Pastori sediziosi. Un ‘topos’ del dissenso nell’epica di Cinque e Seicento (original) (raw)
Anche l’epica, che dello Stato è strumento culturale per l’organizzazione del consenso (come studiato da Quint, ‘Epic and empire’), ammette nel suo perimetro a prima vista compatto infiltrazioni di critica e risentimento nei confronti del potere. Nel caso italiano, già a partire da Ariosto, e quindi, in maniera più compiuta, da Tasso, si sviluppa una topica del dissenso alla vita di corte, necessaria per isolare le zone di conflitto tra l’intellettuale e il mecenate, e per limitare le potenzialità disgreganti sul tessuto ideologico dell’opera. La finzione più in uso è quella del pastore, figura auctoris che consente una sortita dall’impersonalità del racconto epico e un ritorno sulla scena della prima persona del poeta. Questo strumento del racconto – studiabile attraverso una teoria della violenza desumibile da Butler, ‘Precarious life’ – dalla Gerusalemme liberata transita all’epica del Seicento e viene usato con una frequenza tale da consentire di parlarne come un topos. Nel corso del tempo, a partire dagli stessi modelli e dalle stesse forme, si arricchisce di nuove caratteristiche: i poemi di Bracciolini e Graziani, e il caso limite di Stigliani, mostrano il venir meno degli equilibri rinascimentali e preludono a un più aperto dissenso della critica alla corte.
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"La fabbrica del dissenso" in Periodici del Novecento e del Duemila
Le affinità sul piano produttivo evidenziano per contrasto sia una profonda differenza di orientamento ideologico, sia una differente capacità di porsi in sintonia con altri ambiti dell'espressione artistica non necessariamente contigui. Si prendano ad esempio i significativi punti di contatto tra alcuni esponenti di spicco dei Novissimi -in particolare Sanguineti -e l'area dell'Informale, dal Movimento nucleare fondato da E. Baj e J. Colombo a Milano agli inizi del decennio, al napoletano Gruppo 58, già attivo a partire dal 1952-1953. 7 L. Manconi, Officina tuttofare. Intervista a Roberto Roversi, poeta e scrittore, in «Panorama», 17 marzo 1985.
Criticare l'autorità del papa: disagio sociale, dissenso religioso e politico fra Sei e Settecento
La crisi della modernità. studi in onore di Gianvittorio Signorotto a cura di Matteo Al Kalak, Lorenzo Ferrari, Elena Fumagalli, 2023
Un’analisi di alcuni documenti conservati nell’archivio della Congregazione per la dottrina della Fede permette sottolineare elementi di continuità e rilevare differenze con quei filoni di critica verso l’autorità pontificia. Il termine ‘Anticlericalismo’, che compare in diversi testi che si sono occupati di forme di critica o dissenso, appare però improprio e anacronistico, usato da storici dell’età moderna per sottolineare e comprendere un diffuso e articolato atteggiamento negativo verso il clero, il papa, il potere pontificio nelle sue due ‘anime’, temporale e spirituale. Ma l’anticlericalismo non ha sempre un significato negativo: è anche stato definito un “agente di cambiamento”, un elemento che mostra una tensione verso una riforma. È quindi polisemico nelle sue declinazioni, da non confondere con l’irreligiosità, soprattutto se usato per decifrare situazioni e posizioni che si espressero nell’età moderna. In linea generale manifesta un’insofferenza verso l’onnipotenza del clero e pretende di fissare una divisione fra spirituale e temporale; criticare comportamenti attribuiti in generale al clero o a persone specifiche; discutere dogmi, pratiche religiose non solo per rifiuto, ma per una purificazione di esse. Finora l’attenzione si è focalizzata soprattutto sul Cinquecento, mettendo in relazione l’anticlericalismo con la Riforma e la sua diffusione. La documentazione qui proposta illustra invece difficoltà da parte dell’organismo inquisitoriale a controllare e reprimere espressioni di critica, anche feroce, che trovavano origine da malessere e tensioni sociali, familiari piuttosto che da convinzioni eterodosse.
Espressioni di dissenso nell'interazione tra il papato e i capitoli cattedrali
Manifestare e contrastare il dissenso (sec. XI-XIV), 2023
The complex interactions between the papacy and cathedral chapters have been investigated by historians more than once. These relations were strongly marked by the tension between norm and practice, as the conferring of benefices by the Apostolic See on clerics clearly shows. The manifestation of dissent outlined in this contribution is inserted in the space left free in the dialectic between norm and practice. The analysis of some cases of resistance that cathedral chapters showed to papal provisions for the clerics belonging to the papal chapel during Innocent III’s pontificate highlights how the manifestation of dissent must be interpreted primarily as an integral part of the interaction between a plurality of subjects. It was above all the necessity of the cathedral chapters to participate in the decision-making processes regarding the conferring of prebends that provoked the manifestation of dissent from the papal directives.
Icona della chiesa, «figura» di Maria. Giuditta nell’epica italiana tra Cinque e Seicento
Lara Vilà (ed.) Estudios sobre la tradición épica occidental (Edad Media y Renacimiento) Seminario de poética del Renacimiento Universitat Autònoma de Barcelona Universidad Carlos III de Madrid editorial caronte madrid - bellaterra MMXI Seminario de Poética del Renacimiento Instituto de Estudios Clásicos Lucio Anneo Séneca de la Universidad Carlos III de Madrid © Lara Vilà ISBN: 978-84-89315-57-0
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Chiesa e società a Pordenone: il Cinquecento, in Gentilhomeni, artieri e merchatanti. Cultura materiale e vita quotidiana nel Friuli occidentale al tempo dell'Amalteo (1505-1588), catalogo della mostra, Pordenone, 2005, pp. 87-96