L'effigie di Raffaello nelle medaglie dei Virtuosi al Pantheon (original) (raw)
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I Virtuosi al Pantheon, Raffaello e il suo Sepolcro: ricordi, equivoci, precisazioni
About Artonline, 2022
Di Vitaliano TIBERIA Durante le celebrazioni per il V centenario della morte di Raffaello, per precisare se ci sia stato un rapporto culturale fra i Virtuosi e l'Urbinate ho scritto questo testo, che è una sorta di epitome concettuale, un minuscolo corollario ad altri miei interventi sull'argomento in varie sedi e ai cinque volumi della storia dei Virtuosi al Pantheon; una storia, che, per motivi storiografici e non confessionali, è stata da me periodizzata per pontificati dal 1542 al 1877, in pratica da Paolo III alla morte di Pio IX, avvenuta nel febbraio 1878, e dunque alla fine del potere temporale dei papi. Come ho già avuto modo di dire in questa stessa sede pubblicistica, il ricordo di Raffaello è inevitabilmente condizionato da due date, distanti fra loro più di un ventennio, ma idealmente collegate, come lo sono nella simbologia cristiana gli estremi dell'A e dell'Ω, la nascita e la morte: si tratta del 6 aprile 1520, anno della morte di Raffaello, che ebbe sepoltura nel Pantheon, e del 1542, anno della nascita, sempre nel Pantheon, della Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta (fig. 1). 1-Il Pantheon, Stamperia E. Alberti a La Haye, XVIII secolo.[/caption] Era dunque inevitabile che il legame, puramente ideale e distante nel tempo, fra l'Urbinate e il Sodalizio giuseppino, costituito solo di artisti, denominati per questo ma anche per motivi morali ne o Art about nli Virtuosi al Pantheon, si mantenesse vivo nei secoli, nel segno della comune fede cattolica, dell'arte e dell'amore per l'antichità classica, ma desse anche luogo a fraintendimenti. Il Pantheon, infatti, era il tempio di Roma simbolico quant'altri mai. Fatto costruire dal genero di Augusto, Marco Agrippa, che coronava così il suo terzo mandato consolare, e dedicato per volere dell'imperatore a tutti gli dei, mutò destinazione nel 606, quando, per iniziativa del papa Bonifacio IV, che ne ottenne la concessione dall'imperatore bizantino Phocas, divenne chiesa intitolata ai santi martiri cristiani e successivamente a Maria; così che il suo titolo ancor oggi vigente è Santa Maria ad Martyres. Il Pantheon dunque rappresentava il simbolo della religiosità dal mondo pagano all'era cristiana, nonché il sigillo glorioso e tutelare, oltre la morte, della convivenza in esso degli ideali di bellezza classica e di fede[1]. La neonata Congregazione del Pantheon confermava, sia pure con un'originalità tutta particolare perché costituita di artisti, il successo delle associazioni confraternali dedite alla pratica delle opere pie a Roma, il cui numero, fra il 1515 e il 1599, raggiunse il numero ragguardevole di settantaquattro[5]. Ma, diversamente da altri Sodalizi finalizzati alla cooptazione settoriale di soggetti attivi nelle varie pratiche artigianali (fabbri, falegnami, sarti etc.), la Compagnia dei Virtuosi raccolse artisti di ogni livello qualitativo e quindi non solo i vertici dell'arte, perché divenissero la testimonianza pubblica di quanta vitalità tutto il mondo artistico potesse trarre dalle lodi di Dio attraverso la pratica delle virtù della fede cattolica, soprattutto la carità, ed anche attraverso la preghiera e le riunioni spiritualmente edificanti. Emblematicamente ne fecero parte fin dalla fondazione i pittori, gli scultori, gli architetti, gli ingegneri e gli artigiani che avevano lavorato alla manutenzione del Pantheon, come si legge nella Supplica rivolta nel 1543 da Desiderio d'Adiutorio a Paolo III.[6] Anche se in seguito, per motivi pratici, vi furono cooptati anche medici, avvocati e notai, oltre che musicisti, come il polifonista e tenore tiburtino Giovanni Maria Nanino, un ex allievo di Giovanni Pierluigi da Palestrina, quindi maestro della Cappella di Santa Maria Maggiore e della Cappella Pontificia, dopo essere stato eletto il 12 gennaio 1597 dai congregati del Pantheon loro Reggente.[7] Nello stesso tempo, dando ai confratelli di San Giuseppe di Terrasanta una sede nel Pantheon, si ribadiva il valore di tutta l'ortodossia cattolica: Desiderio, infatti, fondando la sua Congregazione sulle basi dottrinali e teologiche cattoliche, favoriva oltre all'attività caritatevole, condivisa dai Protestanti, anche la pratica delle indulgenze, il culto delle reliquie, di tutti i martiri ma anche di Maria e di s. Giuseppe; in sostanza, tutto quanto era invece avversato dai Protestanti e da un umanista di spicco come Erasmo di Rotterdam, il quale, rigorista neoplatoneggiante contrario all'arte, respingeva l'idea stessa di pittura, che non poteva interpretare i sentimenti degli uomini. Lo stesso Lutero, che aveva apprezzato gli ospedali, ritenne le associazioni cattoliche caritative una realtà negativa, dando questo tagliente ed eccessivo giudizio: «Se ci fosse una fratellanza che raccogliesse denaro per dar da mangiare o aiutare i bisognosi, certo sarebbe un'ottima cosa. Troverebbe favore e si guadagnerebbe il paradiso. Ma oggi non viene altro da queste aggregazioni che ingordigia e ubriachezza…Dovrebbero essere soppresse ed eliminate»[8].
Modernamente antica: la tomba di Raffaello al Pantheon
Giorgio Vasari riferisce le disposizioni testamentarie di Raffaello per la sepoltura in un’antica edicola all’interno della chiesa della Rotonda, Santa Maria ad Martyres, il Pantheon. Nonostante l’importanza del monumento, sono sconosciuti il progetto originario e la sua realizzazione, successivamente mutata più volte sino all’assetto odierno delineato nel 1933 per la Soprintendenza ai monumenti da Alberto Terenzio. Ripercorrendo le motivazioni della scelta del Pantheon da parte dell’artista urbinate e collegandole a quanto noto dell’edificio in generale e dell’edicola in particolare, prima e dopo la morte di Sanzio, l’autrice ricostruisce la conformazione della tomba e dell’altare con la Madonna del Sasso scolpita da Lorenzetto nel suo sviluppo diacronico, oscillante tra conservazione e trasformazione.
La tomba di Raffaello al Pantheon e l’altare della Madonna del Sasso
Negli ultimi giorni di vita Raffaello dispose la propria sepoltura in un’antica edicola all’interno della chiesa della Rotonda, Santa Maria ad Martyres, il Pantheon, secondo quanto tramandato da Giorgio Vasari. Nonostante l’importanza del monumento, restano sconosciuti sia il progetto originario sia la sua prima realizzazione che, a partire dall’intervento di Carlo Maratti nella seconda metà del XVII secolo, ha poi subito una serie di cambiamenti. Il saggio ricostruisce la conformazione della tomba e dell’altare con la Madonna del Sasso scolpita da Lorenzetto con la collaborazione di Raffaello da Montelupo, nel suo sviluppo diacronico, oscillante tra conservazione e rinnovamento. Quanto noto dell’edificio e dell’edicola, prima e dopo la tumulazione, è posto a confronto con lo stato attuale e con le rappresentazioni cinquecentesche, in particolare quella di autore anonimo italiano appartenente alla cerchia di Raffaello, oggi all’Istituto Centrale per la Grafica, riferibile al periodo di ideazione del restauro dell’edicola e forse a Lorenzetto. A Sanzio possiamo far risalire l’avvio della trasformazione di tutte le altre edicole: la ristrutturazione dei piedistalli delle colonne, uniti in un unico basamento, e il recupero delle immagini devozionali a tutto tondo, ricordo delle statue di divinità pagane del Pantheon di età classica, in sostituzione delle pitture medievali. I lavori promossi nel 1705 da Clemente XI Albani hanno comportato la costruzione di un nuovo paliotto cosicché alle due colonne sono stati restituiti piedistalli singoli, come nelle ricostruzioni del Pantheon antico della tradizione antiquaria. Nel Novecento il proposito di esibire le spoglie dell’artista ha portato a un radicale aggiornamento dell’edicola con gli interventi di Antonio Muñoz (1911), coadiuvato da Domenico Gnoli, e di Alberto Terenzio (1933) che ha realizzato il basamento attuale, differente dagli altri. In tal modo si è ottenuto un risultato opposto a quello desiderato da Raffaello che, nel profondo rispetto del monumento antico, aveva chiesto di limitare la propria memoria funebre a una lapide di piccole dimensioni a lato dell’edicola.
Il simbolismo della Diana Efesina in un'antica medaglia dedicata a Raffaello
Accademia Raffaello Atti e Studi , 2016
The complex iconography of the Diana of Ephesus, which also fascinated Raphael, introducing it in the decoration of the Vatican frescoes, with time became a symbol of his genius, coupled with the creative force of Nature. The article analyzes the developments in this process, beginning with the epitaph verses, through the image of the prophet Isaiah in a drawing by Federico Zuccari, up to the creation of a medal, with a Rafael’s portrait on the obverse and the idol of Diana of Ephesus on the reverse. Finally, the medal is compared with some ancient coins and with the cultural classicist of the literate Giovan Pietro Bellori and the painter Carlo Maratti, to propose a dating at the end of the seventeenth century.
Il volto di Raffaello nelle medaglie - Scripta Manent Edizioni (2019)
The history of medals dedicated to Raphael, from the seventeenth to the twenty-first century. The text is accompanied by 60 catalog cards and 39 artist biographies. https://www.aboutartonline.com/raffaello-e-larte-che-onora-i-grandi-in-un-recente-libro-i-ritratti-dellurbinate-nella-medaglistica-dal-500-ai-giorni-nostri/