Affascinati dall’eco, lo studio sulle pitture rupestri, Review in Il Giornale (27-06-2017) (original) (raw)
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Sul periodo fascista e postfascista oppidese, e calabrese in genere, Rocco Liberti ha scritto molto e con grande onestà intellettuale, e molto hanno scritto anche vari altri studiosi, ma un saggio sia pur breve, come questo, che scava a ritroso con convinzione per rinvenire proprio in questo estremo lembo della Penisola una salda e coraggiosa reazione della Chiesa locale contro lo strapotere politico fascista, forse ancora mancava. Ed è uno scritto tanto più pregevole quanto più si osservi che l'azione della chiesa diocesana oppidese, almeno in questa fattispecie, marciava quasi in controtendenza con una parte della Chiesa romana spesso preoccupata di evitare ogni sorta di disguido diplomatico con il governo dell'epoca e con le sue emanazioni territoriali, che spesso agivano in forme riottose e spavalde. La figura del vescovo Galati ne emerge, proprio per questo, gigantesca. I fatti oppidesi del 1924, che videro nel presule un inflessibile modello di coerenza cattolica, probabilmente non ebbero toni uguali, almeno nel meridione della Penisola, e furono il detonatore per il quale poco più di due anni dopo lo stesso vescovo, nel 1927, veniva promosso alla sede arcivescovile di Santa Severina e rimosso dalla sede oppidese per lui divenuta scomoda. Una pagina dolorosa per la chiesa locale, anzi per la Chiesa tutta, che contemporaneamente, approfittando della vacanza venutasi a creare in questa antichissima diocesi aspromontana, pensava di relegarvi come nuovo vescovo quel mons. Giovanni Battista Peruzzo (Vedasi in questo blog, cliccando qui, IL PASTORE DELLE PECORE D'ASPROMONTE-Monsignor Giovanni Battista Peruzzo, protagonista del libro di Andrea Camilleri "Le pecore e il pastore", vescovo indimenticato di Oppido Mamertina), che, per analoghi motivi del suo predecessore, a Mantova era stato fiero oppositore degli eccessi fascisti verso i cattolici in più di una occasione e che evidentemente anche a Oppido continuò la sua missione pastorale senza sconti per nessuno, se è vero che anche lui, dopo pochissimi anni venne repentinamente promosso all'arcidiocesi di Agrigento e a sua volta rimosso da Oppido. Ma lo studio di Rocco Liberti ci riserva un'altra graditissima sorpresa: oltre a riscrivere con assoluta esattezza una pagina oscura di questo Territorio, nella parte conclusiva, traccia una bella rievocazione dell'incisiva, seppure sommessa, azione politica e culturale svolta già negli anni in cui lo zio era vescovo a Oppido, dal futuro onorevole e sottosegretario Vito Giuseppe Galati, vissuto a Oppido per un certo periodo. Liberti ricostruisce parte della corrispondenza epistolare del Galati addirittura con Piero Gobetti e il suo contributo a quella "Rivoluzione liberale" che in qualche modo costituiva quasi una significativa premessa per la rinascita della democrazia. Come Oppidesi, e non solo, siamo davvero orgogliosi di questa corrispondenza di intenti concepita proprio a Oppido e non cesseremo mai di ringraziare Rocco Liberti anche per questo pregevolissimo dono di informazione che pochi immaginavano. (Bruno Demasi)
Nel cuore degli uomini. India Matri Bhumi di Rossellini. Fata Morgana, n. 27, 2016
«Perché l’amore dopo tutto ha luogo nel mondo» ha scritto Alain Badiou nel suo “Elogio dell’amore” (Neri Pozza, 2013). Allo splendore del vero, Roberto Rossellini - «con un amore molto preciso» come dirà lui stesso – filma su pellicola l’aver luogo della sua India come un mondo possibile in questo mondo: «India è la creazione del mondo» con queste parole, del resto, Jean-Luc Godard aveva salutato l'uscita di India Matri Bhumi (1959). Un autentico poema d’amore, «una meditazione sulla vita, sulla natura, sugli animali» (F. Truffaut, "I film della mia vita", Marsilio, 1992), vero e proprio atto di conoscenza e d’amore capace di ricondurci in quanto tale a quello che non potrebbe essere letto altrimenti se non, anzitutto, come un atto di fede nel rinnovato, rinsaldato, legame tra uomo e mondo; l’amore: il vero humus della terra. E allora: “Bisogna che il cinema filmi, non il mondo, ma la credenza in questo mondo, il nostro unico legame”. In questo saggio si tratterà di verificare, muovendo proprio da queste ultime considerazioni deleuziane, in che modo in questo film in particolare, la questione della credenza arrivi a intrecciarsi indissolubilmente a una questione d’amore tanto da riuscire a penetrare con essa nelle carni vive del reale. Insomma quest’opera straordinaria non cesserebbe un solo momento di dirci, di cantarci in primo luogo di quell’amore che è di un popolo per la vita (questa stessa vita che non finisce e che non fa che brulicare, incessante) come una tensione solo nutrita di una fede semplice ma ancora possibile tra uomo e mondo.
CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLA NATURA GIURIDICA DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA
Il contributo, muovendo da una nozione neutra e strumentale di pianificazione/programmazione economica, intende offrire un quadro problematico intorno alla natura giuridica del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, alla luce di alcuni spunti di riflessione forniti dal dibattito dottrinale italiano degli anni Sessanta e Settanta sull'esperienza della "legge di piano". In particolare-ferma restando la "vincolatività esterna" del Piano, in quanto allegato ad una decisione di esecuzione di un Regolamento UE-ci si confronterà con le tesi sulla "normativizzazione" dell'indirizzo politico (espresso attraverso il Piano) e sulla "legificazione implicita", verificandone la tenuta di fronte al rispetto della riserva di legge di cui all'art. 41, terzo comma, Cost. (la cui ratio è individuata nell'attribuzione al Parlamento, nella forma della legge, della determinazione dell'indirizzo pianificatorio, come species autonoma e costituzionalmente rilevante dell'indirizzo politico). Di qui l'invito a riscoprire la centralità del Parlamento, sul presupposto della necessità-secondo la lezione di Alberto Predieri-di una "piena coincidenza della direzione politica e della direzione economica nell'organo tipicamente rappresentativo della comunità".
Presentazione numero 27 della Rivista Geotema
Il gruppo di lavoro: Itineraria, Carte, Mappe: dal reale al virtuale ha realizzato un insieme di relazioni dove si parla del viaggio, ma in realtà questo costituisce solo uno dei termini del discorso, in quanto l’altro, quello che si può considerare principale, è dato dall'elemento Carta, anche quando in realtà non si può parlare di una carta vera e propria, ma piuttosto di un ausilio visivo all’interpretazione della realtà, del territorio o di un paesaggio, quale può essere un dipinto, una veduta o anche un/illustrazione o una descrizione letteraria o un paesaggio musicale.
Sicilia Archeologica, n. 112, 2021
Il sito di Rocca Giglio (Valderice, Trapani) si colloca nell’antico territorio di Erice ed è costituito da un tavolato calcareo che sorge a meno di cinque chilometri dalla costa, elevandosi fi no a 169 m sul livello del mare. Il fronte meridionale di Rocca Giglio è ricco di grotte e ripari che hanno fatto del luogo un sito abitativo fi n dalla preistoria. Diversi nuclei di incisioni lineari e sub-lineari, per lo più raggruppate in parallelo e in verticale, con rari segni orizzontali a intersecarle, testimoniano una frequentazione attiva tra il tardo Paleolitico e il Mesolitico. Le pitture presenti nel “Riparo 1” riconducono invece all’epoca storica, verosimilmente all’età ellenistica, come sembrano testimoniare i frammenti ceramici rinvenuti nel terreno arativo sottostante, ai piedi della falesia rocciosa. Tra le pitture compaiono due raffigurazioni di navi, rese in modo corsivo e in stato di conservazione frammentario, di cui si propone la lettura sul piano archeologico-navale. The Rocca Giglio archaeological site (Valderice, Trapani, in Sicily) is located in the ancient territory of Erice and consists in a limestone plateau situated 169 m above sea level, less than five kilometers from the coast. The Rocca Giglio southern front is rich in caves and shelters, which made the site a living place since prehistoric times. A large number of linear and sub-linear engravings, mostly grouped in parallel and vertically, intersected by rare horizontal engravings, testify a frequentation between late Paleolithic and Mesolithic era. The painted drawings of the “Riparo 1” refer to the historical era instead, likely to the Hellenistic age, as it seems testified by the pottery fragments found in the underlying plowed ground, at the foot of the rocky plateau. Among the drawings there are two ships, schematically depicted and incomplete preserved, which are described and interpreted from a nautical-archaeological point of view.