Tra Pubblico e Privato (original) (raw)

Nel mondo occidentale vi è una definizione cui molti autori e specialisti ricorrono nel tentativo di ritrovare una matrice comune di senso e che è stata proposta dal Comitato europeo di coordinamento per l’edilizia sociale (CECODHAS ) per cui l’housing sociale è un insieme di attività per fornire alloggi adeguati, attraverso regole certe di assegnazione, a famiglie che hanno difficoltà nel trovare un alloggio alle condizioni di mercato perché incapaci di ottenere credito o perché colpite da problematiche particolari. In Italia il Social Housing (SH) è una particolare politica ormai orientata alla selezione di beneficiari secondo modelli di tipo generalista in cui l’attenzione delle politiche è tutta sulla individuazione di soglie di reddito e di costo abitativo. Ciò in funzione di una situazione dello stock abitativo in cui la proprietà privata domina il mercato senza che sul versante pubblico, a differenza di quanto è accaduto nel resto d’Europa, sia avvenuto un forte rilancio dell’housing a finalità sociale. La prima difficoltà nelle analisi ma anche nelle sintesi del fenomeno complesso della casa è dato dalla necessità di distinguere il SH dall’edilizia residenziale pubblica. Anche quest’ultima è di difficilissima comprensione proprio a partire dalla sua natura di politica composita che comporta problematiche di svariata natura interpretativa proprio a partire dai suoi fondamenti giuridici. E' importante definire il campo di indagine che per questo contributo e gli altri ospitati nel volume è limitato al fenomeno che riguarda la legge regionale del 2012 e che quindi esclude il problema ERP che presenta caratteristiche assai differenti e che almeno poggia su elementi di urgenza ed indifferibilità apparentemente più eclatanti e che sono all'attenzione continua da parte dei media e quindi della politica nazionale e regionale. Dall'esame dei documenti ed in particolare di quelli ANCE, Federcasa, (ecc.) ossia in qualche modo 'di parte' emerge la distanza dagli approcci dello Stato che in effetti appare sempre di più come un esattore che tende a spremere , dopo il 2011, l'unica risorsa patrimoniale 'in mano agli italiani'. Gli aspetti più vicini alla dimensione dell'agire del piano e del progetto risultano in questi ambienti argomentativi assai laterali, impliciti, quasi inutili. Dobbiamo chiederci la ragione. Ciò soprattutto perché il social housing nel senso più ampio che riguarda e comprende l'ERP, ha caratterizzato la nascita delle politiche per il governo urbano sotto la spinta della prima industrializzazione e non solo in Europa o in Occidente. La casa per tutti o solo per i poveri a seconda delle tradizioni di welfare nei vari paesi (secondo la distinzione tra modelli universalisti e selettivi di Esping e Andersen, 1990) è un principio che deriva dalla necessità di governare le città moderne in un modo che mai si era verificato prima e che richiedeva non più interventi particolari in specifiche città ma richiedeva il possesso collettivo di principi condivisi di diritti generali: l'urbanistica è nata anche così e su questo dato dovrebbe ancora trovare fondamento. Invece non è più così. Lo Stato tratta le problematiche sociali come può ed in base alla sua propria capacità di spesa (ovviamente) pubblica. Poiché lo Stato non può più nemmeno intuire il livello di protagonismo degli interventi Gescal o sembra addirittura un'altra Italia il fenomeno Ina Casa che pur nelle sue criticità e contraddizioni rimane una delle più importanti conquiste in materia di utilizzo dei principi di economia civile nell'azione pubblica orientata alla crescita ed allo sviluppo sia in termini di quantità della risposta alla domanda abitativa di un paese sostanzialmente cancellato dalle guerre e anche in termini di qualità sia nella ricerca dei nuovi principi di garanzia per la cittadinanza in urbanistica che di qualità abitativa e di ricerca innovativa in architettura. Il rinnovato interesse per il SH in Italia in urbanistica coincide con la ripresa di attenzione per il tea della perdita progressiva dei livelli di trans disciplinarietà che è stata alla stregua di cuore/motore nelle esperienze del golden age per l’Ina Casa (Scassellati, 1998; Trapani, 2009) e al cui approccio fortemente integrato bisogna ritornare (Fabbri, 2013). La posizione paternalista dello Stato è un lontano ricordo nel Social Housing come in urbanistica. Resta tutto il problema del passato dopo la cancellazione di Gescal e degli IACP e non c'è l'ombra di una soluzione attuale, integrata, generale e specifica come servirebbe.

Pubblico, privato, comune

Sociologia del diritto, 2014

Questo articolo analizza criticamente la pretesa, condivisa dalle teorie sui beni comuni e da quelle sul “comune al singolare”, di superare la bipartizione del diritto in pubblico e privato, propria della modernità, ma ritenuta incapace di cogliere la portata innovativa dei commons o le trasformazioni avvenute nell’economia globale. La tesi qui sostenuta è che le battaglie in difesa dei beni comuni o del comune hanno invece ancora bisogno di questa “vecchia dicotomia” per descrivere i nuovi rapporti di forza tra le organizzazioni private e quelle pubbliche, soprattutto da quando il nuovo “diritto globale” sembra aver messo definitivamente in crisi quell’“alleanza forzata” tra stato e capitale da cui secondo Weber ha preso le mosse il capitalismo moderno.

Privato, pubblico e aperto

Media Education

In this text we try to clarify some misunderstandings that in our opinion have arisen on the issue of digital educational platforms. These misunderstandings are based on the one hand on the profound misconception of the meaning of “open”, which is reduced to “free”, and on the other hand on a conception of the company as an activity necessarily extraneous to the ethical dimension. Overcoming these misunderstandings could lead to a collaboration between private and public, between profit and non-profit that defines precisely the models and standards and lays the foundations for the construction of an ecosystem of open, inter-operating and ready-to-use platforms both on the software side and on the content side.

Pubblico, Privato, Comune.docx

Il tema dei beni comuni negli ultimi anni si è imposto come oggetto di un vivace dibattito culturale che ha coinvolto il diritto molto da vicino e ne ha messo in crisi le categorie. Il nostro paese non ne è stato immune e ne sono testimonianza il progetto di riforma del titolo terzo del codice civile elaborato dalla c.d. Commissione Rodotà e il percorso referendario che ha portato al successo del referendum abrogativo del giugno 2011 che si opponeva alla privatizzazione dei servici idrici, che hanno favorito un’intensa elaborazione sul problema dei commons e sulla questione della loro tutela giuridica. Questo mostra quanto la questione del comune sia attuale ma soprattutto quanto ne sia difficile una precisa collocazione giuridica. Nello specifico i teorici del comune in una sostanziale linea di continuità hanno rivendicato la necessità di un’elaborazione giuridica della categoria del comune, pensata come categoria alternativa ed ulteriore rispetto alle categorie classiche di pubblico e privato, ritenute incapaci di valorizzare la dimensione non proprietaria che dovrebbero essere sintomatica del comune. I beni comuni allora, beni di difficile definizione, declinati in vario modo come beni dell’umanità, beni indispensabili allo sviluppo della persona umana, beni che “non sono di nessuno” come l’aria, acqua, le risorse naturali, diventano il paradigma di una dimensione solidaristica e comunitaria che si vuole opporre all’esclusiva attitudine proprietaria del pubblico e del privato.

Pubblico e privato. Teoria e storia di una grande dicotomia

Pubblico e privato. Teoria e storia di una grande dicotomia, 2019

Nella secolare riflessione intorno al diritto, quella tra pubblico e privato è una delle distinzioni più note e allo stesso tempo tra le più criticate: accusata nel migliore dei casi di semplificare la realtà giuridica, nel peggiore di legittimare eccezioni allo stato di diritto o di impedire il controllo pubblico dei poteri privati. Questo libro sostiene al contrario che la "grande dicotomia" sia tuttora utile per la comprensione sia del diritto contemporaneo, sia di alcune svolte fondamentali della modernità, poiché rimanda a due modelli di ordine attraverso i quali si è storicamente organizzata la convivenza umana

Pubblico e privato nella sanità italiana

2012

Public and private in the Italian health system Two perspectives can be adopted for analysing the public-private mix of health care systems. The first refers to the ways in which financial risk, associated to sickness, can be transferred to an insurance institution (thirdparty payer) and its financing methods (taxes, social contributions, premiums, out-of-pocket), that imply different degrees of solidarity. The second to the legal nature and ownership of health care providers (public, private forprofit, non-profit), whose goals, values and behaviours differ and may impact on patient's demand for health services. The Italian health system, on the whole, is financed 81% by taxes and 19% by private revenues. The household finance 63% of total expenditure and enterprises 24% (including selfemployed and public employers); the remainder is financed by both. The health services production is made 51% by public institutions and 49% by private enterprises or self-employed doctors. The private sector provides 29% of goods and services to Servizio sanitario nazionale (SSN, the Italian National Health Service), while sells 20% to paying patients and voluntary insurances. Therefore, on the financing side the Italian health system is public, while on the production side is mixed. The 19 Regions and 2 Autonomous Provinces collect 46% of total SSN budget, through their taxation, while the central Government transfers to them the difference through an equalization fund. Private financing (or expenditure) is higher in the Northern richer regions. The highest private provision of health services is in Lombardy (57%) and Latium (54%), whereas the lowest in Bolzano and Umbria (41%).

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