PDura 7: Demosthenes, In Aristocratem (or. XXIII) 55 (original) (raw)

Platone Lettera VII

Platone agli amici e ai familiari di Dione con l'augurio di felicità. Mi avevate comunicato che avrei dovuto ritenere i vostri progetti in tutto uguali a quelli di Dione, e mi chiedevate anche di essere al vostro fianco [324 A] per quanto potevo con l'azione e la parola. Ed io, se la vostra mente e il vostro cuore sono gli stessi di quelli di Dione, non ci penso due volte a unirmi a voi, altrimenti dovrò rifletterci molto. Ora, dunque, vorrei dirvi quel che pensava e desiderava, dato che lo conosco bene e non per sentito dire. Quando io arrivai la prima volta a Siracusa avevo all'incirca quarant'anni -, Dione aveva l'età che oggi ha Ipparino, e proprio allora maturò quell'idea che in seguito non mutò più: era convinto, cioè, che i Siracusani meritassero la libertà, sotto la guida delle migliori leggi. A tal punto non c'è nulla di strano che un qualche dio suggerisse il medesimo progetto politico anche ad Ipparino. Comunque è importante che giovani e non giovani ascoltino il modo in cui si formò questo pensiero. Cercherò dunque di illustrarvelo fin dall'inizio, approfittando di questa occasione propizia. La vocazione politica del giovane Platone e le sue delusioni Da giovane anch'io feci l'esperienza che molti hanno condiviso. Pensavo, non appena divenuto padrone del mio destino, di volgermi all'attività politica. Avvennero nel frattempo alcuni bruschi mutamenti nella situazione politica della città. Il governo di allora, attaccato da più parti, passò in altre mani, finendo in quelle di cinquantun uomini di cui undici erano in città e dieci al Pireo; ciascuno di questi aveva il compito di presiedere al mercato e aveva incarichi amministrativi. Al di sopra di tutti c'erano però trenta magistrati che erano dotati di pieni poteri. Caso volle che fra questi si trovassero alcuni miei parenti e conoscenti che non esitarono a

Teologia Platonica- Libro V, capitoli 37-40

teologia platonica, v libro capitoli 37-40 Libro V, capitolo 37 "Come Platone ha tramandato nel Parmenide la sommità degli Dei Intellettivi." Riprendendo dal principio l'analisi dell'ebdomade intellettiva, bisogna vedere in che modo Parmenide espone le stesse concezioni sin qui esposte, ossia la continuità rispetto alle Triadi Intelligibili-Intellettive e lo specifico carattere intellettivo di questa ebdomade. Nel Parmenide, dopo la triplice figura e l'ordinamento degli Dei che porta a perfezione tutte le cose (cf. IV 37: "Come Parmenide tramanda il terzo ordinamento delle entità intelligibili-intellettive e come rivela il suo carattere specifico di perfezionatore e al contempo la sua divisione triadica." -'avere estremità'; 'perfetto'; 'figura' > "i Sovrani perfezionatori della totalità di tutte le cose": -intelligibile: ha parti in quanto è immediatamente al di sotto del limite degli Dei Connettivi e, con i suoi limiti, comprende tutti gli ordinamenti Intellettivi in modo intelligibile;intelligibile-intellettivo: definito in base al carattere del perfetto perché comprende in sé principi/parti centrali/parti finali degli enti ed è il "legame centrale" di tutta la Triade; -intellettivo: proceduto in base alla forma triadica (circolare, o mista o rettilinea) perché è principio causale di limite e perfezione divina e assegna determinazione e perfezione intellettiva alle entità secondarie)-si manifesta il carattere dell' "in sé ed in altro" (tò en hautoi kaì en alloi): "questi si presentano come i segni distintivi (synthemata) della sommità intellettiva delle Monadi Intellettive." Infatti, il primissimo Re degli Intellettivi è sia Padre Intellettivo (Patér Noeròs) degli Dei che provengono da Lui, sia Intelletto Paterno (Nous Patrikos) degli Dei

Atene del disonore ([Xen.] Athenaion Politeia 3.12-13)

Klio 89/2 (2007), 320-331

Io --proseguì poi don Mariano --ho unac ertapratica delm ondo; e quellac hed iciamo l'umanità ,ecir iempiamo lab occaad ireumanità , bellaparolapienad iv ento,lad ividoi ncinquec ategorie: gli uomini,i mezz'uomini,g li ominicchi,i( con rispetto parlando) pigliainculoei quaquaraquà ... " (LeonardoSciascia, Ilgiorno dellac ivetta, in:C .Ambroise[ ed.], LeonardoSciasica. Opere1956 --1971Opere1956 -- ,M ilano 1987

Expositio super I De anima Aristotelis et commentatoris 1503. Riportata da Antonio Surian

Expositio super I De anima Aristotelis et commentatoris 1503. Riportata da Antonio Surian, 2018

Nel corso della sua lunga attività di insegnamento presso le Università di Padova e di Bologna, Pietro Pomponazzi si confrontò ripetutamente con il De anima di Aristotele e con il relativo commento di Averroè. Il suo primo corso svolto in qualità di professore ordinario a Padova risale al 1499, il frutto più maturo delle sue riflessioni è sicuramente il celebre Tractatus de immortalitate animae, pubblicato a Bologna nel 1516, che lo proiettò al centro di polemiche, discussioni e condanne. Gli studenti del Pomponazzi ci hanno tramandato gli appunti di numerosi suoi commenti al Corpus aristotelicum. Fra questi, di particolare interesse è l’esposizione sul primo libro del De anima, che il professore svolse a Padova sul cadere dell’anno 1503, e che fu riportata e messa in bella copia da un nobile veneziano, Antonio Surian, che frequentava le sue lezioni. Il volume presenta l’Expositio super I De anima secondo l’unico manoscritto che ci è pervenuto, conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli (VIII D 81), e reca un fondamentale contributo alla ricostruzione della formazione e dello sviluppo della dottrina psicologica pomponazziana.

Ecloga haec paene tota Theocriti est: riflessioni sull'ecl. 7 di Virgilio, "Emerita" 87, 2019, pp. 83-98.

Abstract. L’Ecloga VII di Virgilio, giudicata da Servio paene tota Theocriti, è in realtà un componimento ricco di spunti originali, entro il quale Teocrito è citato come termine di confronto: in tal modo il poeta latino può affermare e sottolineare la novità della propria produzione bucolica, debitrice di altri modelli, anche attinti dal panorama culturale contemporaneo. Abstract. Virgil’s Eclogue VII, judged paene tota Theocriti by Servius, is instead a poem rich of original features, in which Theocritus is a basis for comparison. In this way the Latin poet is able to show and to highlight the novelty of his bucolic production, that is influenced also by other models, among which there are the most modern trends of the contemporary Latin poetry.

Libro VII. Sedici argomenti contro Aristotele (e il modello di Lucrezio)

in Giordano Bruno, De Immenso. Letture critiche, a cura di M.A. Granada e D. Tessicini, F. Serra editore, 2020

In the seventh book of his "De immenso", Bruno puts forward sixteenth arguments in order to disprove the Aristotelian theory according to which the world is unique and finite. These same arguments had been deployed by Bruno seven years earlier in the fifth dialogue of "De l’infinito" (1584). Many interesting features of Bruno’s rebuttal of Aristotle’s theory arise from the comparison between "De l’infinito" and "De immenso". While in the former, for instance, the theory of the infinity of the universe and the innumerable worlds is presented as the outcome of an investigation, in the latter the new cosmology is announced as a sort of revelation by the poet-philosopher.