"Io non sono un animale! Io sono un essere umano! Io… sono… un uomo!" L’Animale sta all’Umano come la Femmina sta al Maschio? (2016) (original) (raw)

“Alterità non umana: e se l’animale raccontasse?”

Kainos. Rivista di critica filosofica, 2012

Una tipica visione antropocentrica dell’alterità umana frequente, non soltanto entro la letteratura filosofica, ha diffuso l’idea del concetto di “altro” come parafrasi di “altro umano”. Se volessimo provare a individuare, sinteticamente, alcune linee di pensiero che hanno cercato di enfatizzare i limiti di questo approccio, evidenziando la necessità di una riflessione, non solo etica, ma anche ontologica, a proposito dell’alterità non umana, potremmo provare a focalizzare la nostra attenzione su due macro-categorie: (1) gli Animal Studies e (2) l’ecologia. In entrambi i casi, ovviamente, andrebbero analizzate le singole differenze di approccio di ognuna delle particolari interpretazioni di queste filosofie: dall’antispecismo all’etica animale, dall’ecologia profonda all’etica della terra, fino allo specismo liberazionista o alla visione di animalità entro la tradizione filosofica “continentale”. Un vero punto di svolta, tuttavia, in questo tentativo di trascendere, ampliandola, la classica estensione del concetto di alterità è rappresentato, a mio avviso, dal pensiero dell’ultimo Jacques Derrida (cfr. Derrida 2006); pensiero sull’animalità che, come ha evidenziato Maurizio Ferraris (Ferraris 2010), rappresenta anche un autentico punto di svolta entro lo stesso percorso derridiano. Secondo Derrida, che analizza il concetto di “altro” approfonditamente, il limite del pensiero filosofico occidentale, ben esemplificato in tal senso dall’Heidegger degli “animali poveri di mondo” che non possono morire ma, al massimo, perire, risiede nel considerare l’animale non umano incapace di rispondere. Dell’alterità, più o meno implicitamente, abbiamo un’idea come relazione a due posti: affinché si possa dare un alto a me stesso deve esistere, appunto, il soggetto della relazione che individuiamo come diverso da noi.

L’essere umano come ζῷον λόγον ἔχον. L’animale relazionale

Nella Politica, Aristotele ci fornisce una delle più note definizioni attribuite all'essere umano. In questo suo testo, infatti, egli definisce l'anthropos (ἄνθρωπος) come 'zoòn lògon èchon' (ζῷον λόγον ἔχον), espressione che solitamente viene tradotta identificando l'uomo con l'animale razionale, ovvero l'essere vivente dotato di ragione, connotato dal linguaggio, capace di discussione e dialogo riguardanti tanto il mondo quanto se stesso. La mia proposta è quella di pensare la definizione aristotelica in un senso più ampio, considerando l'etimologia del temine 'logos' (λόγος), la quale rimanda ad un significato relazionale provenendo, infatti, dal verbo greco leghein. Il mio intento è quello di sottolineare la fondamentale apertura dell'essere umano, secondo la quale è possibile sviluppare il proprio logos, comprendendo quest'ultimo sia come parte essenziale della natura umana che, conseguentemente, come parte essenziale della sua attività etica. Muovendo da tali premesse, sarà mia premura proporre una definizione dell'uomo non come animale razionale ma piuttosto come animale relazionale, capace di esperire le relazioni dinamiche nelle quali è coinvolto e di comunicarle attraverso il linguaggio-vivendo con gli altri, osservando situazioni, collegando parole, intendendo significati e creandone di nuovi.