"Gli europei d’oltremare in Nord Africa, partenze e ritorni. Il caso dell'Algeria", SISSCO - Cantieri di Storia IX, Università degli Studi di Padova, 2017 (original) (raw)

Attraverso la Storia; Spazi, reti, linguaggi - Roma, 23-25 ottobre 2014. Coordinatore panel: "Un'impresa rischiosa e redditizia: scambi, scontri e incontri lungo la frontiera nordafricana (secc. XVII-XVIII)". Intervento: "Tangeri tra guerra e commercio: una porta inglese al Nord Africa"

ABSTRACT PANEL: "Un'impresa rischiosa e redditizia: scambi, scontri e incontri lungo la frontiera nordafricana (secc. XVII-XVIII)" In età moderna, capitani, mercanti e patroni di barca si muovevano abitualmente nello spazio mediterraneo seguendo le vie dei propri lucrosi traffici, e ben conoscevano i rischi e le insidie connessi alla navigazione in uno scenario costantemente militarizzato. Le rotte del profitto, che conducevano sulla sponda nordafricana e verso il Levante, attraversavano una frontiera marittima presidiata dai corsari barbareschi da un lato e dai loro antagonisti cristiani dall’altro. Tale frontiera, se per un verso rappresentava un ostacolo per gli scambi commerciali, per l’altro serviva a definire (o talvolta a creare) uno spazio economico elitario destinato esclusivamente a particolari attori. Vi erano insomma due tipologie di interazione, tra loro complementari: una era basata sullo scontro o sulla difesa del territorio; l’altra, importantissima, era centrata sullo scambio, sulle franchigie e i privilegi. La seconda beneficiava degli effetti della prima poiché più emergevano i conflitti più la forza dei privilegi si rivelava determinante nel garantire il successo di alcuni operatori commerciali. Si può leggere in questa chiave, ad esempio, la prosperità delle bandiere inglese e francese nel Mediterraneo: in virtù dei trattati siglati con le reggenze barbaresche, esse erano predilette dai negozianti di ogni nazione quando si trattava di noleggiare bastimenti per il trasporto di mercanzie a lunga distanza. Navigare con bandiera privilegiata, infatti, riduceva i rischi del viaggio e di conseguenza diminuiva i costi assicurativi. Ovviamente né la conflittualità né il privilegio erano dati in maniera definitiva: i rapporti tra gli stati che si trovavano sulle opposte sponde della frontiera erano infatti sottoposti ad una continua negoziazione. La conquista del privilegio era spesso frutto di una politica di potenza in grado di imporsi con le armi, occupando particolari aree strategiche o utilizzando le forze navali come elemento intimidatorio. A coloro che non potevano vedere la propria iniziativa privata supportata da adeguati strumenti coercitivi non restavano che due soluzioni: ricorrere a bandiere “sicure” o percorrere la via della cauta diplomazia. Tenendo conto di tre differenti prospettive – quella diplomatica, quella economica e quella militare – gli interventi qui proposti sono mirati a evidenziare alcune delle modalità attraverso le quali diversi attori mediterranei hanno avvicinato e, talvolta, affrontato il Maghreb tra il XVII e il XVIII secolo. ABSTRACT INTERVENTO: "Tangeri tra guerra e commercio: una porta inglese al Nord Africa" Quando, nel 1684, gli inglesi lasciarono Tangeri dopo un solo ventennio di occupazione, furono molte le voci che si levarono contro la decisione di abbandonare un avamposto così rilevante sotto molteplici punti di vista. Le divisioni politiche e gli aspri contrasti religiosi all’interno del parlamento avevano però costretto Carlo II, seppur a malincuore, all’infelice risoluzione. Tangeri aveva rappresentato, dal 1662, una testa di ponte importante per la penetrazione inglese nel Mediterraneo, fornendo una base d’appoggio per le operazioni della Royal Navy sulle coste nordafricane. Secondo il pensiero di alcuni dei suoi principali sostenitori, la colonia non era però destinata ad una funzione esclusivamente militare: essa sarebbe dovuta divenire un rilevante scalo commerciale, punto cruciale del sistema convogliare verso gli stretti e, infine, luogo d’incontro aperto a tutti gli attori che, in un modo o nell’altro, dal Mediterraneo traevano profitto. Questa era l’idea espressa, ad esempio, da Henry Sheeres, l’ingegnere impegnato nella costruzione del poderoso molo, nel suo A discourse touching Tanger: in a letter to a person of quality (stampato nel 1680) dove egli suggeriva che il nuovo porto avrebbe dovuto accogliere non solo vascelli europei, ma anche moreschi, turchi e persino corsari barbareschi desiderosi di vendere le loro ricche prede al miglior offerente. Lo studio – basato principalmente su documenti prodotti e raccolti dal Board of Trade , oltre che su diverse pubblicazioni d’epoca – della breve ma incisiva parentesi coloniale britannica sulle coste marocchine offre la possibilità di gettare uno sguardo non solo alla politica di potenza esercitata dagli inglesi nei confronti delle reggenze barbaresche nella seconda metà del XVII secolo, ma anche agli aspetti economici più pragmatici della gestione di Tangeri, potenziale città-frontiera nordafricana.

[Paper] Navigare necesse est: al di là del Mare Nostrum. Con prefazione di Franco Cardini “Ripensando la politica estera (in particolare mediterranea e orientale) di Mussolini [Navigare necesse est: Beyond the Mare Nostrum. Foreword by Franco Cardini: "Thinking over the Foreign Policy of Mussolini"]

Minima Cardiniana, 2021

To frame the general lines of Fascism's policy towards Asia for the book I am working on, Mussolini and the Orient, I have limited myself to outline the directives of the Duce's foreign policy - taking into consideration the regions I am dealing with. And, of course, now that the book is almost finished, I can say that I have developed my thesis first of all on the vexata quaestio: is there a fascist foreign policy? The other question I have tried to answer is: what does it develop around? And what vision did Mussolini have, if he did? For decades historiographers have debated whether there was a primacy of foreign policy in the fascist period and even if one could speak of "foreign politics", that is, if Mussolini had brought about a radical change and different priorities with respect to the foreign policy of the previous liberal Italy, or if we were to speak of "fascist foreign policy", that is, a policy of substantial continuity with the past or, at most, of exasperation of previous themes. Another point of interest for scholars, important in my opinion mainly in relation to certain choices made from about 1935 onwards - the Ethiopian Campaign, the racial laws, the entry into war - is how much Mussolini's personality and psychology influenced his foreign policy choices. But on the two topics, and on others such as the influence of ambassadors on the directions of Mussolini's foreign policy, there are many excellent studies. I will mention only a few classics on these issues. Proud anti-fascist, Gaetano Salvemini [...]

M. Ravallese, Il lato oscuro dell'addio. Diaspora ed esilio nella Guerra Giudaica di Flavio Giuseppe, in M. Barbanera, A. Caruso, R. Nicolai (a cura di), Diaspora. Migrazioni, incontri e trasformazioni nel Mediterraneo antico, Edizioni Quasar, Roma 2023, pp. 111-136

Maurizio Ravallese, 2023

The historical-literary function of the Jewish Diaspora in Josephus’ BJ is decisive. The story of the defeat is configured as an invitation not to rebel addressed to the Jewish communities outside Palestine, as well as to the Pagans of Rome. All this explains the adoption of Greek historiographical pragmatism and Jewish prophecy. Furthermore, in the preface, the reference to the Diaspora transforms the conflict of 66-70 into the greatest upheaval ever: since the Temple is the point of connection between Jerusalem and the rest of the Jews, its destruction becomes a world event that damages the entire Jewish religion. And then there is the personal story of Josephus, a Hasmonean priest who wrote his work as a libertus in Rome, dividing himself between the Flavian court and the Jewish community of the city. He too had the opportunity to experience the humiliations suffered by the Diaspora at the hands of the victors. But he preferred to move cautiously, often obscuring facts that might have engendered suspicion.

2015. L’Italianità degli altri. Le migrazioni degli ex sudditi coloniali dall’Africa all’Italia, «Altreitalie», gennaio-giugno, 50 (2015), pp. 71-86

Piero Bassetti Prefazione 8 [Foreword] Emilio Franzina Lettere per anniversari. La grande Guerra nel carteggio italo argentino della famiglia Sola 11 [Letters for anniversaries. The Great War in the Sola family's correspondence with Argentina] Sommario | Abstract | Résumé | Resumo | Extracto 29 Paola Corti Altreitalie e le fonti 32 [Altreitalie and the sources] Sommario | Abstract | Résumé | Resumo | Extracto 44 Giuseppe Cossuto Passato italico, presente tataro, futuro incerto 46 [Italic past, Tataric present, uncertain future] Sommario | Abstract | Résumé | Resumo | Extracto 54 Patrizia Audenino I profughi italiani: «una pagina strappata» della storia nazionale 56 [The Italian refugees: a national history's «ripped page»] Sommario | Abstract | Résumé | Resumo | Extracto 68 Antonio Morone L'Italianità degli altri. Le migrazioni degli ex sudditi coloniali dall'Africa all'Italia 71 [The others' Italianness. The former colonial subjects' migration from Africa to Italy] Sommario | Abstract | Résumé | Resumo | Extracto 84 Matteo Sanfilippo La nuova storiografia sulle migrazioni interne alla Penisola. Il caso torinese 87 [The new historiography on the Peninsula's internal migrations. The Turin case] Sommario | Abstract | Résumé | Resumo | Extracto 98 Stefano Luconi Sviluppi e prospettive della ricerca sul comportamento elettorale degli italoamericani 100 [Developments and perspectives in the studies on Italian Americans' voting behavior] Sommario | Abstract | Résumé | Resumo | Extracto 109 Edith Pichler Germania e nuova immigrazione Europea. Il dibattito fra bisogni del mercato del lavoro, «aggravio sociale» e Willkommenskultur 111 [Germany and the new European immigration. The debate on the labour market demand, «social burden» and Willkommenskultur] Sommario | Abstract | Résumé | Resumo | Extracto 120 Pantaleone Sergi La stampa dell'emigrazione italiana al Plata, ricchezza di testate e ritardi storiografici 123 [The Italian emigration press in the Plata, abundance of publications and historiographic delays] Sommario | Abstract | Résumé | Resumo | Extracto 131 Gaetano Rando La narrativa italoaustraliana della seconda generazione 133 [The second-generation Italian Australian narrative] Sommario | Abstract | Résumé | Resumo | Extracto 141 Penelope Morris and Perry Willson Forum: Mothers and mammismo in the Italian diaspora (Maria Susanna Garroni, Silvia Barocci, Adalgisa Giorgio e Francesco Ricatti) 143 Sommario | Abstract | Résumé | Resumo | Extracto 161

Costantinopoli e il conflitto con gli Arabi nell’Africa della seconda metà del VII secolo. Una sconfitta annunciata? Echi di un impero lontano: notizie, memorie e resistenze di Bisanzio nell’Occidente altomedievale. IV Workshop dei Dottorandi in Storia Medievale SISMED (28-29 gennaio 2021)

Nell’estate del 647 il generale araboʿAbd Allāh ibn Saʿd ibn Abī l-Sarḥ invase la Byzacena alla testa di circa ventimila uomini. Nei pressi di Sufetula, il suo esercito affrontò e sconfisse le truppe del patrizio Gregorio, spezzando la resistenza romana alla prima penetrazione araba nella provincia. Questo famigerato evento segnò l’inizio del lungo conflitto che oppose impero e califfato per il controllo delle province africane. La storiografia sull’Africa bizantina, sempre più copiosa a partire dagli anni ’80 del XX secolo, si è però occupata solo in maniera marginale della questione. Di conseguenza, la ricostruzione di questi avvenimenti dipende ancora largamente da quanto scritto da Charles Diehl nel 1896. In sintesi, secondo l’eminente studioso francese successivamente alla disfatta di Sufetula l’impero non sarebbe stato più in grado di attuare una strategia difensiva efficace. La protezione della provincia sarebbe quindi stata affidata alle confederazioni tribali maure, solo occasionalmente rinforzate da sparuti contingenti romani. La conclusione dell’esperienza bizantina in Africa appariva quindi già delineata alla metà del secolo VII. Tuttavia, grazie principalmente all’allargamento del corpus relativo alle fonti sul tema, è possibile argomentare che la teoria di Diehl vada rivista. L’intenzione di questo contributo, quindi, è quella di analizzare i quasi cinquanta anni di guerra che opposero Arabi e Romani prestando la dovuta attenzione al ruolo svolto dall’impero nel coordinare l’attività bellica nel nord Africa. Sarà interessante notare come gli Arabi non si trovarono davanti una provincia completamente sguarnita, ma un territorio presidiato sotto il profilo militare che fino alla definitiva caduta di Cartagine (699) Bisanzio tentò di difendere.