[Translation from French] P. Poirier, Cittadini europei e populismo europeo: quali democrazie dopo le elezioni europee del 2014?, in Lessico di Etica Pubblica 2/2015 (original) (raw)
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Negli ultimi anni si è discusso molto di populismo e di populisti, spesso enfatizzandone il carattere antidemocratico e proponendo inefficaci analogie con gli anni Trenta e i fascismi. Attraverso gli strumenti della teoria e della scienza politica, delle scienze storiche e sociali, i diversi saggi qui raccolti pensano il populismo in rapporto alla democrazia, gettando luce sulle differenze tra fascismi e populismi, sul nesso tra populismi e neoliberismi, sulle varie culture e pratiche populiste dall’America settentrionale e meridionale all’Europa orientale, fino all’Italia.
Recensione a I. Diamanti, . Diamanti, Democrazia ibrida, Laterza – la Repubblica, Roma – Bari, 2014.
Il volume che qui presentiamo raccoglie la rielaborazione di alcuni interventi tenutisi durante la Summer School Cespec 2014, dal titolo "Natura, tecnica e cultura: profili etico-pubblici del dibattito sulla natura umana", che si è svolta a Cuneo, Savigliano, Alba e Mondovì dal 16 al 20 settembre 2014 e organizzata dal Cespec (Centro Studi sul Pensiero Contemporaneo), in collaborazione e con il patrocinio della in Scienze Religiose di Fossano (ISSR).
Populismo, populismi e modernità politica, in Domus Europa, 21 novembre 2017
La parola "populismo" ha ormai invaso il gergo politico e giornalistico, e non meno l'immaginario politico. Come spesso accade in quest'epoca di falsificazione del linguaggio e del pensiero, le parole si affermano prima ancora dei loro contenuti. Come simulacri, evocano immagini di mali da temere o beni da sperare, ma difficilmente contenuti su cui esercitare il senso comune. E così si accusa l'avversario politico di "populismo" (senza offesa per il popolo, si intende…); e così ci si dichiara orgogliosamente "populisti" (recto sensu, si intende…); e così si distinguono populismi di destra e populismi di sinistra (buoni o cattivi all'occorrenza, si intende). La riflessione politologica si è data assai da fare per tentare di tratteggiare i confini evanescenti della nuova formulazione del lemma. I risultati ottenuti sembrano però poco confortanti: il populismo pare effettivamente un fenomeno sfuggente e indefinibile. Proprio questo mostra la serietà della riflessione: in ambito scientifico, si sa, il risultato atteso è sempre un'incognita. Ma purtroppo mostra anche la disinvoltura delle grandi agenzie culturali, che spargono parole d'ordine ed evocano représentations collectives avendo cura di tutto fuorché della realtà. L'aspetto più interessante emerso dal dibattito sul populismo non è dunque quello definitorio (la sua pars destruens, in realtà). È piuttosto quello storico, che tenta di rintracciare i precedenti più seri e più solidi, soprattutto ottocenteschi e novecenteschi, di un fenomeno che nondimeno va preso seriamente; e che offrono in effetti utili chiavi interpretative. Prima che al movimento populista russo e ai vari populismi europei e sudamericani che hanno attraversato il Novecento, la mente non può non correre all'ottocentesco People's Party americano, più prossimo, benché a sua volta lontanissimo, dall'attuale populismo occidentale. É proprio all'America, infatti, che
Il populismo, tra linguaggio e sudore (L'intellettuale Dissidente, 12 Giugno 2018)
La repentina diffusione del populismo negli ultimi 80 anni ha provocato da una parte la piena consapevolezza della presenza del fenomeno, dall’altra ha facilitato l’abuso giornalistico e mediatico del termine 'populista'. Nel tentativo di promuoverne un lecito utilizzo e di limitarne l’abuso, cerchiamo di comprendere cosa significhi essere populista focalizzando l’attenzione sul suo linguaggio, ipnotico e teatrale, prendendo come esempio il caso italiano e facendoci guidare dal Professor Marco Tarchi.
Giuseppe Bronzini, Fausta Guarriello, Valeria Piccone (a cura di), Le scommesse dell'Europa. Diritti. Istituzioni. Politiche, Ediesse, Roma, 2009, 2009
Dopo il no referendario irlandese al Trattato di Lisbona del 12 giugno 2008 si riflette sui meccanismi di controllo democratico sulle istituzioni, sulla posssibile partecipazione pubblica e sulla previsione di forme di governance aperta, plurale, inclusiva, nella dimensione multi-level continentale.