«Come una sorta di necessità». Gomorra in scena in Un altro mondo in cambio. Gomorra fra teatro, cinema e televisione (original) (raw)

Il teatro nel teatro: quando nel Protagora e nel Gorgia si recita la parte di un altro

Nel Protagora e nel Gorgia Socrate e i suoi interlocutori, recitando la parte di altri personaggi intenti a dialogare, 'raddoppiano' la scena platonica. Dopo aver indicato una possibile definizione di tale doppia messa in scena ed aver elencato i luoghi nei quali si verifica, si analizzano più da vicino due casi. Nel primo Callicle recita la parte di Zeto e Socrate quella di Amfione; nel secondo Socrate e Protagora convocano finanche la maggioranza, hoi polloi, per discutere della virtù. Se ne ricercano gli scopi, la funzione, nella convinzione che riflettere sulle ragioni per le quali Socrate coinvolge gli inter-locutori nei suoi giochi teatrali possa contribuire alla ricerca sulle ragioni del teatro platonico che li ospita.

Aspetti sociolinguistici nella traduzione cinematografica: il caso di Gomorra

Italoellenica. Συναντήσεις για τη γλώσσα και τη μετάφραση / Italoellenica. Incontri sulla lingua e la traduzione. (a cura di Domenica Minniti Gonias), 2019

In questo articolo si analizza la traducibilità degli scenari sociolinguistici e culturali. Si tratta di un tema ampio e complesso al quale proveremo a dare soltanto qualche contributo, non avendo la presunzione di poterlo affrontare e risolvere in un breve contributo. Gli obiettivi dell'intervento sono a) tornare su questo tema cruciale, b) fare il punto su alcune posizioni teoriche rilevanti, e c) individuare un caso interessante di traduzione che soffre proprio della mancanza di cura delle implicazioni sociolinguistiche nell'uso delle varietà o nelle scelte traduttive. Il caso che discutiamo riguarda la traduzione nei sottotitoli del dialetto napoletano di Gomorra considerando sia le scelte traduttive verso l'italiano sia alcune scelte relative alla versione inglese.

Dalla realtà alla fiction: il caso Gomorra tra letteratura e televisione

Il postmoderno ha segnato il ritorno del realismo in letteratura e al cinema, ma allo stesso tempo ha visto lo sconfinare della narrazione al di fuori dei campi che storicamente le appartenevano, conquistando prima il giornalismo, poi la pubblicità e il marketing. La postmodernità, però, è anche l'epoca d'oro della televisione che ha trovato nei serial il suo prodotto narrativo peculiare, anch'esso caratterizzato da un forte effetto di realismo e, nella maggior parte dei casi, da una spiccata attenzione a proporre in maniera sintetica e creativa dei significativi spaccati di realtà. Del connubio tra neorealismo e narrazione espansa questo lavoro coglie soprattutto due aspetti: la necessità di fare del racconto uno strumento interpretativo di quanto ci circonda e l'inevitabile commistione tra realtà e finzione tipica della narrativizzazione dell'esperienza. La volontà di tornare a parlare del reale è dettata non tanto dal bisogno di produrre storie utili da un punto di vista etico e sociale, caratteristica di cui non sono carenti neanche molti racconti di fiction, ma soprattutto dall'esigenza di riordinare il mondo della nostra esperienza affollato di informazioni, rappresentazioni e sovrapposizioni di realtà virtuali, un mondo sempre più macrosistemico di cui riuscire a riappropriarsi individualmente. In un panorama dominato dalle cosiddette scienze dure, inoltre, gli scrittori e, in generale i narratori, rivendicano il compito di proporre letture della realtà significative e affascinanti, offrendo, con le loro opere, strumenti di interpretazione ed elaborazione di fenomeni sociali complessi. Dagli scrittori che approdavano orgogliosamente sulla terza pagina dei giornali si è passati ai giornalisti che si cimentano sempre più spesso con la scrittura letteraria all'interno di un mercato editoriale che cerca in essi lo strumento per risollevarsi dalla crisi che lo investe da tempo. La migrazione transmediale dei professionisti della penna, però, non si ferma a questi due campi attigui e intrecciati ormai da secoli: essa investe tutti i campi della narrazione, dal cinema alla televisione, fino alle più recenti e sperimentali scritture creative sul web. L'ecosistema mediale è ormai una fitta rete all'interno della quale i testi possono circolare e trasformarsi liberamente, accentuando il meccanismo d'interpretazione attivo e creativo già stimolato dall'intertestualità, in cui i sostenitori del neorealismo trovano un terreno fertile. Roberto Saviano è, probabilmente, l'esempio italiano più completo della transmedialità delle narrazioni neorealistiche. Iniziata la sua carriera come giornalista e trasformatosi in un caso editoriale internazionale con il suo primo romanzo, Gomorra, egli ha portato avanti, nel corso di poco più di un decennio, un percorso narrativo che si snoda tra la scrittura, il cinema, il teatro e la televisione, creando distinte porte di accesso alla tematica che tratta. Il caso Saviano è interessante anche per la sua dichiarata concezione dello strumento letterario e della narrazione in generale: «perché i giornalisti scrivono male di cose importanti e gli scrittori scrivono bene di cose inutili?» , è questa la domanda, chiaramente provocatoria, con cui lo scrittore napoletano apre il dibattito con il collega americano William Langewiesche, tenutosi a Ferrara nel 2008. Una simile provocazione, lungi dal voler sminuire le produzioni letterarie di pura fiction (che pure non sono certo svincolate dalla realtà), si basa sul duplice presupposto che le «cose utili» sono quelle che interessano la vita civile, sociale e politica dell'individuo e che la letteratura è lo strumento più adatto non solo ad analizzarle e comprenderle, ma anche ad innescare i cambiamenti necessari. Anche nelle parole di Saviano cogliamo, dunque, l'espressione di due necessità tra loro complementari: da un lato una rinnovata attenzione degli scrittori alle questioni sociali e politiche attuali, dall'altro un ritorno a forme di comunicazione narrativa (allo «scrivere bene») che accompagnano l'uomo fin dai tempi della cultura orale e si oppongono ai processi di nullificazione della memoria (storica e individuale) operato dai media, in particolare dalla televisione. I media di massa e il web, infatti. veicolano le notizie secondo una logica del tempo breve a cui è possibile resistere attraverso il tempo lungo della narrativa, funzionale all'interiorizzazione e alla rielaborazione dei contenuti. Trattare la realtà attraverso la narrazione non vuol dire solo informare il lettore con nuove modalità, bensì «toccarlo nell'intimo, forzare la sua emotività fino a fargli considerare il fatto narrato come qualcosa che lo riguarda» e proprio questo sembra essere l'obiettivo di Saviano. Alla luce di quanto detto, sorge, però, un'ambiguità: se alla base delle nuove scritture di non-fiction sta anche la volontà di opporsi alle logiche di restringimento del tempo e annullamento della memoria dei mass-media contemporanei, perché trasformare Gomorra in una fiction televisiva, rompendo così entrambi questi pilastri? La risposta risiede nelle peculiarità del genere seriale e nelle sue recenti evoluzioni che lo situano in un'orbita d'eccezione all'interno della galassia televisiva. Diverse dalle soap-opera per la loro finitezza narrativa e dai telefilm per la presenza di una trama orizzontale, le serie tv esordiscono negli anni Novanta privilegiando proprio il rapporto con la realtà sociale, le problematiche quotidiane, le paure e le speranze collettive e, nonostante i limiti e le distorsioni dovute al loro alto costo di realizzazione e alle dinamiche di commercializzazione cui sono soggette, esse riescono a costruire rappresentazioni significative della società del nostro tempo con una capacità di sintesi e d'impatto superiore a quella dell'informazione tradizionale. Soprattutto, la serialità televisiva è basata sul tempo lungo tipico delle narrazioni scritte: divise in episodi distribuiti in un arco temporale di mesi o anni, le serie costruiscono lentamente un rapporto con lo spettatore, portandolo a sviluppare ed esercitare una competenza interpretativa attiva e specifica. Questo lavoro si propone di analizzare i rapporti tra realtà e narrazione nel passaggio dalla letteratura alla serialità televisiva, concentrandosi non solo sui meccanismi di trasposizione, ma anche sulle dinamiche di ricezione. La scelta di Gomorra come caso di studio deriva da una serie di fattori, primo fra tutti il suo particolare statuto narrativo al confine tra realtà e fiction. In secondo luogo, essa ha subito una serie di trasposizioni in media diversi che la rendono un esempio emblematico del fenomeno transmediale tipico della produzione contemporanea e, infine, la scelta è dipesa anche dal suo successo internazionale come libro e come prodotto audiovisivo, dato che, al momento, è la serie televisiva italiana più venduta al mondo .

ROBERTO SAVIANO. Gomorra e l'estetica documentale nel nuovo millennio

Con "Gomorra", Roberto Saviano delinea un'estetica documentale che, utilizzando la modalità espositiva del romanziere, trasforma le statistiche, i dati oggettivi, il vissuto quotidiano in racconto che coniuga letteratura, antropologia e sociologia. E l'io di Saviano non si discosta dal personaggio intorno al quale Marc Augé costruisce la sua ethnofiction: un testimone e, nella migliore delle ipotesi, un simbolo.

«... lavorando a una sorta di reciproca alterità necessaria, raccontando, cioè, un legame tra due persone tanto fuse l'una all'altra, quanto irriducibili l'una all'altra» - Il tema de "l'altra necessaria" ne L'amica geniale di Elena Ferrante e ne La porta di Magda Szabó

Studi e ricerche d'italiano sul Danubio e oltre: l'italianistica in Europa centrale e centro-orientale, 2022

Il presente contributo analizza il motivo “dell'altra necessaria” ne L'amica geniale di Elena Ferrante e ne La porta di Magda Szabó. Si tratta di un motivo che, a mio avviso, è strettamente legato alla questione della vera identità d’autore dei testi che, secondo la finzione letteraria, sono da attribuire a Elena e a Magda, narratrici dei rispettivi romanzi. L'idea dell’analisi comparativa delle due opere nasce proprio da queste somiglianze narrative, nonché dal fatto che La porta di Magda Szabó è stata un’esperienza di lettura decisiva per la Ferrante. Infatti, la grande signora della letteratura ungherese ha un notevole pubblico di lettori anche in Italia: diversi suoi romanzi sono stati tradotti in italiano, soprattutto in occasione del centenario della sua nascita, celebrato nel 2017. Ne La porta, Magda Szabó e Emerenc Szeredás sviluppano un’amicizia straordinaria, che trova il suo simbolo nell’immagine della porta. Emerenc apre non soltanto la porta della casa, ma anche quella della sua anima a Magda che, anche se vuole salvarla, alla fine la delude. È un'amicizia complessa, dominata dalla presenza di amore e odio, onestà e riservatezza, vicinanza e distanza. Il rapporto intersoggettivo, polarizzato e interdipendente – come quello di Magda e Emerenc – è un elemento chiave anche nell'amicizia di Elena Greco e Lila Cerullo nella tetralogia L'amica geniale della Ferrante. Nella relazione densa di emozioni contrastanti, Emerenc e Lila incarnano il demone della disillusione per Magda e Elena, poiché a volte le ostacolano e a volte le sostengono nella loro carriera di scrittrici. Queste figure dominano la formazione della storia, tanto che ci viene il dubbio se, in realtà, non siano Emerenc e Lila – sebbene in modi diversi – le loro vere autrici: “le altre necessarie" che, nel mondo fittizio dei libri, formano, anzi creano, la figura di scrittrice di Magda e quella di Elena.