EFFETTI GENOTOSSICI DA GLIFOSATE SU SPECIE NATIVE ED ALLOCTONE DI CROSTACEI ANFIPODI (original) (raw)
EFFETTO DEI DIVERSI TRATTAMENTI DI COTTURA SUL LIVELLO RESIDUO DI SOLFITI NEI CROSTACEI
BOOK OF ABSTRACTS XXX Convegno Nazionale dell’Associazione Italiana Veterinari Igienisti, 2021
I solfiti (E220-E228) sono una classe di additivi alimentari autorizzati in Europa anche per il trattamento dei crostacei, con una serie di restrizioni definite nel Regolamento (CE) No. 1333/2008. L’ingestione di elevate quantità di solfiti è stata associata ad effetti citotossici e mutagenici, oltre che a fenomeni di intolleranza ed asma in soggetti sensibili. È importante, inoltre, sottolineare l’effetto negativo che i solfiti possono causare sulle caratteristiche nutrizionali del prodotto (denaturazione di tiamina, acido folico, nicotinamide e piridossale). Tuttavia, la quantità di additivo effettivamente ingerita con la dieta può risentire della specifica tecnica di cottura impiegata. In questo studio, è stato valutato l’effetto di 5 classiche procedure di preparazione domestica (griglia, forno, frittura, vapore e pentola) sul livello finale di solfiti in campioni di scampi. 3 kg di scampi di media pezzatura sono stati suddivisi in modo tale da ottenere aliquote da 200 g ed effettuare n. 5 determinazioni sul prodotto tal quale (in modo da determinare la concentrazione iniziale e confermare l’omogeneità dell’analita nel campione) e n. 2 determinazioni a seguito di ogni trattamento di cottura, simulando la preparazione domestica e aggiungendo, ove necessario, altri ingredienti quali olio di oliva, aglio, spezie, pomodori pelati, ecc., ed attendendo l’idonea cottura del prodotto per il consumo. Le analisi sono state effettuate mediante metodica validata ed accreditata in cromatografia ionica. La concentrazione media di solfiti nel campione di partenza (espressa come SO2) è risultata pari a 121,9 mg/kg. Tenuto conto della deviazione standard ottenuta sulle 5 ripetizioni effettuate (1,5 mg/kg) è stato possibile confermare che la distribuzione dell’additivo sul campione era omogenea, consentendo l’esecuzione delle prove di cottura. Per quanto riguarda l’effetto della cottura sul residuo di solfiti nel campione, è possibile affermare che, sebbene tutti i campioni cotti abbiano fatto registrare una concentrazione di solfiti inferiore a quella del prodotto di partenza, tale effetto è estremamente variabile in funzione della specifica tecnica impiegata. In particolare, la massima riduzione di additivo (44,0%) è stata verificata cuocendo il campione a vapore, mentre la riduzione minima (13,9%) è stata verificata cuocendo il campione in forno. Le riduzioni di additivo registrate cuocendo nelle altre modalità testate sono risultate confrontabili, variabili tra il 22,1% per il prodotto sottoposto a frittura ed il 33,7% per la cottura alla griglia. Lo studio ha consentito di confermare che gli effettivi “intake” di additivi alimentari al momento del consumo possono essere significativamente influenzati dalla specifica tecnica di cottura impiegata, come nel caso dei solfiti nei crostacei. La cottura causa una generale diminuzione dei solfiti nel prodotto, tuttavia questa diminuzione è estremamente variabile in base alla specifica tecnica di cottura impiegata. Più in particolare, la cottura a vapore causa la maggiore diminuzione dei solfiti nel campione (44,0%), mentre la diminuzione meno significativa si registra cuocendo il campione in forno (13,9%). Il presente studio conferma, dunque, la necessità di simulare i trattamenti di cottura prima dell’analisi nei cosiddetti “risk assessment” e “total diet studies”, al fine di ottenere dati veritieri relativi alle quantità di additivo assunte con la dieta dalla popolazione italiana.