LA CREAZIONE DELLA VIGNANELLO BAROCCA (1681-1731).pdf (original) (raw)

L’ORIGINE DEI BURONZO DI ASIGLIANO ATTRAVERSO LA CARRIERA DI GIOVAN FRANCESCO (XVI-XVII SECOLO)

BOLLETTINO STORICO VERCELLESE 92 anno XLVIII, 2019

As part of the studies on early modern Italian nobility in the Early Modern Age, this paper analyses a specific case study: the Buronzo delle Donne conti di Asigliano. The origins of this family’s branch have never been studied: for this reason, this article focuses on the rise of the first Count of Asigliano, Giovan Francesco, starting from his affiliation to the family. The study of this branch is particularly interesting: it concerns the affiliation to the family of a member who is external to kinship and closely touches problems related to definition of nobility from the points of view of the city, of the province and of the State.

LA SICILIA DEI VICERé NELL'ETà DEGLI ASBURGO (1516-1700

A cura di stefano Piazza | LA SICILIA DEI VICERé NELL'ETà DEGLI ASBURGO (1516-1700) € 22,00 Edizioni Caracol Frammenti di Storia e Architettura -D (Documenti) Collana diretta da Marco Rosario Nobile Comitato scientifico della collana:

STORIA DELLE ANTICHE MOLE BARONALI DI ASCREA, PAGANICO, COLLALTO E MARCETELLI (1289-1945

Dalla prima metà dell'Ottocento e sino agli inizi degli anni '30 del Novecento alcune piccole comunità dell'alta valle del Turano (1) vissero un breve ma intenso sviluppo economico e sociale reso possibile, soprattutto, dall'incremento della pastorizia, dall'allevamento, dall'agricoltura e da alcune tipiche attività artigianali (2). Ma tale sviluppo s'arresto drasticamente sul finire degli anni '30 per effetto del colpo mortale inferto alle sue antichissime popolazioni dal regime fascista, che le saccheggiò della gran parte dei migliori terreni agricoli per fare spazio ad un'inutile bacino artificiale ed alla sua diga costruita a Stipes (3). Non soltanto tali opere "grandiose", così fascisticamente enfatizzate dalla propaganda di regime, sono costate ai contribuenti italiani d'allora un'enormità ma non hanno prodotto alcun vero progresso o beneficio a tutti quei paesi che si affacciano sulle acque del fiume: al contrario, hanno causato enormi ed incalcolabili danni economici, morali e culturali a centinaia di agricoltori ed alle loro famiglie, hanno prodotto una disoccupazione insanabile, da generazioni, costringendo migliaia di famiglie ad emigrare in terre lontane per sopravvivere, e come se tutto ciò non bastasse, hanno eroso all'intera collettività le memorie storiche di cui questa terra era ricca. Cosa ancora più grave, ed a mio avviso da non sottovalutare, è che la creazione del bacino idroelettrico del Turano -tra l'altro oggi estremamente pericoloso tenuto conto sia delle vecchie tecnologie usate nella costruzione e sia dell'alta sismicità di questi territori -sommate alla perenne mancanza di concrete politiche occupazionali a sostegno delle popolazioni locali, ha innestato un'inarrestabile processo di spopolamento di questi piccoli comuni, determinandone l'inevitabile scomparsa. Vedere oggi, agosto 2012, ciò che resta di quei magnifici campi sapientemente coltivati prima della realizzazione dell'invaso artificiale, rattrista molto; paradossalmente, se in passato era l'uomo che sottraeva terreni da colonizzare ai boschi per le sue necessità, oggi, al contrario, su quei terreni la natura sta riprendendosi ciò che le era stato tolto. In questa parte dell'antica terra sabina, fra le ricchezze naturali, vi è sempre stata senza dubbio l'abbondanza dei corsi d'acqua che in primavera, allo sciogliersi delle prime nevi, scorrono prepotentemente dalle alture circostanti per andare ad alimentare l'antico fiume Turano; la sua particolare orografia ha favorito, sin dall'antichità, la costruzione di vari tipi di mulini adatti alle diverse necessità delle popolazioni locali. Nel vasto territorio dell'antica baronia imperiale di Collalto, che comprendeva, oltre a questo castello, quelli di Paganico, Collegiove, Nespolo, Ricetto, S. Lorenzo, Marcetelli, l'esistenza di una piccola rete di mulini a grano è sufficientemente documentata, soprattutto nella stretta gola naturale dell'Ovito (4), tra i paesi di Paganico Sabino ed Ascrea (paese che per un certo periodo fece anch'esso parte della baronia) dove ne ritroviamo attivi addirittura quattro, molto vicini uno all'altro, con un grande granaio (che servì probabilmen-Sansone di Carl Bloch, Roma 1863 Macinatrice egiziana, Museo archeologico di Firenze Funzionamento delle mole di O. Strada

IL RIFORMISMO NAPOLETANO DEL SECONDO XVIII SECOLO NELL’EVERSIONE DEL POTERE BARONALE

ISTITUZIONI DIRITTO ECONOMIA, 2019

Il riformismo napoletano della seconda metà del Settecento si concretizza attraverso l’opera teorica, l’insegnamento universitario e l’azione sia politica, sia pratica di diversi intellettuali che si interrogheranno su quali fossero i principali ostacoli allo sviluppo economico e sociale del Regno, cercando di porre in essere quelle necessarie riforme. Attraverso l’analisi delle posizioni politiche e dottrinali di alcuni protagonisti della vita culturale regnicola del secondo XVIII secolo, si cerca di dare un quadro della vivacità intellettuale del tempo, soprattutto attraverso l’esposizione della polemica antibaronale che sfocerà nelle riforme degli anni Novanta.

IL BOCCALE DI SAN ROCCO TRA CULTO E ARTIGIANATO

2018

Ogni anno dal 12 al 16 Agosto si rinnova la tradizione del culto verso San Rocco. La devozione è talmente forte che Roccamontepiano, in provincia di Chieti, si riempie di migliaia di persone che accorrono da tutta la regione, per ottenere la benedizione del santo e usufruire dei poteri taumaturgici della fonte a lui dedicata. La festa si protrae per diversi giorni trasformando il paese in un luogo brulicante di persone, voci, rumori, odori e fuochi d'artificio. L'attuale edificio, realizzato negli anni cinquanta, sostituisce una precedente chiesa sopravvissuta alla grande frana del 1765 costruita a metà Seicento, probabilmente in occasione dell'epidemia di peste che afflisse il Regno di Napoli nel 1654. Ogni culto religioso è legato a precise condizioni materiali. E' questo anche il caso del culto di S. Rocco nel Mezzogiorno d'Italia e in particolare negli Abruzzi. Questo culto sembra seguire, quasi inseguire, le piaghe storiche che si sono diffuse nella nostra regione e una in particolare: la peste. Non c'è sempre una precisa corrispondenza, tuttavia il culto di S. Rocco si manifesta più frequentemente nei luoghi colpiti duramente da questo flagello. Nell'incisione un tipico abbigliamento indossato dai medici nel Seicento. Consisteva in una lunga tunica che arriva fino alle calzature, un paio di guanti, un cappello a tesa larga e, davanti al viso, una maschera lunga a forma di