A. Sabetta, Rivelazione, Cittadella, Assisi 2016, 180pp (original) (raw)
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In Impegno, 28 (2017) 2
Un San Michele arcangelo di Romolo Balsimelli
scorrere il corposo catalogo delle sculture del Mu-A seo N azionale di San Martino non poche sono quelle che attendono ancora oggi una più adeguata ricognizione critica. È il caso, tra le opere di maggior pregio collocate in parte nei suggestivi "sotterranei" gotici dell'ex complesso certosino, in parte ricoverate nei vicini depositi, di un interessante altorilievo cinquecentesco in marmo bianco -in realtà quasi una scultura a tutto tondo -di ignota provenienza, raffigurante San Michele arcangelo (fig.
Rivista di Storia del Cristianesimo, 2021
L'elegante volume che la Fondazione Ezio Franceschini pubblica per la collana "La mistica cristiana tra oriente e occidente" (33) raccoglie otto contributi sul cuore, inteso sia come organo sia come sede dei sentimenti, in particolare dell'amore. La miscellanea si apre con una perlustrazione "cardiaca" in chiave teologica, L'estaticità del «cor» nelle «Confessiones» di Agostino (pp. 3-48) di Gaetano Lettieri, il quale analizza l'interpretazione agostiniana di cor sotto una prospettiva cristologica. Il cor è per il vescovo di Ippona, oltre che l'organo della vita spirituale, «l'estaticizzazione paolina della mens cristiano-platonica» (p. 47). Esso è considerato come un punto estatico che dipende dal Dono della Grazia: l'essere umano non può ottenere la redenzione con i propri mezzi perché la Grazia è libera, non condizionata da meriti o peccati. Nel cuore l'uomo confessa la propria debolezza e loda l'incommensurabile Dono della Grazia. Al «padre che studiava e curava il cuore con amore» Donatella Manzoli dedica il lavoro Per l'archeologia della rima cuore amore (pp. 49-74). La studiosa rileva la presenza della coppia rimante cuore-amore nella letteratura italiana delle sue origini, nei poeti della scuola siciliana e negli stilnovisti, e ne sottolinea la notevole fortuna nel Trecento per impulso di Petrarca. In una rapida divagazione musicale, dimostrato l'ingresso della rima dalla letteratura nella librettistica d'opera, Manzoli arriva a individuarne la presenza nella musica italiana dal xix sec. fino ai nostri giorni. Come emerge dall'interrogazione effettuata sul database mqdq, della coppia cor e amor risultano dieci occorrenze nella poesia latina classica, mentre essa ricorre con più frequenza nei poeti tardoantichi: dalle diciassette occorrenze in nove poeti si ricava che «il nesso», fatta eccezione per Draconzio (Orest. 155) e Massimiano (3, 12), «gravita sempre nell'orbita dell'amore per Dio» (p. 61), mentre nel solo Venanzio Fortunato si registrano sedici occorrenze, tra le quali spiccano le sei del nesso cordis amore, un «felice conio venanziano» (p. 66) che trova facile collocazione nel secondo emistichio del pentametro grazie al dattilo e al trocheo (non allo spondeo, come invece si legge a p. 66) che lo costituiscono. A differenza dei tardoantichi Venanzio, tranne in due casi (Carm. x, 6, 65-66 e Carm. app. xvi 5-8), impiega amor in riferimento al «sentimento verso esseri umani, come vescovi, dignitari, Agnese e Radegonda» (p. 67). Di Venanzio si sottolinea lo sperimentalismo espressivo consistente nel riuso di forme lessicali o di stilemi desunti dai classici e dai tardoantichi con una tale larghezza da divenire tessere esemplari per la produzione poetica latina posteriore-da Aldelmo di Malmesbury ai poeti carolingi fino a quelli dei secc. x-xiii-«e forse, per vie ancora da accertare, anche per i poeti in lingua italiana» (p. 67). I risultati cui perviene Manzoli sono confermati dai numerosi casi in cui amor nella produzione classica è associato a pectus, il termine che statisticamente più di cor indica la sede dei sentimenti; proprio questi casi illuminano il senso di espressioni venanziane quali meo … corde tenendus amor (Carm. iii, 24, 6), interiora mei cordis amore tenes (Carm. ix, 10, 2), corda ligabat amor (Carm. iv, 9, 16) e cuius (scil. Christi) amore sacro corda ligata manent (Carm. app. xvi, 8), espressioni che poggiano tutte sull'immagine elegiaca dell'amore che risiede nel cuore (cfr. ad es. Ov., Am. i, 1, 26 … in uacuo pectore regnat Amor; 2, 8 … possessa ferus pectora uersat Amor; Rem.
Chiesa Nunziatella -Incontri 16 16.pdf
Dal racconto dello storiografo ufficiale della Real Casa D'Aragona, Hyeronimo Curita Castro de Olivan, emergerebbe che il Re di Sicilia Federico III ( 1296-1337) morì presso la chiesa di San Giovanni Gerosolimitano in contrada " Mezzocampo" nel territorio di Misterbianco che successivamente venne chiamata " Della Nunziatella", prima di essere distrutta nel 1853 dai Catanesi.
Teologia visiva. Alberto da Padova e Giotto
This is an expanded version of a review article published in the April issue of "Padova e il suo territorio". It mainly deals with one of the articles in the volume reviewed, on the Augustinians in Padua at the time of Giotto. It discusses Giuliano Pisani's interpretation of the Giotto's cycle of the Scrovegni. According to Pisani, Giotto was very much influenced by Alberto da Padova's theology. It is interpretation that challenges old views of the cycle, the best preserved cycle of Medieval frescoes in the world, namely that of Chiara Frugoni. Pisani analyses in depth the significance, for instance, of virtues and relevant vices, in a cycle of Salvation, arguing that the same hyerarchy is derived from Alberto (a so far little known theologian), hence from Augustine. The entire volume opens a new chapter in the understanding of pre-Venetian Padua, a most lively intellectual environment, as demonstrated by Roland Witt inter alios.
I segni della fine. Storia di un predicatore nell’Italia del Rinascimento, Roma, Viella, 2021
Il 18 dicembre 1513, dal pulpito di Santa Croce, il predicatore Francesco da Montepulciano profetizzò una serie di sciagure che avrebbero colpito Firenze. L’episodio impressionò i contemporanei, afflitti da guerre e epidemie, ma è stato ridotto dalla critica a un’eco delle idee di Girolamo Savonarola. Grazie a una ricerca di prima mano su documenti e manoscritti, Michele Lodone mostra il peso di una tradizione diversa, e il rifiorire di attese apocalittiche coltivate per secoli ai margini dell’ordine francescano. Le varie emozioni di chi ascoltò la predica (paura, preoccupazione, scetticismo), consentono all’autore di illuminare in modo originale la parzialità e soggettività di ogni testimonianza. Seguendo le tracce di Francesco attraverso fonti disparate, il libro mostra l’evoluzione di un uomo che, prima di trasformarsi in profeta, era stato eremita e predicatore di pace, e aveva tentato, alla vigilia della Riforma che divise il mondo cristiano, di riformare almeno se stesso e i propri compagni.