La felicità dell'individuo e della comunità nel pensiero politico di Aristotele - Seminario per il corso di Storia del pensiero politico, Prof.ssa M. M. Sassi, a. a. 2016/2017 (Università di Pisa) (original) (raw)
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Felicità e scholê nel pensiero etico-politico di Aristotele
F. Eustacchi-M. Migliori (a cura di), Per la rinascita di un pensiero critico contemporaneo. Il contributo degli antichi, Mimesis/Askesis, Milano, 2017, 2017
FELICITÀ E SCHOLÊ NEL PENSIERO ETICO-POLITICO DI ARISTOTELE 1. Premessa «In Oriente è libero uno solo, il despota; in Grecia sono liberi alcuni; nella vita germanica tutti sono liberi, cioè vige il principio che l'uomo è libero in quanto uomo».
Bene comune e bene individuale da Aristotele ad Amartya Sen
Atti dell'Accademia Roveretana degli Agiati, 2023
Dalla seconda metà del Novecento si è manifestata in Occidente una rinnovata tendenza a proporre la domanda sulla natura della felicità da un punto di vista “politico”, con il fine di definire un progetto di realizzazione umana, e di elaborare un programma civile e sociale fondato su politiche pubbliche capaci di porre al centro la felicità ed il bene dei cittadini. Nell’ambito di tali indagini, e come dimostra la ripresa novecentesca della filosofia della prassi, la filosofia aristotelica è risultata decisiva, sia come punto di riferimento storico che come spunto metodico. Per quanto concerne, in particolare, il problema del rapporto fra la felicità del singolo e il “bene comune”, è interessante notare l’influenza che l’aristotelismo ha avuto sull’economista Amartya Sen, che si ispirò alle teorie aristoteliche per elaborare il proprio programma civile, economico e sociale, fondato su politiche pubbliche capaci di porre al centro la felicità ed il benessere dei cittadini. Il presente articolo, muovendo dall’analisi del capability approach, si propone di mostrare la dipendenza dell’economista dal filosofo di Stagira, ponendo una precipua attenzione al problema della reale attuazione del bene pratico. Aristotele, Amartya Sen, felicità, bene individuale. From the second half of the twentieth century, there has been a tendency to pose the question about the nature of happiness from a “political” point of view. we purpose of this attitude was to define a project of human fulfillment, but also to work out a civil and social program based on public policies capable of placing happiness and the good of citizens at the center of the issue. In the context of these investigations, as the twentieth-century revival of the philosophy of praxis shows, Aristotelian philosophy was decisive, both as a historical reference point and as a methodical cue. In particular, with regard to the problem of the relationship between the happiness of the individual and the “common good”, it is interesting to remark the influence Aristotelianism had on economist Amartya Sen, who drew inspiration from Aristotelian theories to elaborate his own civic, economic and social program, based on public policies capable of placing the happiness and well-being of citizens at the center. wis article aims to show the Sen’s dependence on the Stagira philosopher, moving from the analysis of capability approach and focusing on the issue of the actual implementation of the practical good. Aristotle, Amartya Sen, happiness, Individual good.
Dalla metà degli anni settanta il tema della felicità sembra aver perso la sua dimensione pubblica per essere sempre più declinato in termini individualistici. Come pensare il modo in cui la ricerca della felicità, come dimensione utopica e non solo, possa tornare a essere progetto collettivo? Come restituire senso all’espressione “felicità della politica”? Scegliendo il genere come categoria innovativa e ripercorrendo nel lungo periodo i movimenti delle donne e il loro pensiero, dove il “privato” non è mai disgiunto dalla sua dimensione pubblica e politica, il libro reca un apporto originale al dibattito contemporaneo sulla possibilità della politica di tornare a essere partecipazione, attenzione ai valori della giustizia, dell’eguaglianza e della libertà, strumento di felicità pubblica. SOMMARIO Enrica Asquer, Anna Scattigno, Elisabetta Vezzosi 7 Premessa. Genere e felicità: contraddizioni Raffaella Baritono 13 Felicità della politica/Politica della felicità: un’introduzione al tema Simonetta Soldani 29 Per un lessico dei sentimenti della politica. Le donne nel Regno d’Italia Alessandra Pescarolo 45 Passione politica e felicità privata nell’Italia del secondo Novecento Annalisa Furia 61 La misura della felicità. Il compito della politica secondo Martha C. Nussbaum Elena Borghi 79 «Protect earth, celebrate life». Movimenti delle donne e politica della vita nell’India contemporanea (1880-1980) Laura Calafà 97 La promozione del benessere nel diritto del lavoro gender oriented Marta Gianello 115 Felicità oppressive. Il pensiero di Audre Lorde 133 Profilo delle autrici 137 Indice dei nomi
L'uomo buono e il buon cittadino nel III libro della "Politica" di Aristotele
2018
This essay is devoted to the weighty problem that is introduced at the beginning of chapter 4 of Aristotle’s book III of the politics. This is the question of whether it is possible or not to identify the virtue of the «good man (aner agathos)» with that of the «worthy citizen (polites spoudaios)» (1276b16-18). Aristotle had just scientifically established what defines the bounds between each citizen and his city. On the one hand, the citizen is he who plays an active role in the government of the city. On the other hand, the city has the power to «fashion» the citizen in its own image and, therefore, to ask him to conform to its constitution. The possibility that what is required of the «worthy citizen» may go against the virtue of the «good man» creates a fracture between the political dimension and the ethical one. The latter was the area in which Aristotle depicted his ideal of man, which corresponds to the full realization of the zoon politikon. Now, if we opt for the possibili...
La vita politica e la vita contemplativaa nella concezione aristotelica della felicità
agli animali e alle piante. Quello che è proprio di un ergon ha un'arete corrispondente, una dote o una modalità per ben realizzarla. Negli uomini l'arete coincide, naturalmente, con la virtù. (...) Aristotele rifiuta la virtù quale candidato alla felicità, ma l'accetta quale proprio candidato all'attività virtuosa di tutta la vita. (...) Lo Stagirita ritiene che sia di rilevanza cruciale che la felicità sia l'attività virtuosa e non solo lo stato dell'essere virtuosi.", Annas 1997: 502.
Sulla felicità in Aristotele: due diversi punti di vista e un confronto con S. Tommaso
La filosofia di Aristotele è sempre stata una filosofia molto pratica, non da meno lo è nell'Etica Nicomachea, testo fondamentale per la nascita della civiltà occidentale come la conosciamo oggi. Nel chiedersi come una persona giusta debba comportarsi per raggiungere la felicità, però, Aristotele lascia adito a dubbi che vengono risolti in due posizioni divergenti. Le esauriremo nei primi paragrafi, citando direttamente dal testo, e cercheremo una sintesi nell'opinione di J.L. Ackrill. Illustreremo poi il pensiero di San Tommaso d'Aquino, noto commentatore aristotelico e concluderemo con un pensiero di chi scrive.
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Scopo generale di questo saggio è quello di mettere in luce la coesistenza di immagini dell'assoluto e del relativo nella visione aristotelica del bene umano, con particolare riferimento al primo libro dell'Etica Nicomachea. Suggerirò che " assoluto " e " relativo " , in un simile contesto, operano come figure concettuali che facilitano il compito di ricostruire (almeno in parte) l'ampia varietà di prospettive di analisi sulla questione introdotte da Aristotele nell'opera in esame, senza tuttavia fornire una visione univoca del bene in questione. Nella prima parte del presente contributo indagherò il sommo bene in termini di " fine ultimo " ; osservando come la trattazione di tale proprietà richieda l'impiego di un paragone tra quest'ultimo e i fini ad esso subordinati. Nella seconda sezione tratterò l'argomento della " funzione umana " , osservando come Aristotele riponga nella visione del bene corrispondente l'aspettativa di un paradigma normativo per l'agire umano dotato di una validità assoluta, anziché semplicemente soggettiva. Concluderò la discussione riflettendo sulla sostanziale indeterminatezza che caratterizza la trattazione del bene umano in EN I, 7.