MASCHIA GUERRA. Patria, ordine patriarcale e canzone. (original) (raw)

“Dulce et decorum est pro patria mori. Militarismo e guerra nel cinema di Derek Jarman da War Requiem a Blue.” in Quaderni del dipartimento di lingue e letterature straniere moderne 17, University of Genoa, Genoa 2010.

and tradition are a recurring concern in the work of British filmmaker Derek Jarman, who often elaborates texts and works of art belonging to British cultural heritage to reread the past in the light of an only apparently distant contemporary reality. This essay explores the images of war in Jarman's cinema: taking as a starting point his filmic realization of Benjamin Britten's War Requiem, it examines the way in which the different films deploy the contrast between the brutality of the war and the rhetoric use of the symbols of the Nation. Stereotypical values and roles associated with the imagery of war, in particular those connected to sexual identity, are deconstructed by the merging of different kinds of materials, from war footage, to home movies and fictional sequences. Through this complex representation Jarman connects the personal and the public, the brutally real and the idealised experience of war in an ongoing meditation on the role of the artist in relation to society and political commitment.

La guerra in canzoni : la Resistenza italiana a Reggio Emilia ed il suo inno

The song “La Brigata Garibaldi” has become the anthem of the Italian Resistance in Reggio Emilia, and is best known in the version recorded by Giovanna Daffini (who sang the song at funerals of former Resistance fighters). Its title refers to the Garibaldi Brigades, linked to the Italian Communist Party, which are named after the famous general of the Italian Risorgimento, Giuseppe Garibaldi. The text of the song invites us to situate these brigades in the context of the Resistance in Italy, especially in Emilia Romagna, and to evoke a piece of history that is, even nowadays, poorly studied. This partigiana version will be central to our study, as well as how the song was written, by whom, and in which circumstances. In order to do so, it will be necessary to introduce other Resistance songs (most of them written and sang in the province of Reggio Emilia), linked by text or by melody to “La Brigata Garibaldi”. Patterns, indicating the elements that most of these songs have in common, can easily be drawn. A very important aspect of this historical context in particular is indeed the exponential growth of these fighting songs, sang by irregular groups of partigiani, in order to create a sort of cohesion amongst the brigades. Finally, war through songs, but also war by songs, as the complicated interaction between original songs and parodies will be explored as well. If singing war songs creates cohesion and a certain synchronization of movements, these parodies (used by both partisans and Mussolini’s fighting units), aim to discredit and destabilize the enemy. In our conclusions, we will try to see if this song in particular, but also other Resistance songs of Reggio Emilia, are still known nowadays, and by what means they can be considered passeurs de mémoire.

Geografia della Grande Guerra: Canti di propaganda, di trincea e di protesta

La Grande Guerra. Luoghi, Eventi, Testimonianze, Voci , 2018

The First World War, among other consequences, was to bring both soldiers to the front as well as their home-grown members of vast areas of geography completely unknown to the majority of Italians. All this was possible thanks to the fighters at the front who have immortalized on their songs where the toughest battles were, from the Carso to the Dolomite, to Piave. All belligerent nations also had their own singing, mostly nostalgic, reminding the soldiers of the distant home and the afflictions they were excluded from.

CULTURE DI GUERRA

MILITARISMO E PACIFISMO NELLA SINISTRA ITALIANA. DALLA GRANDE GUERRA ALLA RESSITENZA, 2006

Tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, quindi in realtà 20-25 anni fa, uno dei temi allora più discussi tra storici e filosofi, fu quello delle ideologie presenti nella cultura italiana dei primi anni del Novecento. La discussione aveva avuto un carattere fortemente polemico e si incentrava soprattutto sulla valutazione del ruolo e delle posizioni degli intellettuali italiani del primo Novecento. Uomini come Papini e Prezzolini; riviste come Lacerba e La Voce; filosofie neoidealistiche (Croce e Gentile) e pragmatistiche (Vailati) venivano rimesse in discussione. Emerse allora nel dibattito l'importanza fondamentale, per quegli anni di inizio secolo e per le influenze che essi seppero esercitare sulla cultura del tempo, di due figure di intellettuali: Enrico Corradini e George Sorel. Si rilevò in sostanza quanto grande e decisiva fu l'esperienza di Corradini e della sua rivista Il Regno sulla costituzione del nascente nazionalismo italiano e quanto altrettanto influente fosse stata la filosofia sorelliana e l'ideologia del sindacalismo rivoluzionario nella formazione della politica e della cultura del movimento socialista dei primi decenni del Novecento.

“… un nastro di seta ricamato per la sua chitarra”: musica e Prima guerra mondiale

A SUON DI MARCE. Bande e musiche nella Grande Guerra. Federazione Corpi Bandistici Provincia Di Trento

Nel rileggere gli anni drammatici compresi, in Europa, fra il 1914 e il 1918 emerge chiaramente una fruizione diffusa della musica, apparentemente senza alcuna cesura con le precedenti modalità funzionali e ambientali, anzi vieppiù favorita dalla circolazione di uomini e mezzi comunicativi, sorretta dall’accelerazione tecnologica.

IL CANTO ARMONICO DEI NOMADI GUERRIERI

https://www.youtube.com/watch?v=WRqy7jNXTWk È un canto diffuso tra le popolazioni dei Monti Altaj (i "Monti d'Oro"), l'imponente catena montuosa che corre lungo il confine della Russia col Kazakistan, la Mongolia e la Manciuria (regione amministrativamente divisa tra la Cina e la Russia); tipico specialmente della Mongolia e della vicina regione di Tuva, una piccola repubblica della Federazione Russa, nella Siberia meridionale. Nella tradizione mongola-tuvana questo caratteristico canto laringeo (throat singing), detto Khöömi, è eseguito facendo ricorso ad una speciale tecnica di fonazione gutturale tramandata di generazione in generazione, che consente di mettere simultaneamente in vibrazione le 2 pliche ventricolari della laringe (corde vocali false) e le 2 pliche vocali sottostanti (corde vocali vere). Con questa tecnica si ottiene lo sdoppiamento del suono vocale in due suoni distinti, il più basso dei quali corrisponde ad una voce di normale tonalità, mentre il più alto è un suono flautato, corrispondente ad una delle armoniche parziali prodotte in un registro di canto acuto (una specie di fischio prodotto con la gola). La melodia che ne risulta è un canto difonico, ossia un canto sdoppiato (overtone singing), in cui ogni componente sonora è armonicamente modellata a imitazione dei suoni del mondo naturale. Nel canto Khöömi, di cui esistono nemerose varianti regionali, i diversi suoni riproducono infatti le tonalità delle voci degli animali, come quella del cavallo, del lupo, del cammello o degli uccelli, oppure l'eco delle montagne e delle valli, il mormorio delle acque dei fiumi e il sibilo del vento della steppa. Si tratta di una tecnica che viene appresa sin dalla tenera età, per cui un solo cantore può modulare contemparaneamente una melodia con due voci diverse, tanto da non sembrare che il canto sia prodotto da un'unica persona. Anzi, durante una esecuzione di gruppo di canto armonico, è in realtà impossibile stabilire quante siano le persone che prendono parte al canto. "La storia del cammello che piange" è un film documentario del 2003, realizzato dalla regista mongola Byambasuren Davaa in collaborazione col fiorentino Luigi Falcorni, il cui titolo originale è Die Geschichte vom weinenden Kamel, dove si narra di un cucciolo di cammello rifiutato dalla madre. Nel film, ambientato nella terra di Gengis Khan, accade che il pastore, cantando di gola, modulando la voce e sussurrando melodie alla madre del piccolo, la convince, alla fine, a prendersi cura del suo negletto piccino. È questo il potere del canto armonico dei pastori della steppa mongola. Naturalmente, a tanta ricchezza di suoni corrisponde un adeguato campionario di strumenti musicali. Su tutti domina il morin khuur, strumento nazionale della Mongolia, simile a un violino da gamba a cassa quadrata, insostituibile accompagnamento dell'urtyn duu, la conzone lunga, ed entrato nel 2010 a far parte del Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco, insieme al khoomi, il canto di gola. Simile a una viola da gamba, si suona tirando o spingendo di lato le corde (a differenza degli strumenti occidentali, in cui le corde si schiacciano e si pizzicano). Della stessa famiglia fanno parte l'Ikh Khuur (contrabbasso), l'Huu-Chir (violino), la Yatga (cetra), lo Yoo-Chin (salterio a percussione), il Tobs Khuur e lo Shanz (liuti). Tra gli strumenti a fiato c'è il

Le bande musicali militari dall'Unità d'Italia alla prima metà del Novecento, Roma, Ufficio storico dello Stato Maggiore della Difesa, 2012

2014

La storia delle bande militari italiane affonda le sue radici nelle bande degli eserciti preunitari. L'indagine storica ripercorre l'evoluzione musicale e normativa delle bande militari che dal secolo XIX, attraverso l'adozione di regole sempre più organiche e precise, ha portato alla creazione delle Musiche attuali. Ricostruisce la storia di compositori, partiture e complessi, come la Banda del 152° Reggimento Fanteria Sassari e la Fanfara di Bari, dei quali si era persa la memoria. Approfondisce aspetti, come le sperimentazioni tecnologiche ed organologiche, finora poco conosciuti. Indaga su aspetti poco noti di musicisti (come Alessandro Vessella e Giuseppe Manente) e scopre nuovi musicisti come Luigi Caccavajo.

Ungaretti e il sentimento della guerra

Cuadernos de Filología Italiana, 2015

Attraverso l'analisi comparativa di lettere a diversi interlocutori (Papini, Marone, Soffici, Puccini, Prezzolini) si delineano i diversi sentimenti della guerra del fante Ungaretti dal 1915 al '18. Negli anni permane una fede nel senso di quel sacrificio, che ha però sempre più i connotati del massacro. Nelle lettere affiora un circuito tra i dati della solitudine e della sofferenza con l'esigenza della fraternità e della gentilezza, quali fondamentali antidoti per resistere.