Il fregio nei palazzi romani del Cinquecento. Studi, progetti, modelli nella bottega (original) (raw)
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Osservazioni sul fregio della villa romana della Farnesina
AION 13-14, 2006-2007 The article re-examines certain painted scenes in the black salon of the Villa of the Farnesina, dated to ca. 20 BCE, proposing a new interpretation of the frieze, which seems to follow the adventurous story, constructed by incremental additions of narrative elements, of 2 or 3 male characters (and their women?) of humble social condition. The true protagonists of the representation thus appears to be the 'common people', rather than, as most scholars believe, a pharaoh "of proverbial justice".The frieze sophisticatedly juxtaposes the lower-class characters it depicts with the cultivated and wordly style in which it is painted, marked by a rapid technique and vivid, changing colors stainding out against the dark background, an important testimony of the role of genres in stylistic languages. The narrative function of color in this painting is also remarkable. Besides contributing to establish an atmosphere for the story, colors are employed to facilitate ist reading by helping to identify the same characters in different scenes. Finally, the article discusses - for the methodological conclusions that can be drawn from it - the urban columbarium of C. Scribonius Menophilus, which reproduces some of the scenes in the frieze.
Palazzi con botteghe (nell)a Roma moderna
scrive il primo trattato di architettura dell'età moderna, redatto in lingua latina e classicamente intitolato De Re Aedificatoria 1 guarda alla realtà sociale del suo tempo con una prospettiva obliqua, ovvero attraverso il filtro di quella che Paolo Portoghesi ha definito "una cultura in bilico tra l'esperienza cittadina e il mito cortigiano". 2 Da un lato dunque il grande umanista è affascinato dal mito cortigiano, universalistico e nutrito dell'ideale classico della renovatio imperii: un mito che nell'Italia del Quattrocento contende con la moderna spregiudicatezza della borghesia mercantile, prosperata nella città tardomedievale e carica di orgoglio cittadino. Alberti, d'altra parte, è orgoglioso figlio di questo ceto operoso e squisitamente urbano, pragmatico e fiero del suo fare: lo attestano numerosi passaggi del suo trattato d'architettura e soprattutto il dialogo filosofico I Libri della Famiglia, redatto in volgare negli anni trenta del Quattrocento. 3 La sintonia con le consuetudini e con le esigenze del ceto mercantile si disegna in nitida filigrana nel Libro Quinto del De Re Aedificatoria, 4 in un passaggio che affronta proprio il tema che qui ci interessa, cioè il rapporto tra palazzo e bottega nell'età moderna. Dedicato agli edifici dei particolari (contrapposti a quelli pubblici), il Libro Quinto descrive, tra gli altri, i caratteri distintivi delle residenze di città dei cittadini più agiati. Alberti approfitta di questo passo per suggerire il principio della "convenientia", cioè della conformità di un'architettura con le esigenze di rappresentazione sociale del committente. Un principio questo 127 1 L.B. Alberti, De Re Aedificatoria, ed. cons. a cura di G. Orlandi e P. Portoghesi, Edizioni Il Polifilo, Milano 1966, 2 voll. 2 P. Portoghesi, Introduzione, Ivi, I, p. XV. 3 L.B. Alberti, I Libri della famiglia, ed. cons. a cura di R. Romano e A. Tenenti, Einaudi, Torino 1969, nel capitolo terzo, dove è argomentato l'elogio della masserizia, ovvero dei beni materiali, si afferma che il denaro è "di tutte le cose o radice, o esca, o nutrimento", p. 299. 4 L.B. Alberti, De Re Aedificatoria, cit., De Singulorum Operibus Liber Quintus, pp. 332-439.
Antiche terme e palazzi "moderni" a Roma tra Cinque e Seicento
Documents inedits sur les Thermes d'Agrippa, le Pantheon et les Thermes de Diocletien, Lausanne 1883; G. LUGLI, I monumenti antichi di Roma e suburbio, III, Roma 1938, pp. 151-157. 3 R. LANCIANI, Il nuovo frammento della 'Forma Urbis' e le terme di Agrippa, in «Bul lettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma», XXIV, 1901, pp. 3-19. 4 P. GROS, L'architecture romaine du debut du III e siècle av. J.C. à la fin du Haut Empire, II, Paris 1996-2001, p. 395.
Nell'ambito del più ampio fenomeno della decorazione gentilizia nel ventennio compreso tra il 1540 e il 1560 una fitta catena di relazioni familiari e politico - curiali irradiate intorno alla figura di papa Paolo III Farnese è stata il presupposto di numerose commissioni per la realizzazione di cantieri di decorazione ad affresco in contesti urbani e suburbani, a Roma e nei dintorni: dalla considerazione di quattordici committenti farnesiani emerge, infatti, come nove personaggi hanno attribuito l'incarico a Perino del Vaga, alla sua bottega o ad artisti che con diverse modalità gli gravitano attorno; inoltre, osservando quindici residenze riconducibili a tale ambito si nota che in sette palazzi (quattro della famiglia Farnese e tre della relativa cerchia) ricorre lo stesso tema desunto dall'antico, quello del corteo di figure danzanti. Lo studio evidenzia così alcune ricorrenze qualificanti e peculiari dei cantieri pittorici farnesiani favorendo la ricostruzione delle dinamiche generali della complessa macchina del lavoro artistico in questi anni.
Libro de viva pietra. Studi sul fregio della facciata del Palazzo Ducale di Urbino, 2023
https://press.uniurb.it/index.php/urbinoelaprospettiva/catalog/book/25 Nell’ambito dell’eccezionale complesso architettonico del palazzo ducale di Urbino, esito di molteplici vicende costruttive e artistiche non ancora del tutto chiarite, la «facciata ad ali» è il volto con cui la dimora del principe si relaziona alla città, nel dialogo con gli altri edifici sulla platea magna. L’analisi della sua originale configurazione, attribuita a Francesco di Giorgio Martini (1439-1501) e appartenente alla terza fase realizzativa della fabbrica quattrocentesca (post 1474), consente una lettura aggiornata del linguaggio architettonico adottato, alla luce dei contributi recenti e delle problematiche rimaste aperte. In tale contesto un ruolo significativo è riconosciuto al «fregio dell’arte della guerra», costituito da 72 formelle scolpite raffiguranti macchine antiche e moderne che originariamente decoravano la spalliera del sedile basamentale. Con l’intento di puntualizzare le relazioni che il fregio instaura con i singoli elementi architettonici e con l’intero prospetto nel suo insieme, si coglie l’opportunità di riflettere sul valore delle soluzioni adottate e, più in generale, sulla complessità delle stratificazioni che, addensandosi nella facciata, la rendono una chiara esemplificazione del carattere del palazzo.
All'interno del recinto che delimita la collezione archeologica affissa alla parete della rimessa di Villa Censi Mancia ad Albacina 2 , frazione di Fabriano (AN), posato al suolo si trova, oltre ad un grande dolio 3 , un blocco pertinente ad un fregio dorico . Il pezzo è stato rinvenuto a Castelletta, piccolo insediamento medievale che si trova a sud del Monte rovellone affacciato sulla valle dell'esino a 606 m di altitudine 4 e che, da un punto di vista amministrativo, è oggi una frazione di Fabriano da cui dista circa 21 km . Secondo alcuni appunti di Don Achille Berna Berionni 5 , parroco del borgo dal 1925 al 1944, raccolti dallo storico fabrianese Balilla Beltrame, il pezzo sarebbe stato trovato casualmente nell'agosto del 1931 da Sebastiano Argalia in occasione di lavori edili presso la chiesa parrocchiale intitolata a Santa Maria sopra Minerva Fig. 3), Picus XXXVI (2016), pp. 191-203 -ISSN 0394-3968 1 Il lavoro è stato realizzato nell'ambito di un più vasto programma di ricerca su Tuficum (Borgo Tufico, Fabriano, AN) e sul suo territorio finanziato con i fondi ex 60%. Mi sia permesso di ringraziare l'amico e collega Gilberto Montali per la sua sempre cordiale disponibilità e per gli utili consigli sul materiale architettonico. 2 Nella villa, un tempo di proprietà dei conti Serafini poi passata alla famiglia Censi Mancia, è custodita una collezione archeologica, attualmente in via di pubblicazione, con pezzi per lo più provenienti dal municipio romano di Tuficum. Si vedano i materiali epigrafici e gli elementi di instrumentum nei contributi di M. Tramunto e G. Baratta raccolti nel volume M.F. PeTrACCIA (a cura di), Tuficum in età romana, Fabriano 2013 e i reperti scultorei in G. BArATTA, Reperti scultorei da Tuficum (Borgo Tufico, Albacina) I, in «Picus» 33 , pp. 165-209. 3 G. BArATTA, L'instrumentum di Tuficum: un primo approccio, in M.F. PeTrACCIA (a cura di), Tuficum in età romana, Fabriano 2013, p. 234. 4 Sulla storia di Castelletta, toponimo menzionato per la prima volta nel 1292, si veda G. CASTAGNArI (a cura di), Abbazie e castelli della Comunità Montana Alta Valle dell'Esino, Comunità Montana Alta Valle dell'esino 1990, pp. 247-252; D. PIlATI, Castelletta e la sua storia, Fabriano 1991; D. PIlATI, Storia di Fabriano dalle origini ai giorni nostri, Fabriano 1985, pp. 239-240. 5 Sulla figura di questo parroco vedi PIlATI, Storia di Fabriano, cit., pp. 191-192. RIASSUNTO In questo lavoro si prende in esame un fregio dorico oggi conservato a Villa Censi Mancia ad Albacina ma rinvenuto a Castelletta nel 1931. Per il pezzo, privo di uno specifico contesto archeologico, si propongono ipotesi circa le possibili strutture architettoniche cui in origine era pertinente così come l'inquadramento cronologico. Archeologia romana, fregio dorico, Tuficum, Albacina, Castelletta. ABSTRACT This paper examines a doric frieze found in Castelletta in 1931 and now conserved at Villa Censi Mancia in Albacina. We propose for the frieze hypotheses about possible architectural structures in which the piece originally belonged and a datation. Roman archaeology, doric frieze, Tuficum, Albacina, Castelletta.