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L'italiano neutro: tra norma e realtà. Storia dell'italiano neutro nella cultura e nella scuola da Manzoni a oggi

Il testo ripercorre la storia dell’italiano parlato a partire dalla sua formazione come lingua nazionale con l’unità d’Italia. Nato come idioma da condividere contrapposto ai molti dialetti, esso assume una dimensione sempre più standardizzata a partire dal XX secolo, a seguito d’alcuni fenomeni socio-politici e con l’avvento di Radio e Tv; nel ‘900, infatti, più che la dicotomia italiano-dialetti, si definisce quella tra italiano neutro-italiani regionali. Seguendo la metafora geometrica della linguista Maria Corti, si rintraccia allora la costruzione di quest’italiano “normalizzato” dal manzoniano “punto” fiorentino, proseguendo con l’“asse Roma-Firenze” del periodo fascista e col “triangolo” settentrionale pasoliniano, fino alle recenti teorie del “centro geofonico” di Luciano Canepari: il tutto in costante confronto coi programmi scolastici delle varie epoche. Rilevando una profonda sfasatura tra teoria e prassi, tra regola e realtà, il testo, dopo un analitico percorso storico, ripropone quindi un nuovo e moderno modello normativo, adatto alle richieste di norma sempre vive nella società civile e a una lingua in continuo divenire.

Al confine delle Alpi. Culture, valori sociali e orizzonti nazionali fra mondo tedesco e italiano (secoli XIX-XX)

2018

Culture, valori sociali e orizzonti nazionali fra mondo tedesco e italiano (secoli XIX-XX) a cura di Fiammetta Balestracci e Pietro Causarano GEOSTORIA DEL TERRITORIO FrancoAngeli 616.21 F. BALESTRACCI, P. CAUSARANO (a cura di) AL CONFINE DELLE ALPI Le Alpi, con la loro posizione al centro dell'Europa, si snodano lungo i confini di una pluralità di realtà statuali e di esperienze nazionali. Pur nelle differenze, questo arco di montagne così significativo nella storia europea presenta oggi tratti di omogeneità sociale e di integrazione tali da farlo individuare come spazio transnazionale con la Convenzione internazionale delle Alpi del 1991. A lungo le Alpi non sono state solo luogo di transito e di comunicazione di diverse realtà linguistiche e culturali, ma anche, in particolare negli ultimi due secoli, confini contesi e controversi, diaframmi talvolta tragici e paradigmatici delle vicende nazionali europee. In questo senso, la dinamica del confronto fra mondo tedesco e italiano è significativa per comprendere il ruolo specifico che questo territorio-spazio umano e sociale e insieme luogo fisico e ambientale peculiare-ha svolto nella storia del nostro continente. Diverse dimensioni (socio-economica, culturale, istituzionale, ambientale) rappresentano le piste indagate dagli autori del volume. Attreverso di esse è possibile intravedere i cambiamenti materiali e simbolici che si sono verificati non solo per chi in montagna vive, ma anche per coloro che la percepiscono da realtà esterne. La rappresentazione dei confini plurali del territorio alpino ci restituisce, infine, un mondo dalle forti articolazioni e dalle sfumature complesse.

Poteri pubblici conflitti istituzionali e cultura politica dopo Silla, a cura di P. Buongiorno e M.T. Schettino

Opuscula, s. III, 1, 2023

Questo volume raccoglie, incrementandoli con ulteriori contributi, gli atti di un seminario di studi svoltosi a Münster il 26 e 27 settembre 2019 e che vide il coinvolgimento di due gruppi di ricerca, ossia quello coordinato fra Strasburgo e Mulhouse da Maria Teresa Schettino sul tema La classe dirigeante de la mort de Sylla à la mort de Crassus : les mutations d’une ‘culture politique’ e quello animato a Münster da Pierangelo Buongiorno e Sebastian Lohsse intorno alla Palingenesie der römischen Senatsbeschlüsse (509 v.Chr. – 284 n.Chr.), le cui attività proseguono ora anche nell’Università di Macerata. Punto di contatto di questi due progetti era infatti rappresentato dall’evolversi delle relazioni fra i poteri pubblici nel quarto di secolo che va dalla morte di Silla alla morte di Crasso. Se infatti, per senso comune, affermiamo che una generazione dura in media venticinque anni, nella periodizzazione della tarda repubblica sembra potersi vedere nel periodo 78-53 a.C. (per l’appunto un venticinquennio) una sorta di fase storica cronologicamente ben delimitata fra le epopee di due dittatori, Silla e Cesare. I prodromi dell’insanabile conflitto di quest’ultimo con Pompeo, e presto sfociato nella guerra civile e nella dittatura, sono da rintracciarsi proprio nel triennio di «lotta per le magistrature», il cui avvento si ebbe dopo che in Occidente giunse notizia della disfatta di Carre. Il 78-53 a.C. è insomma un periodo di grandi tensioni politiche e rivolgimenti sociali, che la guerra civile conclusasi a Porta Collina nell’82 a.C., con la vittoria dei sillani, e la fase drammatica delle proscrizioni avevano acuito. Nel corso dei venticinque anni, il cui inizio può essere fissato alla morte di L. Cornelio Silla, sopraggiunta nel corso del consolato di Q. Lutazio Catulo e di M. Emilio Lepido (78 a.C.), una classe dirigente costretta a crescere troppo in fretta si trovava a dover necessariamente fare i conti con equilibri nuovi, determinati dalla persistenza, su scala istituzionale e politica, delle riforme operate dallo stesso Silla, durante la sua dittatura (per quanto alcune di esse fossero in parte cassate già nel decennio successivo alla sua scomparsa): la classe dirigente succeduta a Silla cresceva nel solco di un’eredità politica, accolta o rigettata, che divideva finanche i sillani della prima ora. Eppur tuttavia, nel giro di breve, essa fu scossa da profondi mutamenti nel quadro incerto delle alleanze: il fluttuare del polo di attrazione costituito per un certo lasso di tempo da Pompeo lasciò sperso più di qualcuno e non mancò di sollevare strenue opposizioni tra i suoi ì compagni d’armi nella guerra civile tra mariani e sillani, divenuti poi concorrenti e rivali nella corsa agli onori, ovvero al prestigio e al potere. Agli organizzatori di questo seminario, oggi curatori del volume, sembrò pertanto utile integrare il panorama degli studi con un bilancio sistematico dello stato delle magistrature romane, e della dialettica di queste con il senato, e nondimeno con le assemblee popolari dominate ormai dalla plebe urbana, in venticinque anni scivolati via rapidamente, verso un piano ormai irrimediabilmente inclinato verso l’autocrazia.

Università del Salento, Società Italiana di Scienza Politica, Conference 2019, Lecce, paper: “Sulla normatività immanente. Per contaminare teoria politica e teoria critica”, September 12-14 (13th), 2019.

L’analisi del rischio a cui è dedicato questo panel – la trasformazione della politologia in una sorta di ‘scienza del presente’ incapace di incidere positivamente sulla realtà – credo possa giovarsi anche del confronto con la metodologia adottata nell’ambito della filosofia sociale e politica contemporanea che si ispira alla tradizione della teoria critica tedesca. Penso in particolare a quelle impostazioni che insistono sulla rilevanza di un tipo di normatività che non sia quella ormai classica di John Rawls, considerata troppo astratta, né dell’orientamento formale-proceduralista sviluppato da Jürgen Habermas. Piuttosto, sulla scorta dei contributi di autori di diversa estrazione disciplinare quali Michael Walzer, Axel Honneth e Luc Boltanski – fino ad ora soltanto parzialmente recepiti in Italia – si insiste su più fronti su una normatività “interna”, “incarnata” o “immanente”: i cui criteri siano perlomeno in parte già adottati nei costumi, nelle pratiche; diciamo nella sfera della Sittlichkeit. L’obiettivo teorico prioritario di questo approccio, quindi, non è tanto di “fondare”, né tantomeno di “costruire” le forme della normatività, quanto piuttosto di reinterpretare, riattivare, e sviluppare in chiave emancipatoria gli elementi normativi già presenti nel contesto socio-politico dato di volta in volta. Delineati i presupposti teorici generali di questo tipo di normatività immanente, nel paper declinerò poi il tema dal punto di vista della problematizzazione del ruolo dell’intellettuale, o del critico sociale, e più in generale dell’attività critica. Da questa prospettiva, uno degli elementi salienti che viene a co-determinare l’auspicata incisività dell’attività critica è infatti la sua correlazione con le forme del politico: nella tematizzazione dei criteri normativi storicamente dati non si può astrarre dai conflitti che rispecchiano gli interessi contrapposti di volta in volta in gioco, poiché si riflettono più o meno direttamente anche sul piano della interpretazione dei principi e delle norme date. Procedendo in questa direzione, la “contaminazione” tra teoria politica e filosofia politica auspicata in questo panel credo si riveli feconda su entrambi i fronti: mentre l’analisi filosofico-sociale viene ad ampliarsi alla dimensione più strettamente politica inerente ai conflitti normativi in gioco, la teoria politica può riferirsi a una forma di normatività che anziché procedere in modo astratto e procedurale muove dall’immanenza dei criteri dati di volta in volta.

Croce e la cultura giuridica italiana degli anni venti del novecento

Italian Review of Legal History, 2017

The Twenties of the past century is a period of strong debate on the part of Benedetto Croce either with the politics of fascism (from which he gradually took the distance up to an open disapproval and to the undersigning of the anti-fascist intellectuals Declaration), or with legal science and with its demand to offer an autonomous perspective of knowledge. This second field of intervention is particularly characterized by the controversy with the doctrine of natural law of the philosopher Giorgio Del Vecchio and with the one of the Romanist Pietro Bonfante. In this second one particularly, the vision of the Law under Benedetto Croce point of view, i.e. the objection to the same autonomy of the legal speech, raised up in all its intensity. The distance from the politics of fascism and from the attacks brought to the legal science allowed Benedetto Croce to develop a deep and significant thought on some very general and basic topics, as the one on the origin of freedom, in the contrast between its individual and institutional dimension. Different effects we can find in the comparison between the historicism of Benedetto Croce and the tendencies of the jurists of the third decade of the twentieth century. A first, not secondary (and presumably unwilled) result of the position assumed by Croce toward the legal science was paradoxically to encourage the assumption, within the second, of a neo idealism interpretation of the law. In the attempt to affirm the supremacy of neo idealism philosophy, a sort of incorporation of the latter in the method used by the jurists in the formulation of their science took place. A second field where such comparison took place was for sure the issue about the qualification of the Law, a dogmatic ground where the progressive evolution of the relationship between individual and social moment of the Italian legal experience, in the direction of the definition in a totalitarian way of the behavior rules designed for founding the parameters of the activity of individuals, took place.

L'Età di Silla. Atti del Convegno presso l'Istituto Italiano per la Storia Antica

A cura di Zecchini Giuseppe e Schettino Maria Teresa Anno di Edizione: 2018 Edizione: L'ERMA di BRETSCHNEIDER Collane: Monografie del Centro Ricerche di Documentazione sull'Antichità Classica, 44 ISBN: 978-88-913-1696-7 Rilegatura: Brossura Pagine: 264 Formato: 17 x 24 cm Dai contributi di questo volume emergono importanti indicazioni per la ricostruzione di una nuova immagine di Silla: egli non voleva affermare il proprio potere personale o riaffermare il potere della nobilitas, ma piuttosto voleva e credeva di aver realizzato una nuova unità di tutti gli elementi costitutivi del popolo romano: coerente con questa volontà è lampliamento / ridimensionamento del senato, la centralità della potestas dei magistrati elettivi, la legislazione sul debito, lattenzione alle esigenze dei militari attraverso la fondazione di colonie, il mantenimento dellimmissione degli Italici nelle 35 tribù. MARIA TERESA SCHETTINO è Professore ordinario di Storia romana presso lUniversité de Haute-Alsace, membro del centro di ricerca UMR 7044 Archimède (Unistra, UHA, CNRS), presidente del Collegium Beatus Rhenanus (2017-2018), vicepresidente e responsabile delle relazioni internazionali della SoPHAU, cosegretario degli États Généraux de lAntiquité (2018). Dirige attualmente il programma di ricerca La culture politique dune République finissante : les optimates de la mort de Sylla à la mort de Crassus. La sua attività scientifica verte principalmente sui rapporti istituzionali nella tarda repubblica e nellalto impero, sulle relazioni diplomatiche in epoca repubblicana, sulla storiografia di lingua greca di età imperiale. GIUSEPPE ZECCHINI è Professore ordinario di Storia romana presso lUniversità Cattolica di Milano e membro del Consiglio direttivo dellIstituto Italiano per la Storia antica e dellAccademia Ambrosiana - Classe di Studi Ambrosiani. E in uscita presso lErma di Bretschneider il suo volume su Polibio. La solitudine dello storico.

Narrazioni delle crisi. Proposte italiane per il nuovo millennio

Italian Studies, 2018

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