I Parti (e e le regalità greco-battriane e indo-greche) in Pompeo Trogo/Giustino, tra etnografia e storiografia, in A. Galimberti - G. Zecchini (a cura di), Studi sull’Epitome di Giustino. III. Il tardo Ellenismo. I Parti e i Romani, Milano 2016, pp. 117-147 (original) (raw)
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Pochi passi nell'opera di Tito Livio sono conosciuti come l'excursus del IX libro 1 . Partendo dalle vicende e dall'elogio di Papirio Cursore, lo storico patavino trae lo spunto per proporre un interessante e ben noto esempio di storia 'controfattuale' (quale sarebbe stata la sorte dello Stato romano se si fosse combattuto con Alessandro Magno). In tale contesto fortemente polemico, intriso di reminiscenze retoriche, spicca la violenta invettiva contro quei Greci che esaltano le vicende e la figura del Macedone a scapito della grandezza di Roma e che, del tutto stoltamente, sono favorevoli anche alla gloria dei Parti contro il nomen Romanum 2 .
La rivoluzione greca destò nella corte di Napoli forti preoccupazioni; si temeva fosse possibile un collegamento fra liberali del mezzogiorno e insorti ellenici. Si pensava che la Terra d’Otranto, per la sua prossimità alla Grecia, fosse la provincia più esposta a un possibile contagio rivoluzionario; i moti carbonari, avviatisi per impulso dei sottotenenti Morelli e Silvati il 2 luglio 1820 avevano costretto, il 7 luglio successivo, Ferdinando I a concedere la costituzione spagnola. Nel gennaio 1821 il re, nel Congresso di Lubiana, chiese l’intervento austriaco che determinerà la fine della breve stagione liberale. Nel Salento l’eco dei moti del 1820 non era certo spenta; i carbonari, scampati alla reazione governativa, non erano sicuramente indifferenti agli sforzi dei greci e speravano nella loro vittoria . Nell’agosto del 1821 “numerosi manifesti furono trovati affissi in Brindisi e in Francavilla. Vi si leggeva che la Grecia, entrata in guerra con la Turchia per la sua emancipazione, vinceva ovunque protetta dalla Russia".
SVMMARIVM - De historicis et litterarum studiosis, qui apud Antigonum Monoculum erant convivioque Medii interfuerant, ut Liber de morte Alexandri Magni tradit, disseritur. Inter hos Nearchus Cretensis quoque erat, qui in suo historico opere multum se ipsum laudaverat, non ut de veneficio regis Alexandri Magni se excusaret, sed ut –mea sententia- aliam novam regiam sibi inveniret. ABSTRACT - Some historians and scholars, who were at the court of Antigonos the One-Eyed, took part also in the Medius’ dinner, as we know from the Liber de morte Alexandri Magni. Nearchus of Crete was between them and he praised himself in his historiographical work, in my opinion, for finding, after the death of Alexander the Great, a new royal court where to live and not for defending himself from the accusation of poisoning.
2022
A certain Athenodorus, author of Περίπατοι, is mentioned by Diogenes Laertius as the source of four anecdotes about philosophers of the Classical and early Hellenistic age. We possess no other information about this work and critics have long wondered whether the character can be identified with one of the otherwise known ‘Athenodorus’. The present contribution aims to re-examine this question, starting with the content of the anecdotes preserved by Diogenes
Iuris Antiqui Historia, 2019
Nel percorrere il lungo sviluppo della concezione dell'Aeternitas, dalla nascita di Roma alla fine dell'Impero, un momento significativo è costituito dalla svolta augustea, quando il princeps, accentuando il valore degli antichi culti di Roma e travagliato dal problema della successione, diede visibilità a Vesta, ponendone la statua nella sua Domus, determinando così ambiguamente una commistione tra privato e pubblico, tra 'corpo' del principe e 'corpo' dello Stato, tra la propria posizione istituzionale e la propria casata. Così l'Aeternitas, che era di Roma, si trasmise all'imperatore e ai suoi discendenti, collegandosi ad uno dei più importanti e persistenti simboli della tradizione politica greco-romana. In traversing the long development of the conception of Aeternitas, from the birth of Rome to the end of the Empire, a significant moment is represented by the Augustan turning point, when the princeps, emphasizing the value of the ancient cults of Rome and troubled by the problem of succession, gave visibility to Vesta, placing the statue in his Domus, thus ambiguously determining a mixture of private and public, between the prince's 'body' and the 'body' of the State, between his own institutional position and his own house. Thus Aeternitas, which was from Rome, was transmitted to the emperor and his descendants, connecting to one of the most important and persistent symbols of the Greek-Roman political tradition. .KEY-WORDS Aeternitas Augusti, Aeternitas Imperii, Roma Aeterna.