Diversamente bianco. La policromia della scultura romana (original) (raw)

La policromia delle statue antiche

J.M. NOGUERA CELDRÁN – E. CONDE GUERRI (a cura di) Escultura Romana en Hispania V (Actas de la reunión internacional, Murcia, 9-11 noviembre 2005), Murcia 2008, pp. 65-85

La policromia degli elementi non figurati nella scultura greca e romana. Proposte per uno studio del colore di puntelli, sfondi, basi

Annuario della Scuola Archeologica di Atene e delle Missioni Italiane in Oriente, 2019

The paper discusses the polychromy of non-figural elements in Greek and Roman sculpture, investigating the choice of colors for the struts of marble statuary (i.e., structural and non-representational supports) and for the background of a relief (i.e., the area without figural decoration). Thanks to a selection of case studies ranging through a wide span of time, the paper challenges current scholarly approaches to this material and explores alternative avenues of investigation for further research. Unlike current explanations, it seems that color was not necessarily meant to conceal the structural implements of a statue. It rather contributed to differentiate and highlight the individual parts of an artwork. Furthermore, the choice of color for the background of a relief seems to mirror the taste of different periods and sometimes contributes to the characterization of the scene.

Stile e colore. Policromia nella scultura napoletana del Trecento e Quattrocento

Il colore nel Medioevo. Arte, simbolo tecnica. Pietra e colore: conoscenza, conservazione e restauro della policromia, Paola Antonella Andreuccetti / Iacopo Lazzareschi Cervelli edd, 2009

Lo sguardo scientifico sulla scultura policroma è normalmente diretto su singole opere ed analisi isolate. Questo approccio è giustificato, anzi neccssario. Le grandi perdite e il gusto per una scultura "pulita", nuda, pura, fanno si che il materiale sia scarso, frammentario e difficile da trovare. Visto che i dettagli spcsso sfuggono a occhio nudo, le diagnosi dei restauratori costituiscono sovente l'unica base solida, scientifica dei ragionamenti.

“La regle, l’état normal était la coloration”. Dibattiti ottocenteschi sulle policromie ‘restituite’ al Medioevo in Francia e in Italia

francese, che determinò nel tempo conseguenze inaspettate: "le dégout succéda rapidement à l'engouement. La coloration de l'architecture retomba dans le discrédit" . La conseguenza di questa situazione fu la diffusione di un nuovo gusto per le pareti prive di rivestimento che però, spiega l'architetto restauratore, non ha nulla a che fare con le reali logiche decorative delle architetture del Medioevo e che invece molto c'entra con il fatto che "le public", nel passaggio attraverso i secoli, ha perso l'abitudine a "voir des couleurs assemblées", sviluppando un "séntiment repulsif pour ce qui est en dehors des ses habitudes" 4 . Consapevole di questa realtà, Viollet-le-Duc inizia ad illustrare il lavoro fatto nelle cappelle di Notre Dame, dichiarando esplicitamente che ogni scelta operata sul cantiere è stata pensata nell'ottica di non offendere il gusto comune, e di aiutare invece il pubblico alla comprensione dell'intero lavoro. Vengono allora descritti nel dettaglio gli studi compiuti nella cattedrale prima di realizzare le pitture, studi funzionali all'applicazione, sulle pareti e sugli elementi architettonici, di cromie scelte in relazione ad una lunga serie di fattori: l'esposizione degli ambienti, la differenza di luce che si determina sulle diverse pareti durante tutto l'arco di una giornata, l'azione di filtro che sulla luce esercitano le vetrate colorate e così via. Nulla è stato lasciato al caso, nulla è stato improvvisato, ogni cosa è stata pensata per permettere al fruitore comune di entrare nella cattedrale e sentirsi a proprio agio 5 . Sul finire degli anni Sessanta dunque, all'apice di una lunga carriera di restauratore Nel 1868 Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, che da pochi anni aveva concluso il ventennale restauro di Notre Dame di Parigi, diede alle stampe un interessante volume dedicato all'intervento eseguito per la decorazione pittorica delle cappelle del coro 1 . Il testo, nato per descrivere il lavoro fatto, si compone di splendide tavole illustrate sulle pitture e di poche pagine scritte, in cui l'architetto-restauratore riflette sulla policromia dei monumenti medievali in rapporto agli interventi di restauro che ha visto compiersi su di essi a partire dai primi decenni del secolo. La polemica contro i "défenseurs du classicisme" e la loro negazione del colore apre lo scritto; vengono ricordate le ricerche d'inizio secolo sulla policromia dei monumenti antichi e le resistenze che esse incontrarono da parte degli accademici francesi che, nonostante l'evidenza dei ritrovamenti, continuavano a sostenere le "beautés pures de la forme" 2 . Racconta Viollet-le-Duc di come le ricerche proseguissero iniziando poi a riguardare anche i monumenti medievali "nos anciennes églises", dove "les trop curieux chercheurs […] se mirent à écailler le badigeon" dimostrando che i monumenti medievali, come quelli antichi, erano in origine variamente colorati: "la regle, l'état normal était la coloration". Questa nuova consapevolezza determinò tra gli appassionati del Medioevo un moto di entusiasmo per l'architettura policroma e "une école d'artistes […] ayant trouvé de coté e d'autre des tons variés couchés sur les monuments anciens, se mit à poser un peu au hasard, ou d'ispiration, des couleurs sur les édifices modernes ou restaurés" 3 . Fu un uso improvvisato ed improprio del colore, sottolinea l'architetto

La policromia dell'Ara Pacis Augustae: osservazioni sulla storia dell’arte romana

La policromia delle opere scultoree ed architettoniche antiche appare nella letteratura scientifica contemporanea come un dato trascurabile, neutrale, relegato a margine nell’interpretazione storico-artistica ed archeologica. Indipendentemente dai pregiudizi winckelmanniani, è esistita ed esiste nella cultura occidentale una difficoltà diffusa ad accettare complessivamente la presenza del colore. E’ per noi, infatti, un’abitudine consolidata la possibilità di leggere le immagini private delle loro caratteristiche cromatiche. In particolare nella trattatista storico-artistica, ciò ha determinato una limitata consapevolezza culturale delle funzioni che il colore ha svolto nella società greca e romana. Analizzare il valore dato dagli studiosi alla policromia dell’Ara Pacis, monumento la cui scoperta e ricostruzione hanno decretato l’autonomia dell’arte romana da quella greca, potrebbe consentirci un’elaborazione ed una riflessione non esclusivamente filologica su molte questioni specifiche della storia dell’arte romana; potrebbe permetterci di formulare nuovi criteri attraverso i quali sia possibile affrontare il problema della specificità e della storicizzazione delle immagini romane; potrebbe inoltre essere un passaggio indispensabile per individuare le conseguenze che l’atteggiamento culturale “classicistico” ha provocato nel modo di intendere l’arte romana e più in generale quella antica. Nel dibattito sul ruolo delle forme artistiche come oggetti delle scienze storiche e sulla funzione delle immagini nelle società antiche ed, in particolare, in quella romana, il riconoscimento teorico della presenza del colore può contribuire a ricostruire attraverso le categorie antiche della rappresentazione e della percezione il sostrato sociale, culturale e politico che ne ha fissato l’utilizzo. In questo senso il monumento augusteo rappresenta un’evidenza privilegiata date le implicazioni politiche e religiose che ne hanno determinata la costruzione e definita l’originalità.

Policromia delle strutture murarie. Riflessi della tecnica di costruzione a blocchi policromi nella ceramografia etrusca e greca, in L’Ara della Regina di Tarquinia, aree sacre, santuari mediterranei, Giornata di Studio (Milano, 13 giugno 2006), Milano 2009

Fra le molte peculiarità architettoniche rilevate nelle indagini più recenti presso l'Ara della Regina, un aspetto degno di interesse, sul piano della tecnica costruttiva, è quello relativo alla realizzazione del muro 24, denominato in letteratura "gamma", databile entro l'inizio del VI secolo, i cui riferimenti stratigrafici, sono stati forniti nel contributo di Maria Bonghi Jovino 1 .

Marmora presso il Traianeum di Italica: un paesaggio sacro in policromia

Anales de Historia Antigua, Medieval y Moderna , 2021

In questo articolo scientifico presentiamo i tipi di marmora rinvenuti nel monumen-to del tempio di età adrianea che conosciamo con il nome di Traianeum de Italica(Andalusia, Spagna). È un santuario dedicato al culto imperiale che presenta una grande varietà di tipologie di marmora, provenienti dalle diverse regioni del territorio romano. L’identificazione tipologica è stata effettuata mediante analisi macroscopiche, per rocce ornamentali colorate, e l’applicazione di tecniche archeometriche per marmi bianchi e per varietà litiche che possono indurre confusione. In questa ricerca ci concentriamo su pezzi che presentano singolarità, l’enumerazione dei tipi di marmoratrovati, la proporzione dei materiali in cui sono stati realizzati i pezzi conservati e catalogati, e le regioni di origine dei diversi materiali lapidei.