"Sotto specie umana" e "Dottrina dell'estremo principiante", in "Nel mondo di Mario Luzi. Guida di lettura", Roma, Ensemble, 2016 (original) (raw)

di Fabrizio Miliucci Con l'ultima stagione luziana, che comprende le due opere Sotto specie umana (Luzi 1999) e Dottrina dell'estremo principiante (Luzi 2004), siamo nel campo della cronaca più che della storia letteraria. È difficile infatti trovare, anche nella quantità di voci che sempre accompagna il lavoro del poeta fiorentino, una sistemazione articolata della produzione posteriore a Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994), su cui anche il «Meridiano» curato da Stefano Verdino (Luzi 1998) si concludeva. Ciononostante, non mancano testimonianze e letture critiche che descrivono la stagione conclusiva come l'approdo organico di una progetto «generoso più che ambizioso» (Cavallini 2002, 389), in cui il poeta è indotto ad aprire ulteriormente le maglie della sua ispirazione, facendosi «sublime e umile cronista dell'Essere in movimento» (Berardinelli 2001, p. 130). Il grande stile luziano, che sembra non aver limiti nella comprensione di uno sguardo mai come ora cosmico, panico, è stato recepito come il flusso di una coscienza in cui si rifondono i motivi delle passate stagioni, diluendosi con nuove inquietudini e slanci di speranza che donano alla forma poetica una facies caratterizzata dalla divisione dei libri in "capitoli leggeri", volti alla continuità di un discorso ininterrotto, giocato, al pari che in altri poeti della stessa generazione, sull'espediente di una, in questo caso sottile, mimesi del genere lirico.