Apollinare di Laodicea. La cristologia tra istanza salvifica e pretesa dimostrativa (original) (raw)
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San Girolamo e il presunto millenarismo di Apollinare di Laodicea
Biblica et Patristica Thoruniensia, 2023
St. Jerome argued with the millenarianism on various occasions. It was above all his opposition to the Judaizing current in exegesis and the controversy with the authors who radicalized the ideas drawn from the scriptural images. The Chiliasm had a longer life in the West than in the East. A special case is the mention of the supposed millenarianism of Apollinaris of Laodicea. It is worth noting that the bishop of Laodicea is commonly regarded as the final proponent of chiliasm in the East for whom any reliable information has been preserved. Despite the preference of Apollinaris for literal exegesis, which could be inspired by Chiliastic convictions, he does not lend himself to the harsh criticism of Jerome addressed to the millenarians. The pages on the millenarian topic testify that the Laodicean for various reasons was implicated in this controversy. Jerome denounces the error of the bishop of Laodicea in only a limited way. Probably Apollinaris relied on success in his preaching of eschatological themes, and could then draw a certain consensus on his Christological doctrine. It is possible to glimpse the inheritance of an exegetical tradition of the literal sense. The theme seems little explored in the set of controversies undertaken by the Stridonian. Streszczenie. Św. Hieronim polemizował z koncepcjami millenarystycznymi przy różnych okazjach. Przede wszystkim jednak jego argumenty były skierowane przeciwko judaizującym tendencjom w egzegezie i autorom, którzy w nieuzasadniony sposób wykorzystywali biblijne koncepcje i obrazy. Millenaryzm miał dłuższy żywot na Zachodzie niż na Wschodzie. Szczególny jest przypadek Apolinarego z Laodycei, posądzanego o wyznawanie chiliazmu. Jest to jednak mało znaczący element w całości jego doktryny. Co ciekawe jednak, uznaje się biskupa Laodycei za ostatniego przedstawiciela chiliazmu na Wschodzie, o którym przekazano informacje. Mimo preferowania
L’Episodio di Eliodoro al Tempio (2Mac 3,1-40) nel contesto dello scontro tra ellenismo e giudaismo
Salesianum. Annus LXVII, 2005
L’articolo, attraverso l’analisi storica e letteraria di 2 Mac 3 (in particolare i versetti 1-14a), mostra come l’anonimo autore del testo deuterocanonico, un ebreo osservante della seconda metà del II sec. a.C., abbia voluto proporre ai lettori la propria concezione del giudaismo, della Legge e del Tempio; si tratta di una posizione intransigente che non poteva non venire in contrasto con l’ellenismo, che andava diffondendosi nelle comunità giudaiche di lingua greca. Per raggiungere tale scopo, nel testo di 2Mac la realtà storica dei fatti (che mostrerebbe da un lato la correttezza legale dell’agire del governo seleucidico, dall’altro le profonde spaccature che laceravano la classe dirigente della comunità giudaica di Gerusalemme) passa in secondo piano; viceversa vengono messe in primo piano la concezione della Tôrâ, legge data da Dio e che nessuno, nemmeno il sovrano, può mutare, e del Tempio, segno inviolabile dell’Alleanza. Pertanto il testo, sotto la forma di una narrazione storica, è un’opera “teologica”, che vuole da una parte mostrare che Dio ha rinnovato, come ai tempi della fuga dall’Egitto e dell’esilio di Babilonia, i prodigi a favore del suo popolo, dall’altra persuadere i giudei ellenizzati a tornare alla pratica fedele della tradizione ricevuta dai Padri.
L’attualit della dottrina cristologica di Calcedonia
The Person and the Challenges. The Journal of Theology, Education, Canon Law and Social Studies Inspired by Pope John Paul II, 2011
The Christological doctrine defi ned during the Chalcedon Council (451) was the point of reference to consolidate the Christian doctrine in the fi fth century. It also became the foundation of the evangelizing mission led by the Church in the following centuries. In the context of the new challenges and interpretation a question, whether the Chalcedon doctrine needs to be reinterpreted, arises. This article tries to show the relevance of the Christological dogma which was defi ned by the Chalcedon Council. The attention is paid to this dogma rooted in the Church Tradition and also to its soteriological and anthropological meaning. The soteriological perspective, which was given the utmost importance during the Chalcedon Council and similarly during other councils held in the fi rst millennium, proves the doctrinal relevance of the dogma and furthermore makes it more meaningful. From the hermeneutic point of view this article presents the need of referring to the principle of theological apophatism in order to interpret the dogma correctly.
Il commentario all’Iliade P.Oxy. LXXVI 5095 e gli scholia exegetica
ZPE 184 (2013) 11–20
L’hypomnema testimoniato da questo papiro del V/VI secolo attesta una peculiare redazione testuale, rispondente a uno specifico bisogno formativo e culturale, di una delle fonti da cui a sua volta attinse il redattore "c" degli scholia exegetica all’“Iliade”. Se ne ricava una testimonianza puntuale e concreta della circolazione in avanzata età tardoantica di commentari continui su codice poi utilizzati dai compilatori bizantini dei corpora scoliastici.
Il παρακαλεῖν nei discorsi degli Atti degli Apostoli tra esegesi midrashica e retorica ellenistica
Discendi studioso. Per i settant'anni di Marcello Marin, a cura di M. Veronese e V. Lomiento, Auctores Nostri 22, 2019
L’analisi dei due discorsi di Pietro (At 2,14-41) e Paolo (At 13,16-41) )conferma l’ipotesi che l’espressione λόγος παρακλήσεως e il verbo παρεκάλει (At 2, 40), adoperati da Luca per caratterizzarli, vanno intesi non nel senso di un generico incoraggiamento, ma come annuncio della salvezza messianica attesa da secoli e fondata nelle Scritture Sacre di Israele che hanno preparato il compimento realizzatosi nella vita e nelle opere di quel Gesù resuscitato dai morti per sedere alla destra di Dio.
Laodice: storia di una polemica mitologica dall’ellenismo alla tarda antichità
Prometheus: Rivista quadrimestrale di studi classici, 2009
Il personaggio di Laodice, definita nell'Iliade la più bella delle figlie di Priamo 1 , si pone al centro di una complessa polemica mitologica, frutto della coesistenza di diverse varianti, alcune delle quali sono attestate per noi solo occasionalmente, a causa delle gravissime perdite subite dalla tradizione letteraria antica. Secondo la versione troiana, quella più nota, mentre Troia brucia tra le fiamme, la terra si apre, inghiottendo interamente l'eroina. Questa forma del racconto, attestata da Licofrone (314-322) e nota allo Pseudo-Apollodoro (Epit. 5.25), ricomparve in età tarda presso Quinto Smirneo (13.44-551) e Trifiodoro (660-663). Accanto alla versione troiana, in età ellenistica, con Licofrone (494-503), Euforione (fr. 63 van Groningen = 58 Powell) e Partenio (Narr. am. 16), è testimoniata anche un'altra variante-questa volta a sfondo erotico-, che non contraddice quella precedente, ma anzi, nel caso di Licofrone, l'arricchisce. Secondo questa variante, sviluppatasi probabilmente in ambiente attico, in quanto riconducibile alla saga teseide, Laodice risulta coinvolta in una vicenda amorosa con Acamante, il figlio di Teseo, dal quale nascerà un figlio, Munito, allevato nella segretezza. Dalle fonti pervenuteci conosciamo anche un'altra versione attica, quella di una Laodice aichmalotis, attestata nelle arti figurative attraverso Polignoto, stando a quanto narrano Plutarco (Cim. 4.6) e Pausania (10.26.7). D'altro canto, abbiamo notizia di una Laodice salva per via dei rapporti di parentela con la dinastia degli Antenoridi, di cui ci parla ancora Pausania (10.26.7-9), senza che purtroppo si possa stabilire con esattezza da dove provenga questa versione del mito. Tuttavia il suo nucleo originario è ravvisabile nell'opera omerica, dal momento che, seppur brevemente, già nell'Iliade (3.121-124) Laodice veniva ricordata, oltre che per la sua singolare bellezza, in quanto sposa di Elicaone, figlio di Antenore. Mi propongo qui di documentare la polemica sorta intorno ad alcuni filoni di questo mito, in un periodo non meglio precisato, e approdata sino all'epica tarda, attraverso l'analisi delle diverse varianti e la comparazione delle fonti, nel tentativo di rintracciarne la genesi e i processi di attivazione. La morte prodigiosa di Laodice: la versione troiana (1) Punto di partenza di questa analisi sarà Licofrone, il quale, stando a quanto ci è pervenuto, è l'unico a narrare sia la morte prodigiosa dell'eroina
Materia giudaica XXIV, (2019), pp. 271-291.
The motto reported at the beginning of this study is the senetence from Talmud b., Baba Qamma 82b: "Cursed be the man who taught his son Greek philosophy". The author illustrates the context in which the “Letter on the Sanctity of Sexual Union between Man and Woman” was born, starting from the dispute between maimonists and antimaimonists that characterized the two centuries following the death of the Maimonides in 1204. After mentioning the apocalyptic root of sexual phobia, which was particularly spread in the Christianism during the first Father of the Church in the 3rd–4th centuries, the paper proceeds examining the dispute and the accusation of having against Maimonides who deviated from the statements of Genesis. Gigatilla, accused Maimonides for having been deviated from that “devil of Greek philosopher”, namely Aristotle. Finally, the author of this paper describes the structure of the letter, also reporting some significant passages. The author lists as many as 62 manuscripts of the work, of which at least 32 were copied in Italian writings, and 19 printed editions from 1546 to 2006, to demonstrate the success of this short composition which disputes the removal of philosophy from the original doctrine biblical.
Ricerche Storico Bibliche 34, 2022
In the final chapters of the Acts of the Apostles there are some speeches of Paul in “judicial” settings. In these speeches a relevant presence of the language of “hope” arises. Paul states that it is “for the hope” that he is “under judgment” (Ac 23.6: κρίνομαι), “accused” (26.7: ἐγκαλοῦμαι) and “in chains” (28.20: τὴν ἅλυσιν ταύτην περίκειμαι). This hope is shared with all or a part of Israel and is significantly considered the “cause” of the trial and imprisonment. The purpose of this article is to show that Luke describes Paul’s insistence on being accused “for the ἐλπίς” for three related reasons: 1. A kerygmatic reason: to announce the eschatological and soteriological fulfilment, through the resurrection of Christ, of Israel’s hope. 2. A precise trial strategy: to circumscribe the ar- ea of conducts attributable to the accused within the sphere of religious disputes irrelevant to the Roman Law. 3. Finally, the insistence on the hope in Christ may represent a hidden political transcript, that is a sur- reptitious yet consistent message of opposition to the political and impe- rial propagandistic apparatus of the early Principate, when the promo- tion and spread of the ideology of Spes Augusta led to the identification of the hopes of the subjects for the vitality, welfare and survival of the Empire in the action of the princeps and in the continuity of his dynasty.