la sua figura non hanno mai cessato di vivere, per i lettori dall’animo inquieto, come simbolo di vitalismo e di amore per la libertà. Traduzione dal catalano e concezione di Marcello Belotti Introduzione di Jaume Subirana Editori Internazionali Riuniti

Recensione a F. Senardi (a cura di), Nel mondo di Saba. «Le scorciatoie di un poeta saggio», Gorizia-Trieste, Istituto giuliano di storia, cultura e documentazione, 2018, in Quaderni Giuliani di Storia, a. 41, n. 1, 2020, pp. 151-155.

“«Piacevagli il praticare con persone letterate». Pietro Aretino e gli altri (un primo viatico)”, “Francesco Salviati «spirito veramente pellegrino ed eletto»”, a cura di A. Geremicca, Roma, Campisano, 2015, pp. 27-40.

1. Per Francesco Salviati, riconosciuto campione della grande stagione manierista tra Roma e Firenze, manca una disamina delle attestazioni letterarie della sua fama e della ricezione della sua pittura tra i contemporanei 1 . Tali attestazioni sono numerose, criticamente notevoli e richiedono di essere affrontate sotto molteplici punti di vista. Si tratta, infatti, di materiali eterogenei: epistole, sonetti, lettere dedicatorie, menzioni all'interno di testi sulle arti o ancora in opere quali Le carte parlanti di Pietro Aretino del 1543 o il dialogo La nobiltà delle donne di Ludovico Domenichi del 1549, che pur non riguardando strettamente le arti tante informazioni forniscono sul pittore. L'artista godette di una grande fortuna presso i suoi contemporanei e già a partire dalla fine degli anni Trenta, in anticipo rispetto alla prima edizione delle Vite vasariane (1550), il suo nome inizia ad essere presente nelle opere a stampa di alcuni dei più importanti umanisti del Cinquecento.

Le note dell’ultimo viaggio di Thomas Coryate pubblicate da Samuel Purchas nell’Hakluytus Posthumus, in Storie di viaggi, viaggi nella storia. Studi in onore di Gaetano Platania, a cura di S. Pifferi e M. Sanfilippo, Sette Città, Viterbo 2017, pp. 91-101.

2017

Ogni opera di questa collana è valutata da due lettori anonimi Proprietà letteraria riservata. La riproduzione in qualsiasi forma, memorizzazione o trascrizione con qualunque mezzo (elettronico, meccanico, in fotocopia, in disco o in altro modo, compresi cinema, radio, televisione, internet) sono vietate senza l'autorizzazione scritta dell'Editore.

Lontano da Napoli, verso Venezia. Il viaggio in Italia di Giosuè Sangiovanni (1818), Viaggi e soggiorni in Europa nel primo Ottocento. Oltre Napoli, verso Amalfi e Sorrento, Amalfi-Sorrento, 14-16 aprile 2016

La fine dell'epopea napoleonica e il ritorno dei Borbone a Napoli (1815) avevano nuovamente alimentato il flusso dei viaggiatori verso la capitale, ma è pur vero che non pochi abitanti del regno lasciarono temporaneamente Napoli e raggiunsero altre città italiane. Tra di essi, Giosuè Sangiovanni per il quale la possibilità di visitare «città tanto care» costituiva l'occasione per «allontar[si] per qualche tempo da un paese [Napoli] troppo funesto». Per lo zoologo Sangiovanni, esule dopo la fine della Repubblica napoletana (1799), il viaggio in Italia, protrattosi per tre mesi, era inoltre necessario per allentare la stretta sorveglianza che su di lui esercitava la polizia borbonica. Il racconto di quell'esperienza, del lungo soggiorno presso i grandi e i piccoli centri urbani della Penisola è affidato a un intenso e inedito diario di viaggio. Il contributo che si intende proporre vuole analizzare i passaggi chiave del récit de voyage di Sangiovanni da cui emergono alcuni interessanti elementi culturali che contraddistinguono i viaggi e i soggiorni del primo Ottocento.

Pietro Gibellini, "Un viaggio tra i fiori di Baudelaire", in "Un viaggio realmente avvenuto. Studi in onore di Ricciarda Ricorda", a cura di Alessandro Cinquegrani e Ilaria Crotti, Venezia, Edizioni Ca' Foscari, 2019, pp. 93-112

2019

The author analyzes the journey motif in the poetic masterpiece of Charles Baudelaire, signaling and commenting all the texts where the term voyage and derivatives appears and considers in particular the poems where the keyword appears in the title: Bohémiens en voyage, L'Invitation au voyage, Un Voyage à Cythère, Le Voyage. In the passage from one text to another, the journey becomes little by little a physical experience to become, finally, a mental and spiritual dimension: in Bohémiens there is still a residue of romantic oleography; in the Invitation one dreams an exotic country, a mythical place, an earthly paradise that only the imagination can reach, in Le voyage à Cythère, the sacred island of Venus no longer has the legendary face of the classical world, but the dark and dramatic of modernity and evil; once all the illusions of earthly wanderings have fallen, only the last departure remains, Le voyage par excellence, to know the mystery that awaits beyond death. The textual analysis, conducted with a diachronic and synchronic method, becomes a cognitive analysis, a literary hermeneutic essay.

[Recensione a] VALERIO CAMAROTTO, (vol. I) Leopardi traduttore. La poesia (1815-1817), Macerata, Quodlibet, 2016, pp. 192, 22cm; (vol. II) Leopardi traduttore. La prosa (1816-1817), Macerata, Quodlibet, 2016

«Otto/Novecento», 3/2017, pp. 223-226