BRUNA ROSSI, Pellegrino Artusi e le Mariette di Valdinievole, in Fare le Italiane Spigolature archivistiche nel 150° anniversario di Firenze capitale (1865-1870) (original) (raw)

Ercole Gonzaga, Adamo Scultori e le pitture nella torre di Paolo III in Araceli, Itinera chartarum 150 anni dell’Archivio di Stato di Mantova. Saggi in onore di Daniela Ferrari a cura di Roberta Piccinelli, Deanna Shemek, Luisa Onesta Tamassia, Verona 2019, pp. 291-295

"Ricordare, rintracciare, vedere, partecipare, costruire": sono queste le parole chiave che caratterizzano i capitoli in cui si articola il volume dedicato a Daniela Ferrari per ringraziarla e riconoscerle i meriti di una lunga e intensa attività di studiosa e di direttrice dell'Archivio di Stato di Mantova. Le charte non solo si ereditano, si conservano e si custodiscono, ma parlano, si legano ad altre charte, creano itinerari, indicano strade, antiche e inedite. I quarantotto saggi che compongono questo volume elaborano le fonti storico-artistiche conservate nell'Archivio di Stato di Mantova, che festeggia i 150 anni dalla sua istituzione (1868-2018), e intrecciano fili rossi tra ambiti disciplinari diversi: dalla storia alla storia dell'arte, dalla musica alla letteratura, dal teatro all'archivistica.

Archivi d’autore al CisVe: P.M. Pasinetti e le «Carte del Contemporaneo», in «Le parentele inventate». Letteratura, Cinema e Arte per Francesco e Pier Maria Pasinetti. Atti del Convegno, a cura di Anna Rinaldin e Samuela Simion, Roma-Padova, Editrice Antenore, 2011, pp. 13-25

a cura di silvana tamiozzo goldmann 2 Con « Carte del Contemporaneo » si inaugura, per il Centro Interuniversitario di Studi Veneti, una nuova stagione. « Biblioteca veneta » si trasforma: non piú (non soltanto) collezione di edizioni e di ricerche letterarie e filologiche, ma sistema articolato dell'intera attività del CISVe. Sotto la sua ombra protettiva si vogliono sviluppare, in forma di collane, progetti editoriali dedicati ad ambiti diversi ma tutti ancorati alla storia e alla cultura delle Venezie: oltre agli studi sulla testualità letteraria Antico Regime e moderna (terreno abituale degli studiosi che finora hanno alimentato il palchetto della nostra collezione), la ricerca sulla letteratura contemporanea, sui fondi librari (manoscritti e a stampa), sulle fonti d'archivio, sulla storia linguistica e socio-culturale . . . « Carte del Contemporaneo » è la prima di queste collane, dedicata alla ricerca sulla cultura del Novecento veneto, vista attraverso una lente particolare, i documenti d'archivio; essa nasce innanzitutto come estensione editoriale dell'Archivio omonimo, creato per impulso di Silvana Tamiozzo Goldmann e di Francesco Bruni, e ospitato nella sede del CISVe, dove oggi sono conservati, per la comunità degli studiosi, i fondi Ernesto Calzavara, Pier Maria Pasinetti, Armando Pizzinato, Carlo Della Corte.

"Firenze Capitale 1865-2015. I Doni e le collezioni del Re". Schede di catalogo della mostra (Firenze, Galleria d'Arte Moderna – 19 novembre – 3 aprile 2016),nn. 23, 30, 39.

Sillabe, 2015

olio su tela cm 70x60 Firenze, Collezione privata Dopo l'esordio nel 1868 a Firenze con il dipinto di soggetto storico, Carlo Emanuele di Savoia scaccia l'ambasciatore spagnolo don Luigi Gaetano ambasciatore di Filippo II, Francesco Gioli, allievo del Pollastrini e di Ciseri presso l'accademia fiorentina di Belle Arti, ritrae la moglie, Matilde Gioli Bartolommei, pochi mesi dopo il matrimonio e vestita a lutto per la morte del padre. Il dipinto appartiene a quel momento in cui gli artisti toscani sono alla ricerca di un nuovo linguaggio che riesca a far coesistere la realtà accademica e l'emergente corrente realista. Così, vediamo come l'elegante linea del disegno, d' influenza ciseriana, viene rinnovata a favore di una caratterizzazione fisiognomica del volto più "vera", dove il dolore per la recente perdita del padre si manifesta attraverso lo sguardo, così come nella posa della figura. Matilde Gioli Bartolommei, nata a Firenze nel 1848, figlia di Ferdinando Bartolommei e di Teresa Adimari Morelli, fu cresciuta in un ambiente frequentato da cospiratori, intellettuali e nobili di tutta Italia. "Ironica, intelligente e fiorentina di vecchia razza", così come la descrive Baccio Maria Bacci (Cfr. Bacci 1932, p. 603), dopo il matrimonio con Francesco Gioli si inserì nell'ambiente artistico dei Macchiaioli, divenendo subito il centro di attrazione di alcuni amici del marito, come Fattori (Cfr. TinTi 1926), Lega, Cannicci, Cecconi e Cecioni, che ospitava a casa sua a Firenze o a Villa Fauglia. Pittrice, anch'ella di elevato livello e allieva di Angiolo Tricca e di Luigi Bechi, fu anche una talentuosa scrittrice, ammirata da personaggi illustri come Diego Martelli, Ferdinando Martini, Sidney Sonnino e Renato Fucini. Matilde, fervente patriota, non dimenticò mai quel giorno in cui vide sventolare per la prima volta la bandiera tricolore a Firenze: "Provo ancora qualche cosa come un brivido a pensarci e non so se descrivere cosa fosse la città, la sera tardi, quando tornammo a casa in carrozza. Un delirio di grida e di luminarie. Su tutti i petti palpitavano le coccarde che a centinaia avevamo aiutato a cucire di nascosto nel nostro palazzo" (Bacci 1932, pp. 603-604). Sappiamo da una lettera di Francesco Gioli inviata a Luigi Bertelli nel 1901, che Matilde stava lavorando ad un libro (Gioli BarTolommei 1905) sui "tempi della vita toscana e specialmente il movimento patriotico dal 1848 al 1860" (ascenzi, Tumino, Di Felice 2008, p. 204 ), trattando i temi storici attraverso la figura del padre: Il marchese Ferdinando Bartolommei. Il nobiluomo aderì ai moti risorgimentali del 1848 e fu uno dei principali esponenti della rivoluzione fiorentina del 27 aprile, evento che portò all'uscita del Granduca da Firenze ed alla conseguente annessione della Toscana al Regno di Sardegna. Dopo la rivoluzione, egli fu nominato gonfaloniere di Firenze e, nel 1862, senatore del Regno d'Italia. Matilde, ormai anziana, morì nel 1932 a Firenze, lasciando vivo il suo ricordo tra le nuove e le vecchie generazioni. "Era una donna italiana, schietta, forte e umana, donna nel senso più bello e profondo, quasi custode di un fuoco virile latente nell'animo del suo spirito, lontana da ogni falso intellettualismo, consapevole del suo compito e del suo potere" (Bacci 1932, p. 606).

S. Valentini (con il contributo di Claudia Marino e Maria Forza), “Le vicende e il percorso della formazione della collezione”, in A. D’Agostino, C. Felli, S. Valentini (a cura di), La collezione orientale del Museo Archeologico Nazionale di Firenze.

La collezione orientale del Museo Archeologico Nazionale di Firenze L a collezione orientale del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, che comprende numerosi reperti provenienti dalla Turchia, dall'Iraq, dall'Iran e dalla Siria, databili tra la preistoria e il periodo medievale, costituisce una delle più importanti raccolte di oggetti provenienti dal Vicino Oriente conservate in Italia. I reperti che provengono dall'Anatolia, figurine antropomorfe e vasi, sono riconducibili alle culture del Calcolitico e del Bronzo Antico dell'area occidentale; le figurine antropomorfe e i vasi in stile Hacilar e Yortan rappresentano un gruppo di reperti di particolare interesse. Il lotto di materiali provenienti dalla Mesopotamia e dall'Iran comprende diversi oggetti: un rilievo neoassiro probabilmente proveniente da Ninive alcune decine di figurine in terracotta databili tra la fine del III e l'inizio del II millennio a.C., una testa di mazza votiva databile al periodo protodinastico, due pesi in pietra, tutti provenienti dal sud della Mesopotamia, alcuni reperti ceramici provenienti da Susa databili alla fine del V millennio a.C. e due lampade in bronzo ascrivibili al periodo islamico di produzione iranica. La collezione glittica include sia sigilli a stampo sia a cilindro, provenienti per lo più dalla Mesopotamia, che coprono un arco cronologico che va dal IV millennio a.C. al periodo sasanide (III-VII secolo a.C.) e con i suoi quasi 70 pezzi costituisce una delle maggiori raccolte di questi materiali presenti nel nostro paese. Gli altri oggetti di piccolo taglio di artigianato su pietra comprendono amuleti, pendenti e pesi di varia dimensione e forma.

MATTHIA DE' ROSSI E L'ARCHITETTURA DI CASA MUTI PAPAZZURRI Echi del barocco berniniano tra Filacciano e Roma

Il saggio prende in esame il rapporto professionale che intercorse tra l’architetto Matthia de’ Rossi (1637-1695), allievo prediletto del Bernini, e l’antica famiglia romana dei Muti Papazzurri, marchesi di Filacciano. Sulla base dei riscontri documentari, per la maggior parte inediti, e dell’analisi stilistica, l’indagine pone in luce gli aspetti storici ed artistici salienti che caratterizzano le due principali commissioni affidate dai marchesi all'architetto: l’intervento urbanistico nel feudo familiare di Filacciano, che gli si attribuisce per la prima volta, e la nota costruzione del palazzo romano in piazza della Pilotta.