Il messo celeste e la liturgia alle porte di Dite ("Inferno" IX) (original) (raw)

Piccola nota ai canti VIII e IX dell'Inferno. Virgilio e Dante davanti alla porta della città di Dite e il Messo Celeste

Usciteci", gridò: "qui è l'intrata". Così il barcaiolo Flegiàs si rivolge a Virgilio e a Dante, invitandoli perentoriamente a sbarcare, una volta superata la fosca palude dello Stige e aver compiuto il compito di portarli davanti alla porta della città di Dite. Dal sopracitato versetto 81 dell'ottavo canto dell'Inferno, e fino al versetto 105 del successivo, avviene la descrizione -o meglio una "sacra rappresentazione" come viene definita sia dal Sapegno sia da Umberto Bosco e da Giovanni Reggio -di più azioni, ben distinte, in cui Dante usa la propria fantasia per comunicare un -per Lui -"importante messaggio". Infatti, non per sottolineare la difficoltà di capire quanto si appresta a dire, che è di per sé piuttosto chiaro, ma per avvertire il lettore sulla lezione che si accinge a dare, al versetto 61 e nei due successivi del nono canto, mirabilmente Egli ci dice:

Il maestro, l'Arcangelo e Medusa: guerra di sguardi alle porte di Dite (Inferno, Canto IX), in Letture dell'Inferno di Roberto Benigni, Vol. II, Cesati Editore, Firenze, 2021.

Cesati Editore, 2021

Il canto IX dell'Inferno è il canto in cui Dante mette alla prova il "maestro": Virgilio, colui che insegna a guardare il mondo con gli occhi della mente e non con la "veduta" del corpo, allegoria della cultura e della tradizione umanistica. Sarà per questo che nei paraggi delle mura di Dite si aggira lo sguardo pietrificante di Medusa? Sarà per questo che lo sguardo dell'arcangelo Michele è rapito da "altra cura"? Sarà per questo che il canto IX dell'Inferno dantesco somiglia a un duello di sguardi all'ultimo sangue?

Testualità, canto e danza nel cielo di Giove (Pd. XVIII-XX)

Ermeneutica Letteraria, 2021

Textuality, singing and dance in the heaven of Jupiter (Pd. xviii-xx) · In the heaven of Jupiter, the blessed create a glorious spectacle forming the words « Diligite iustititiam qui iudicatis terram ». The poet stages a grandiose choreographic representation to end Canto xviii with a sharp criticism of Pope John XXII. Here, in the sky of justice, extending through canto xx, graphic signs are mingled with music, rationality with mysticism, and theology with an admonition of the political class. While the theological doubts of the pilgrim are thus dispelled, the poet employs a masterly weaving of rhetorical and synesthetic strategies to represent the difficulty of the issue : the incomprehensibility of divine justice for human minds in the face of the need to preserve faith in providential design. If, as Dante writes, « quel che mi convien ritrar testeso, / non portò voce mai, né scrisse incostro », the poet emerges from the impasse precisely by evoking a combination of illuminated images, music and grammatical polyphony in which one hears « sonar ne la voce e ‘io’ e ‘mio’, / quand’ era nel concetto e ‘noi’ e ‘nostro’ ». Critics have observed the connection between music and revelation (Peter Dronke, Reinhold Hammerstein), analyzed the biblical elements (Zygmunt Barański), explored structural and narratological aspects (Lino Pertile), or explained the presence of David, undoubtedly Dante’s favorite musician, referring to the « mysterious harmony that governs the fate of men in God’s inscrutable design » (Anna Maria Chiavacci Leonardi). Others have noted the metaphorical value of the musical instruments, establishing a comparison between the sacred music of the Davidic eagle and the music of the « allodetta » (lark), associated with the Troubadour legacy of Bernard de Ventadorn (Torraca,which Porena opposed).However, sufficient attention has not yet been given to the visual, choreographic and musical renderingof these cantos : the poetic and performative way in which Dante chooses to represent, ratherthan explain, divine justice incomprehensible to humans. It is precisely through the wise and spectacularcombination of various arts, from illumination to dance and music, that Dante’s poem captivatesand convinces its readers, imbuing the theological matter with an unprecedented mimetic power.

Inferno, canto VIII. «Io dico, seguitando»: ripresa e sospensione del racconto alle porte di Dite, in Lectura Dantis Romana. Cento canti per cento anni. I. Inferno. 1. Canti I-XVII, a cura di E. Malato e A. Mazzucchi, Roma, Salerno Editrice, 2013, pp. 217-241.

Il testo, dedicato all’VIII canto dell’‘Inferno’, riproduce, con l’aggiunta delle note di alcuni passaggi, una relazione tenuta nell’ambito della “Lectura Dantis Romana” (ciclo) 2009-2010. Il canto viene interpretato alle luce delle fonti dantesche (classiche e medievali), riesaminate con particolare attenzione anche all’esegesi trecentesca della ‘Commedia’. In apertura viene approfondita criticamente la celebre vicenda del ritrovamento dei primi sette canti dell’Inferno’ (raccontata da Boccaccio nel ‘Trattatello in laude di Dante’ e nelle ‘Esposizioni sopra la Comedia’); particolare attenzione è riservata poi all’incontro di Dante e Virgilio con Filippo Argenti e al momento di ‘impasse’ dei due pellegrini alle porte della città di Dite (riesaminato anche alla luce del confronto con l’«orazion picciola» di Ulisse nel XXVI canto). Il contributo è articolato in 6 paragrafi: ‘Il ritrovamento del «quadernuccio» con i primi sette canti narrato da Boccaccio e l’attacco del canto VIII’, ‘Flegiàs e la sua barca: il confronto con la tradizione classica’, ‘L’incontro con Filippo Argenti: tra chiose antiche e letture moderne’, La descrizione della città infuocata tra ‘Eneide’ e ‘Libro della Scala’: il problema delle fonti’, ‘Lo scontro con i diavoli: le parole di Dante a Virgilio e l’«orazion picciola» di Ulisse’, ‘L’attesa di Dante e la sospensione del racconto’. Seguono una ‘Postilla bibliografica’ e una ‘Nota di approfondimento’ dedicata al problema della ricostruzione filologica del verso 66, «perch’io avante l’occhio intento sbarro», a partire dalle restituzioni dei precedenti editori, con nuovi riscontri sulla tradizione manoscritta e alla luce di alcune acute osservazioni di Pagliaro, che proponeva la restituzione «perch’io avante intento l’occhio sbarro».

Sul canto XI del Paradiso della Divina Commedia di Dante Alighieri

Personalmente ritengo l'undicesimo canto del Paradiso uno dei più significativi dell'intero poema, per qualità, intuizione, capacità evocativa, volontà di ricerca spirituale e levatura teologica. Vediamo perché. In apertura a parlare è San Tommaso d'Aquino, il quale, proseguendo la sua spiegazione dal canto precedente, ci istruisce su come la Chiesa, sul finire del XII secolo, avesse urgente bisogno di un sostegno contro gli assalti secolari, cosicché la Provvidenza due principi ordinò in suo favore, "che quinci e quindi le fosser per guida." (vv. 35-36) ovvero dispose due figure di riferimento che le fossero da guida da un lato e dall'altro. Costoro furono San Domenico e San Francesco; e San Tommaso, domenicano, per dovere d'ospitalità, pur affermando che lodando l'opera dell'uno si lodano entrambi perché a un unico fine furono le opere loro, racconterà di San Francesco d'Assisi.

Il Cielo di Dante nella Divina Commedia. Una lettura astronomica del viaggio dantesco

Il Cielo di Dante nella Divina Commedia. Una lettura astronomica del viaggio dantesco, 2019

È opinione generale che Dante fu uomo di scienza. La Divina Commedia non fu solo un'opera di poesia, ma costituì la summa delle "conoscenze" del tempo, una sorta di "enciclopedia" di tutto il sapere e sintesi culturale del Medioevo. Questo saggio nasce dall'esigenza di chiarire le conoscenze scientifiche del sommo Poeta nel contesto di riferimento dell'epoca e di ricostruire, con un linguaggio semplice e un testo ricco di illustrazioni esplicative, il viaggio percorso nelle tre cantiche della Divina Commedia, attraverso i riferimenti reali alla posizione delle stelle e dei pianeti sulla volta celeste. Attraverso lo studio delle fonti, l'esame delle evidenze e delle configurazioni astronomiche del cielo, ricostruite al computer, l'autore indaga i segreti della Divina Commedia. Il saggio - che ha ottenuto la menzione di merito al premio "La ginestra Firenze 2017" - guida il lettore lungo i misteriosi itinerari del viaggio dantesco, dove il sapere di Dante mescolava la Teologia, la Filosofia, la Fisica Aristotelica e l'Astrologia, il tutto presentato in forma simbolica e allegorica, quella del "parlar velato", del nascondere "sotto il velame de li versi strani" i veri significati.

Navigazione celeste e simbolismo lunare in Dante Paradiso II

O neoilluminato, in nome di questi beni sei stato battezzato: come pegno della resurrezione, tu neoilluminato, hai ricevute l'iniziazione ai misteri della grazia; il battesimo è per te garanzia della vita celeste. Coll'immersione tu hai imitato la discesa del Signore nel sepolcro, ma ne sei riemerso e ora contempli, prima che siano operate, le opere della resurrezione. Ciò che vedesti in simbolo, accoglilo come fosse realtà»: cosi recita un'omelia pasquale sul battesimo, in cui il linguaggio dei misteri ellenistici si mescola alla concezione lustrale del battesimo cristiano 1 . Dopo la sommersione nell'acqua vivificante, che è tipo della morte e della discesa di Cristo nell'Ade, il mystes riemerge, reintegrato nella natura originaria, ormai pronto alla rivelazione dei misteri cristiani 2 . Ma tra battesimo e visione di Dio si frappone l'a-* Si avverte che per lo spostamento in Appendice di alcune sezioni delle note, l'indicazione per esteso di opere e autori citati è posticipato rispetto alle abbreviazione, per cui sono da consultare soprattutto le Appendici 1 e 2.