La Lupa e il Biscione. Siena nella politica viscontea all'epoca di Giangaleazzo. (Tesi di laurea magistrale di Laerte Mulinacci).docx (original) (raw)
L’obiettivo del mio elaborato è di indagare su un periodo particolarmente controverso della storia di Siena e piuttosto trascurato dalla ricerca storica: gli anni della dominazione viscontea. L’aspetto più interessante è senza dubbio riguardante la decisione dei senesi, nel 1399, di rinunciare volontariamente alla propria indipendenza donando la città a un signore straniero: il Duca di Milano Gian Galeazzo Visconti. Questa decisione implica inevitabilmente il declassamento di Siena da stato indipendente a parte di un dominio più vasto, la città rinuncia alla propria sovranità contribuendo a estendere e a consolidare il potere lombardo che assume caratteristiche sovra-regionali. Le motivazioni di tale decisione sono assai complesse e inscindibili dal momento storico che Siena vive, la città dimentica velocemente gli splendori duecenteschi per essere letteralmente travolta dalle crisi trecentesche. L’uso del plurale della parola “crisi” non è per nulla causale, tutta la prima parte della tesi è interamente dedicata all’analisi della grande crisi generale e dei suoi riverberi nella realtà locale. Il caso senese è significativo: la città spopolata dalle pestilenze è costretta a confrontarsi con Firenze la quale, nella seconda metà del secolo, mostra le proprie mire espansionistiche costringendo le altre città toscane sulla difensiva. A Siena il tracollo demografico va a sommarsi alla crisi finanziaria con la perdita del primato internazionale dei suoi banchieri e della sua industria tessile appena agli inizi. Tuttavia un altro aspetto determina più di ogni altro la recessione economica: i mercenari. Il fenomeno delle compagnie di ventura è problematica comune a quasi tutte le città italiane ma sembra che le soldatesche straniere abbiano una particolare predilezione per Siena e il suo contado dove imperversano con particolare virulenza. Lo stato senese è il territorio più colpito dalle incursioni dei mercenari in Italia, la loro attività flagella l’economia cittadina andandone anche a lesionare la stabilità politica. Le compagnie mercenarie non danneggiano la città in sé ma piuttosto preferiscono stazionare nelle campagne distruggendo, razziando e massacrando la popolazione. Questa persistenza delle scorribande mercenarie colpisce Siena isolandola dal proprio contado e con esso la parte preponderante del suo apparato produttivo imperniato sull’agricoltura, nonostante tutto, la realtà senese resta prettamente agraria. L’azione dei mercenari è quindi duplice, con ricadute dirette e indirette sull’economia dello stato senese. In primo luogo le casse cittadine sono sollecitate dai riscatti e dalle spese militari crescenti in secondo luogo invece i mercenari colpiscono la fonte stessa della prosperità cittadina riducendone le entrate. Siamo quindi di fronte ad una lievitazione delle uscite e a una contrazione vistosa delle entrate che porta la città sull’orlo del disastro economico, le autorità non possono far altro che imporre tasse, balzelli e prestiti forzosi che esasperano la popolazione e deprimono ulteriormente l’economia. La città è inadempiente, soprattutto perché le criticità da evento eccezionale si sedimentano fino a diventare parte del quotidiano. La guerra sia che la intendiamo come conflitti ben definiti, come quelli contro Firenze, sia nell’azione militare volta al contrasto delle soldatesche straniere costituisce un sottofondo che si protrae quasi ininterrottamente per tutta la seconda metà del XIV secolo. Alle turbolenze belliche e l’elevata instabilità della politica estera si affianca un vero collasso dell’affidabilità delle istituzioni cittadine, la fine del governo dei Nove (1355) segna l’inizio di una lunga fase d’incertezza politica alimentata anche dalla riottosità delle grandi famiglie aristocratiche, in primis i Salimbeni. Siena è una città indebolita ed esausta, non è quindi difficile comprendere, dato lo scenario iniziale, come per una grande potenza quale la Lombardia dei Visconti sia stato possibile impadronirsi della città senza colpo ferire. Gian Galeazzo Visconti è l’uomo forte in Italia che monopolizzerà le attenzioni e le apprensioni di tutta la politica italiana per due decenni. Le ambizioni del Conte di Virtù sono chiare: realizzare un regno d’Italia indipendente in linea con i processi di edificazione statali che già si ravvisano in molti casi europei. E’ quindi essenziale per la politica milanese impadronirsi di tutte quelle realtà secondarie che costellano la geopolitica italiana, in particolare nel panorama toscano sono interessate: Siena, Pisa, Lucca e Perugia. Esclusa Lucca, tutte le altre città finiranno per confluire nel dominio lombardo. Lo studio della parabola politica di Gian Galeazzo e delle strette relazioni intercorse con Siena avviene anche tramite l’ausilio di un fondo d’archivio inedito che ho personalmente rinvenuto presso la Società Storica Lombarda . Recandomi a Milano in varie occasioni ho potuto visionare oltre cinquecento schede corrispondenti ad altrettanti documenti presenti presso l’Archivio di Stato di Siena, queste schede furono realizzate da Giuseppe Riva nel 1900 e dovevano essere utilizzate per la pubblicazione del Repertorio Diplomatico Visconteo. Tuttavia quest’opera vide la luce solo in parte e della documentazione presente a Siena non vi è traccia, tutti i documenti rinvenuti sono pubblicati in appendice alla tesi stessa. I documenti del fondo Riva permettono una narrazione cronologica dettagliata dal 1385 fino al 1402, anno in cui muore Gian Galeazzo. Dal 1402 la catalogazione si interrompe bruscamente e non vi sono riscontri documentali riguardanti i governi successivi. La morte del Conte di Virtù provoca il rapido sgretolamento del suo dominio portando a una contrazione del potere dei Visconti entro i confini geografici lombardi. Siena recupera la propria indipendenza mentre Firenze, liberatasi dalla minaccia milanese, riesce finalmente a impossessarsi di Pisa, al contrario invece i senesi riusciranno a normalizzare la situazione politica riassestando il proprio apparato statale e garantendo alla Repubblica un altro secolo e mezzo di vita