TEOLOGIE OGGI (original) (raw)
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"LA TEOLOGIA DEI TRE GIORNI" E L'ESTETICA CONTEMPORANEA
Molto spesso le analisi sui rapporti tra letteratura e religione si sono fermate, per la maggior parte, agli apporti di tipo contenutistico, alle immagini e agli stilemi ricorrenti, ad analizzare una sorta di ur-testo sotterraneo (le Scritture) che in qualche modo fornisce la linfa di tradizione per la costruzione di un ipertesto contemporaneo. Tuttavia, questo è un tipo di approccio, sicuramente valido, ma che forse non centra pienamente il modo della comunicazione cristiana, potremmo dire della stessa rivelazione: se il cristianesimo non è una ideologia e non è nemmeno solamente un insieme di precetti moralistici e di leggi a cui sottoporsi, quanto piuttosto una pratica, un fare, un poiein, una forma di vita, uno stile nel senso più ampio del termine perché coincide con un logos che si è fatto carne, forma vivente e non logoi -allora, dovremmo forse rivedere queste posizioni e cercare di penetrare più a fondo il senso di quel gestis verbisque che lo stesso Vaticano II ribadisce con forza. Se questo è vero, allora il punto privilegiato per un'analisi di tali vicinanze non può che partire dalla pratica liturgica, essa stessa culmen et fons della vita cristiana. Del resto, le recenti riflessioni di molti teologi e liturgisti tendono a mettere in rilievo che il luogo stesso delle riflessione teologica fondamentale non può che essere, al fondo e nel suo culmine (appunto) lo stesso rito. È insomma una questione di forme, di forme di vita, che non possono essere staccate dalla nuda vita, dal puro dato biologico e antropologico: non è un caso, crediamo, che una delle imprese teologiche più imponenti degli anni recenti, ad opera di Christoph Theobald, si intitoli proprio Il cristianesimo come stile. È in questa connessione tra forma e contenuto di tipo simbolico, in cui la forma non può in alcun modo ridursi a mero contenitore di un significato già dato (altrimenti la stessa motivazione profonda del rito diventerebbe superflua) e in cui l'importanza della mediazione e dell'antropologico diventa fondamentale (riportando al loro giusto posto e alla loro attiva importanza sia la storia che il singolo) che dobbiamo partire per una analisi dei rapporti tra letteratura (ed estetica in generale) e teologia. Inoltre, da più parti, nell'ambito della riflessione teologica, si fa spazio l'idea che, se il cristianesimo deve recuperare la sua fondamentale forma paradossale, tragica, non riducibile ad ideologia, senza tuttavia cadere nel fideismo -lo spazio in cui tale processo può essere attivato non è altro che lo spazio narrativo ed estetico (con tutti i pericoli e le relative precauzioni del caso, naturalmente), capace di tenere aperto il fianco alla contraddizione della vita, alla sua irriducibile singolarità, senza cancellarla in sintesi censorie ma piuttosto facendole esplodere in una forma che, come ricorda Bloom, non può essere altro che un'ansia realizzata. Naturalmente, questo tipo di approccio ci pare possa essere utile sia per la riflessione teologica, sia per la teoria e la pratica letteraria, come cercheremo di dimostrare. Questo contributo vuole essere solo una sorta di prefazione, una sorta di collaudo in atto, niente di sistematico insomma, quanto piuttosto una discesa kenotico-antropologica al centro del nostro tempo e del creaturale stesso.
SFIDE ATTUALI DELLA TEOLOGIA IN AMERICA LATINA
Dall'8 all'11 ottobre 2012 si è svolto a Porto Alegre, nel modernissimo Centro Universitario Unisinos gestito dai gesuiti, Il Congresso Continentale di Teologia. Dire teologia in America Latina significa parlare della Teologia della Liberazione, e cioè di quel modo di riflettere su Dio che nasce all'inizio degli anni Settanta, mettendosi in ascolto dei poveri delle Comunità Ecclesiali di Base, seguendo le indicazioni del Concilio Vaticano II, assimilato in modo significativo e originale nella Conferenza de Plueba del 1968. La preoccupazione della Teologia della Liberazione non è tanto l'ortodossia, e cioè il dire bene e correttamente le verità della fede, ma l'ortoprassi e cioè la possibilità di aiutare le persone a vivere in modo significativo e nella vita di ogni giorno, spesso caratterizzata da gravi problemi sociali, la fede nel Vangelo che ascoltano settimanalmente nella comunità. Questa differenza di accento, che ne caratterizza il metodo, rivela allo stesso tempo la differenza degli interlocutori della Teologia della Liberazione, che non sono i teologi o i preti, ma i poveri e, in modo specifico, il laico leader di comunità. L'opzione preferenziale per i poveri realizzata già nella conferenza di Puebla e costantemente sancita nelle Conferenze successive, non é nata come disegno politico di contrapposizione alle altre classi sociali, ma dal desiderio di realizzare un cammino di Chiesa vicino alla gente che, nell'America Latina della fine degli anni Sessanta, era nella stragrande maggioranza povera gente. La costante attenzione al vissuto concreto delle persone, ha condotto la Teologia delle Liberazione Latinoamericana ad ampliare continuamente i propri orizzonti di ricerca.
Accademia Senese degli Intronati, SGUARDI SU DANTE, Conferenze tenute in occasione del VII centenario della morte. Ed. D. Balestracci, M. Caciorgna, E. Mecacci, 2021
In occasione del VII centenario della morte del Poeta, l'Accademia Senese degli Intronati ha organizzato una serie di conferenze su tematiche dantesche. Nel contributo presente si delineano spunti di riflessione sul contesto teologico, dal quale Dante muove il suo pensiero e la sua visione spirituale del mondo.
HomePage FONDAMENTI PERCHE' STUDIARE LA PEDAGOGIA OGGI
Il tema di questa nostra conversazione ha la forma un'affermazione di principio, Essa riguarda la necessità di Pedagogia che si avverte oggi: la necessità di una competenza pedagogica nelle sedi più diverse, e presso i soggetti più diversi, che non si avvertiva alcuni decenni or sono. Anche la proposta avanzata autorevolmente dal professor Brunello, e ripresa in quest'alta sede, che Treviso abbia una cattedra universitaria di Pedagogia, pur non esistendovi i corsi di laurea specifici, fa seguito ad istanze autorevoli della città e della sua cultura, va nella medesima direzione e testimonia efficacemente di come sia necessario studiare la Pedagogia oggi, ovunque si abbiano socialità, relazionalità umana, politica nel senso ampio del termine. Si tratta di un'esigenza sociale acutamente avvertita. Per molti anni, alla mancanza di questo apporto hanno supplito gli interventi da parte di professionisti e cultori di materie vicine, come ad esempio alcuni Psicologi, Assistenti sociali, operatori giuridici, operatori sanitari. Questo ha certo potuto aiutare: ma non ha consentito di cogliere il centro della problematica, pur evidenziandola, e ha fatto così mancare l'intervento specifico in quello che è il senso più profondo di ciò di cui nel merito la società ha bisogno oggi. Il bisogno è rimasto sostanzialmente insoddisfatto, e ha seguitato a farsi più grande e più acuto. Una disciplina dall'etimo antico Dobbiamo scontare, in apertura, quelle riserve che potrebbero rimandare a considerazioni superficiali e non pienamente provvedute a proposito dell'etimo del termine "Pedagogia" e derivati. La riflessione su tutto ciò che è materia educativa è uno dei non molti campi di studio che non si denominano con un termine caratterizzato dal suffisso "-logia", pur essendo indubbiamente anche un "logos". Anzi il suffisso "-agogia" è probabilmente una sorta di hapax legomenon, in questo termine e in alcuni termini strettamente correlati, cui accenneremo più avanti (Andragogia, Geragogia). Ci sono delle ragioni profonde per cui il discorso e la riflessione sull'educazione, come il teorizzare, il programmare e il trattare comunque di educazione, si chiamano con questo nome dall'etimologia anomala: "Pedagogia". Per comprenderlo, dobbiamo rifarci alla figura del "pedagogo" (paidagógos in greco, paedagogus in latrino), una figura delle età classiche che ha incontrato molteplici incarnazioni nella storia, di diversa dignità, sia alle origini che nei millenni successivi. Il termine astratto comparve dapprima in Latino ("Paedagogia", appunto) alle fine del secolo XV, e subito dopo nel tedesco Pädagogik. Comprendiamo allora come la Pedagogia rappresentasse fin dalle sue radici non solo il considerare e lo studiare l'educazione e il condurre riflessioni su di essa, ma anche ed innanzitutto un farsi carico dell'educando, un prendersene cura e un prenderselo a cuore, un condurlo in quelle situazioni sociali che si ritengono le più adatte e fattive e le maggiormente propizie possibili in quel preciso momento perché la sua educazione abbia luogo positivamente, ed altresì un vigilare e controllare su queste situazioni, un riscontrarne l'esito che ne consegue. In questo non deve indurci in un errore facile quanto fuorviante il fatto che nel termine compaia il verbo "ago" (che, comunque, non è "duco", per chi ami il latino). Al contrario, questo "agere" riguarda un rispetto della persona nell'educando, e un soddisfacimento delle sue esigenze primarie ed umanamente imprescindibili come lo sono quelle educative . In particolare, non c'è niente di dittatoriale, impositivo, oppressivo nel pensare e nell'agire pedagogico, per lo meno come l'intenderemo oggi. L'agire pedagogico è essenzialmente promozionale: si tratta di consentire al soggetto di porre in atto nel modo più pieno ed integrale possibile le sue personali potenzialità. Per far questo, bisogna anche collocare quel soggetto in situazioni tali che questa estrinsecazione, questa messa in atto, possa avere luogo nel modo più pieno, cioè che il soggetto possa evolvere culturalmente. Va tenuto presente, al riguardo, che queste situazioni sono in divenire continuo; un divenire nel cui processo il soggetto educando deve essere messo a regime come parte attiva, in grado di svolgervi il ruolo suo proprio. L'educazione è proiezione nel futuro Non si dà educazione, secondo la visione attuale di questa altissima prerogativa umana, se non previsionalmente, promozionalmente, in proiezione nel futuro. Queste caratteristiche sono fondative ed irrinunciabili nel "fare pedagogia", a qualunque livello. L'educazione va pensata, prima ancora che essere attuata, con riferimento organico all'evoluzione culturale, cioè ad un divenire sistematico, senza fine né fini; in particolare, tenendo conto organicamente della necessità del soggetto di essere attrezzato a vivere attivamente e positivamente tale divenire, e non a subirlo.
In un mondo in cui milioni di esseri umani lasciano le loro abitazioni per emigrare, le varie teologie non possono cavarsela con uno sguardo prevalentemente o esclusivamente pastorale e assistenziale. La teologia ebraica in Israele si è fatta, da tempo, operativa teologia politica definendo chi è ebreo e chi no, vale a dire chi è cittadino e chi no, con scarsa sensibilità ad una idea chiave come quella di galut, esilio/diaspora. In ambito islamico un controverso pensatore come Tariq Ramadan, per fare un esempio, va proprio cercando nuovi sguardi, nuove configurazioni teoriche per rispondere alle esigenze di una realtà che comprende moltitudini di europei islamici [1]. Solo una minoranza di teologie cristiane affronta il tema, la maggioranza parla d'altro.
La presente versione italiana degli Elementi di Teologia era corredata da alcune note, per la verità non molto numerose, e preceduta da una introduzione, ad opera dello stesso traduttore Michele Losacco: le une e l'altra scientificamente valide per l'epoca in cui furono redatte, ma oggi prive di reale interesse, soprattutto tenuto conto della disponibilità di edizioni critiche più recenti, rispetto a quelle utilizzate dal Losacco, dell'opera di Proclo.
LA TEOLOGIA IN DIALOGO CON LE CULTURE E LE RELIGIONI
Studia Patavina, 2015
In occasione di una allocuzione tenuta ad Ankara dinanzi alle autorità turche il 28 novembre 2014 papa Francesco esortava a prestare ciascuno la propria opera a favore della pace in Medio Oriente, manifestando la convinzione che « per raggiungere una meta tanto alta e urgente, un contributo importante può venire dal dialogo interreligioso e interculturale, così da bandire ogni forma di fondamentalismo e di terrorismo » 1. Notiamo che anche in quella circostanza il pontefice affidava al dialogo interreligioso e interculturale un compito assai arduo ma imprescindibile, contrassegnato altresí da una duplice valenza, ossia la promozione della pace e la rimozione di quanto le è di ostacolo. Una tale fiducia nei confronti della disposizione dialogica interreligiosa e interculturale appare ormai consolidata nel magistero pontificio, valendo peraltro da efficace stimolo e orientamento all'azione dei piú diversi organismi ecclesiali, a loro volta impegnati a indicare le linee direttrici di una cultura del dialogo 2. Anche le istituzioni deputate all'insegnamento e alla ricerca teologica sono invitate a offrire il loro contributo in funzione dialogica. Le Facoltà
VECCHI E NUOVI MODELLI DI ESEGESI TEOLOG
Francesco Capriglione VECCHI E NUOVI MODELLI DI ESEGESI TEOLOGICA: IL CASO RATZINGER L'esegesi biblica è stata, fin dalle sue origini, e tuttora continua, quasi sempre, ad essere un'esegesi teologica, che, quindi, riduce la filologia ad ancilla theologiae. Ciò è dovuto ad un insieme di fattori. In primo luogo, il fatto che quasi il 99% degli esegeti del testo biblico è costituito da teologi, da ecclesiastici e da credenti. In secondo luogo, la constatazione che il curriculum studiorum degli esegeti del testo biblico è talmente impegnativo (lingue classiche, lingue semitiche, filologia classica, filologia semitica, archeologia, epigrafia, papirologia, codicologia, ecc.) che questi costituiscono una élite molto striminzita. A tutto ciò si è aggiunta, negli ultimi decenni, la ricezione del paradigma gadameriano della precomprensione 1 , che ha portato a ritenere che il credente possa comprendere il testo biblico più a fondo del non credente: è come ritenere che possa comprendere più a fondo la Teogonia di Esiodo chi crede che Athena sia uscita dalla testa di Zeus. Perciò, di fronte alla riduzione della filologia ad ancilla theologiae e alla convinzione che la precomprensione di fede faccia comprendere più a fondo il testo biblico, mi sembra che l'esegesi teologica abbia i caratteri di un'esegesi parascientifica. Gli esegeti cattolici, in particolare, mettono costantemente l'esegesi teologica a fondamento sia dei modelli ermeneutici più "tradizionalisti", sia di quelli più "progressisti", come si evince dall'Intervento di papa Ratzinger alla XIV Congregazione Generale della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, il 14 ottobre 2008, allorché dichiarò: il lavoro per il mio libro su Gesù offre ampiamente l'occasione per vedere tutto il bene che ci viene dall'esegesi moderna, ma anche per riconoscerne i problemi e i rischi. [...] Perciò per la vita e per la missione della Chiesa, per il futuro della fede, è assolutamente necessario superare questo dualismo tra esegesi e teologia. La teologia biblica e la teologia sistematica sono due dimensioni di un'unica realtà, che chiamiamo teologia. Di conseguenza, mi sembra auspicabile che in una delle proposizioni si parli della necessità di tener presenti nell'esegesi i due livelli metodologici indicati dalla Dei Verbum 12, dove si parla della necessità di sviluppare una esegesi non solo 1 PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa, Prefazione di Joseph Ratzinger, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1993: "L'esegesi cattolica si avvicina agli scritti biblici con una precomprensione che unisce strettamente la moderna cultura scientifica e la tradizione religiosa proveniente da Israele e dalla comunità cristiana primitiva. La sua interpretazione si trova così in continuità con il dinamismo ermeneutico che si manifesta all'interno stesso della Bibbia e che si prolunga poi nella vita della Chiesa. Corrisponde all'esigenza di affinità vitale tra l'interprete e il suo oggetto, affinità che costituisce una delle condizioni di possibilità del lavoro esegetico. [...] Quando affrontano i testi biblici, gli esegeti hanno necessariamente una precomprensione. Nel caso dell'esegesi cattolica, si tratta di una precomprensione basata su certezze di fede: [...] Gli esegeti sono quindi orientati nella loro ricerca dalla riflessione dei teologi dogmatici sull'ispirazione della Scrittura"(pp. 78, 99).
LA FILOSOFIA DELLA SCIENZA IN ITALIA, OGGI
...negli ultimi decenni, all’interno della filosofia della scienza, si è notato un fenomeno che non si concilia facilmente con il ruolo che le viene attribuito. Ci riferiamo alla crescente frammentazione della filosofia della scienza. Le riflessioni sulla conoscenza scientifica in generale non sono certamente scomparse, ma hanno progressivamente ceduto il passo alle cosiddette “filosofie di...” (filosofia della fisica, della medicina, della biologia, dell’economia, ecc.) con una progressiva specializzazione anche nel campo dei filosofi della scienza. E’ un fenomeno che ha degli aspetti positivi, che vanno sicuramente riconosciuti. Tuttavia, si è arrivati ad un punto in cui gli stessi filosofi cominciano ad avere difficoltà a comunicare tra di loro. Anziché superare l’eccessiva (secondo molti) specializzazione dei saperi scientifici, la filosofia della scienza tende a riprodurli al suo interno. In questo modo, viene inevitabilmente meno la funzione di gettare un ponte tra la cultura umanistica e la cultura scientifica intese nel loro senso più generale e onnicomprensivo. Il seminario vuole fare il punto della situazione invitando circa quindici filosofi della scienza italiani che hanno svolto ricerche specialistiche nei più svariati campi scientifici...