Invito Melchiorre Cafà Basilica Santa Maria Maggiore - 13 dicembre 2017 / 21 gennaio 2018. Exhibition Curators: Sante Guido and Giuseppe Mantella with Rev. Fr Edgar Vella (original) (raw)
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Santa Maria degli Angeli di Murano: episodes of Renaissance Venice
Renaissance Conference of Southern California, 2022
The presentation works as an introduction to the Renaissance church of Santa Maria degli Angeli in Murano, Venice - the focus of my Ph.D. research project at the University of Verona. In particular, it aims at showing the preserved artworks once conceived for this specific monastic context through the words of historiografic sources. Among the works, we can find Giovanni Bellini's Barbarigo altarpiece and Assumption of the Virgin, Niccolò Rondinelli's monumental ceiling, Pordenone's Annunciation, Giuseppe Porta's and Veronese's canvases.
"Il Santo. rivista francescana di storia dottrina arte", 2023
This paper focuses on a relief with the Virgin of Mercy in the Museo Antoniano. Although the provenance is unknown, the presence of Franciscan friars among the devotees represented under the Virgin’s mantle points to a placement within the Santo, either the church or the convent. Furthermore, stylistic and formal characteristics suggest that the work, dating around mid-15th century, may be attributed to a sculptor from beyond the Alps, most likely the area of Salzburg. Moreover, the authors concentrate upon the gothic minuscule inscriptions placed in the lower part of the relief, within the symbol of the sun and the moon. The inscriptions have been identified as the absolute incipit and the beginning of the second quatrain of two popular Marian hymns, included in the Liturgia horarum. The hymns – recited respectively in the Lauds and the Matin of the Hail Mary – were originally part of a single hymn which scholars accredited to Venantius Fortunatus. Ancient sources also link these hymns to St. Anthony’s Marian devotion. The creation of a new text from twodifferent textual fragments, significantly integrated with the image, testifies to the sculptor’s ability as well as to the profound theological knowledge of those who conceived the relief.
Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana, 2022
This contribution details the history of the church of Santa Lucia in Selci from its sixteenth-century refoundation as a cloistered convent of first Benedictine (1534), then Augustinian (1568), nuns to its seventeenth-century reconstruction and redecoration by a series of artistic luminaries, adducing a wealth of unpublished archival sources. The role of Bartolomeo Bassi, not Carlo Maderno as previously thought, is shown in designing and building the original church and convent (1603-1605). The patronage history of the church's individual chapels is reconstructed and each is analysed cautiously to separate the design roles of Carlo Maderno, his studio, and others. Borromini's work in the church has hitherto not received due recognition, neither for its important place in the earliest period of his independent activity as an architect nor for its relation to his contemporary output. First, the Cappella Landi (1638-39) is analysed, with particular attention to its rich and unexamined Trinitarian symbolism and the role of the Cavaliere d'Arpino. An iconographical program for the chapel's stuccoes is also presented for the first time. Secondly, the cantoria (choir loft), built between 1630 and 1640, is analysed with a view to the pivotal role of choral music in the overall design of the church and the life of the convent. Finally, an attempt is made to meticulously reconstruct the appearance of Borromini's lost High Altar (ca. 1636-1643), which was destroyed in the mid-19th century. A sense of its appearance can be gleaned from autograph drawings and an engraving, though careful analysis is necessary to track the phases in its construction and filter out ephemeral elements from the permanent design. A coda to the main article details the origins and demise of the neighbouring and now largely demolished church and convent of the Poor Clares at Santa Maria della Purificazione, its artworks, and its design by the little-known Giovanni Paolo Maggi.
"La controversa figura di Ippolito de’ Medici trova un perfetto riscontro nel celebre ritratto dipinto da Tiziano Vecellio nel 1532. Benché a quella data Ippolito fosse già stato creato cardinale, egli vi appare con un abito sontuoso e marziale che mette in piena luce le sue ambizioni politiche e sociali, nonché il suo carattere assai poco predisposto alla vita ecclesiastica. Figura inquieta, eccentrica e brillante, Ippolito de’ Medici era nipote di Lorenzo il Magnifico e nel corso della sua vita aspirò ad assumerne il ruolo alla guida di Firenze. Tale ambizione si scontrò però con la strategia dinastica di papa Clemente VII, anch’egli un Medici, e condusse Ippolito alla morte per veleno all’età di appena ventiquattro anni. Basato su materiale documentario in larga misura inedito, questo volume colma una cospicua lacuna nella storiografia sui Medici, che fin dal Cinquecento si è mostrata reticente a investigare le tensioni e i conflitti scoppiati all’interno della famiglia prima dell’ascesa di Cosimo al ducato nel 1537. Restituendo coerenza alle vicende biografiche di Ippolito, giunte fino a noi in forma frammentaria proprio perché in contraddizione con il mito di unità e legittimità promosso da Cosimo, questo studio fa luce sui meccanismi in base ai quali la memoria di un personaggio scomodo come Ippolito è stata rimodellata e piegata agli interessi dinastici dei Medici. Il profilo biografico è integrato da quattro capitoli dedicati agli abiti da lui indossati e al significato che essi assumevano agli occhi dei contemporanei, alla sua corte come organo di rappresentanza e al suo multiforme mecenatismo letterario e artistico, che investì alcuni dei massimi pittori, scultori, poeti e intellettuali del suo tempo. Servendosi degli strumenti della storia sociale e politica, della microstoria e della storia delle arti, questo libro illumina con vivacità la cultura di un periodo di transizione della storia italiana, in cui la frammentazione dei poteri signorili cedeva spazio alla creazione di più forti autorità statali."
2013
Relazione presentata la XX Colloquio dell'International Research Center for Late Antiquity and the Middle Ages della University of Zagreb. Session II: Images of Christianity and the (re) making of Christian identity Abstract: In Campania si sono conservati undici crocifissi lignei databili tra XII e XIII secolo. Si tratta di un numero consistente al confronto con le regioni limitrofe dell’Italia meridionale, dove raramente sopravvivono esemplari anteriori al XIII. I crocifissi campani si segnalano soprattutto per la varietà tipologica e iconografica. Quello di Mirabella Eclano, vicino Benevento, riprende un modello di Christus triumphans molto simile alla Crocifissione di un Exultet (1120 circa), miniato nella stessa zona. Un modello analogo è attestato più tardi ad Acerra, nel cuore della Campania normanna. A Napoli, un diverso tipo di Christus triumphans è adottato nei crocifissi di San Giovanni Maggiore (ora perduto), che aveva preservato le tabelle laterali con i dolenti, e in quello di San Giorgio Maggiore, con iscrizione a rilievo nella cimasa. Da un documento del 1230 si apprende che il crocifisso di San Giorgio si trovava sopra un altare. I crocifissi di Sant’Aniello a Caponapoli e del Duomo raffigurano Cristo morto e sono ispirati a un modello francese. In quello di Santa Maria a Piazza, che ha conservato la croce dipinta originaria, la posizione dell’aureola a rilievo dimostra che era esposto leggermente inclinato verso il basso, come nelle croci raffigurate da Giotto nelle Storie di San Francesco ad Assisi. Dimensioni e morfologia suggeriscono la collocazione di questi crocifissi presso un altare posto in “in medio ecclesiae”. La loro funzione liturgica spiega la venerazione che gli era riservata a Napoli, dove sin dal secolo XI sono attestate donazioni di terreni in loro favore “pro remedio animae”. Il culto della croce era alimentato anche da confraternite, sia laiche sia clericali, dedite all’officiatura per i defunti e ad attività di assistenza ai poveri e agli ammalati.