Recusationes' a confronto: Sidonio Apollinare 'epist.' IX 13,2 e Venanzio Fortunato 'carm.' IX 7 (original) (raw)
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Sidonio Apollinare (epist. 9,9,10) e la possibile attribuzione del De ratione fidei a Fausto di Riez
Bollettino di Studi Latini, 2011
L’articolo si propone di riprendere in esame il testo dell’epistola 9, 9, 10 di Sidonio Apollinare, scritta a Fausto di riez. In essa il dotto vescovo di clermont esprime lo stupore e la trepidazione per aver “sequestrato” dalle mani del prete e monaco riocato un volume della stesso Fausto che definisce opus operosissimum multiplex, acre sublime, digestum titulis exemplisque congestum, bipertitum sub dialogi schemate, sub causarum themate quadripertitum. A partire dai più recenti contributi scientifici, dall’analisi retorico-strutturale del locus e della produzione di Fausto, è verisimile ritenere che questa affermazione si riferisca non già al De Spiritu Sancto (come a suo tempo sostenne S. Pricoco), bensì al De ratione fidei. nell’epistola sidoniana pertanto è possibile intravedere un prezioso testimone antico che attesta la paternità faustiana dell’operetta.
In questo articolo si propone l’analisi del carm. 6 di Sidonio Apollinare, prefazione del panegirico composto dall’autore per l’elezione a console dell’imperatore Eparchio Avito (1 gennaio 456 d.C.). Nel carm. 6 Sidonio presenta Orfeo che celebra l’ortus di Pallade Atena cantandone il ruolo e i meriti durante la battaglia degli dèi contro i giganti. Nei vv. 29-32 Sidonio inserisce anche un secondo canto del mitico vate che elogia la madre, la Musa Calliope. Nell’explicit di questa prefazione Sidonio anticipa il soggetto e la materia del suo canto, il panegirico del pater publicus Avitus. Questo contributo, attraverso l’analisi della figura di Orfeo e della sua performance, studia la simbologia politica del carme sidoniano e i legami con il contenuto del panegirico di Eparchio Avito. In this essay I propose the analysis of Sidonius Apollinaris’ carm. 6 preface to the panegyric composed by the author for the emperor Eparchius Avitus’ election as consul (1 st Jan. 456). In carm. 6 Sidonius presents Orpheus who celebrates the ortus of Pallas Athena singing her role and merits during the gods’ battle against the giants. In the vv. 29-32 Sidonius introduces also a second performance of the mythic bard who eulogizes his mother, the Muse Calliope. In the explicit of this preface Sidonius anticipates the subject and the matter of his carmen, i.e. the panegyric of the pater publicus Avitus. This paper studies the political symbology of Sidonius’ carmen and his contacts with the content of Eparchius Avitus’ panegyric through the analysis of Orpheus’ figure and his performance.
Riassunto: Nel secondo dei due carmi inseriti in Sid. ep. 9.13 l’uso del dimetro ionico a minore anaclastico sollecita una nuova indagine sul possibile influsso del corpus Anacreonteum e dei pur esigui carmi latini scritti in questo raro verso. Ad emergere è la sagacia del poeta gallico, che, potendo contare solo su un modesto contributo da parte della tradizione greca e latina, sceglie di trattare l’anacreonteo come un colon dell’endecasillabo falecio (sulla scorta di una teoria metrica ben attestata dai grammatici antichi) per poter sfruttare una rodata topica versificatoria. Nasce così una delle nugae più affascinanti di Sidonio, in cui l’agilità degli ionici si rivela compatibile con una raffinata strategia retorica, intertestuale e metaletteraria. Summary: In the second of the two poems included in Sid. ep. 9.13 the use of Ionic a minore dimeter with anaclasis calls for a new investigation on the possible influence of the corpus Anacreonteum and of the few Latin poems written in this rare verse. What emerges is the sagacity of the Gallic poet, who, relying only on a modest contribution from Greek and Latin tradition, chooses to treat the anacreonteum as a colon of the phalaecian hendecasyllable (on the basis of a metrical theory well attested by the ancient grammarians) to take advantage of an established versificatory technique. The result is one of the most fascinating nugae of Sidonius, in which the agility of the ionic meters proves compatible with a refined rhetorical, intertextual and metaliterary strategy.
Studii Clasice , 2022
Acest volum a fost tipărit cu sprijinul Fundației Culturale Grecești din România. Responsabilitatea pentru conținutul fiecărui text publicat în această revistă, conform legislației civile și penale în vigoare, le revine exclusiv autorilor.
2017
Il contributo analizza la funzione di due reminiscenze virgiliane nell’epitalamio di Venanzio Fortunato (carm. 6, 1). Un nucleo narrativo virgiliano (georg. 4, 197-202) è contenuto nei vv. 7-10 della praefatio che apre il componimento, in cui è esaltata la ‘casta fecondità’ dell’ape; un’allusione a Verg. Aen. 6, 791-794, i celebri versi in cui Anchise introduce Augusto ad Enea, è individuata nei vv. 67-69, l’esordio dell’elogio dello sposo da parte di Cupido. Entrambe le reminiscenze, oltre che provare la notevole abilità compositiva del poeta, sembrano contribuire a delineare un’immagine ideale dello sposo, che, casto come l’ape, s’accontenta di un unico amore conformandosi al canone cristiano della pudicitia e, ‘diretto’ discendente di Augusto, si pone in linea con la tradizione imperiale romana. The article deals with the function of two Virgilian reminiscences in Venantius Fortunatus’ epithalamium (carm. 6, 1). A Virgilian narrative core (georg. 4, 197-202) is contained in vv. 7-10 of the praefatio, in which the ‘chaste fecundity’ of the bee is exalted; an allusion to Verg. Aen. 6, 791-794, the famous lines in which Anchises introduces August to Aeneas, is detected in vv. 67-69, the incipit of the praise of the groom by Cupid. Both reminiscences show Fortunatus’ remarkable ability and seem to help to outline an ideal image of the groom: conforming himself to the Christian value of pudicitia, he is chaste like the bee and satisfied with a single union; like a ‘direct’ descendant of August, he is also in line with the Roman imperial tradition.
In Book XI of the Carmina of Venanzio Fortunato there are some little poems of private nature, associated in particular with the exchange of culinary gifts between the bishop and his beloved sisters Agnes and Radegund. All these carmina have been studied a lot from linguistic and metrical point of view but very few papers have been published regarding the aspect of content, although they open up new perspectives on the image of this famous poet of the sixth century. The article, through the thematic analysis of these compositions, tries to highlight the most unusual and funny aspects of the personality of Venantius who, for once, put aside his austere public image, proposing a more natural and authentic version of himself, playing masterfully and ironically on his vices and, above all, on his greediness.