Dalle pagine del diario di John Hobhouse: viaggio sulle sponde della Brenta, nei luoghi e tra gli amici del poeta Lord Byron, a 200 anni dal suo soggiorno. 1817 – 2017 (original) (raw)

Risulta sempre difficile affrontare il tema della presenza di Lord Byron a Venezia e Mira senza cadere nella trappola del luogo comune. La sua prolungata permanenza, certamente vissuta intensamente in laguna come sulle sponde del fiume Brenta, è divenuta una delle tante leggende da vendere ai turisti. Un racconto fantastico che ha addirittura un nome: il mito byroniano, che a sua volta è servito ad alimentare un altro mito, quello di Venezia decadente, contribuendo a veicolare in tutta Europa un modo di percepire la città. Sicuramente Byron amò moltissimo Venezia, ed amò anche intensamente i piccoli paesi posti sulle rive della Brenta che imparò a conoscere profondamente; di questo siamo certi e ne daremo prova. La sua storia personale è stata narrata un'infinità di volte. Fiumi di parole sono state spese per raccontare dei suoi amori e dei suoi eccessi, ma anche delle sue opere, alcune nate proprio nei luoghi che ci accingiamo ad esplorare. Eppure, sembra incredibile, non è ancora stato seriamente analizzato e tradotto il diario del suo caro amico John Cam Hobhouse: si scoprono così molti personaggi incredibili, vicini di casa di Byron alla Mira, come il marchese Moncada, ricco possidente messicano; oppure usi e costumi poco noti, che emergono in controluce, come quando Byron e il nostro diarista assistettero, in una villa appartenente a ricchi ebrei, ad una circoncisione cui parteciparono anche molti cristiani, eseguita da un rabbino che il giorno seguente ritrovarono invitato alla festa di insediamento del nuovo parroco. Una situazione di promiscuità religiosa che lascia esterrefatto il nostro Hobhouse e che rappresenta una novità anche per i ricercatori di storia locale. L’amico di Byron descrisse lo stato delle cose mano a mano che le viveva, ma con un distacco che potrebbe definirsi “britannico”, ed anche il citato racconto della cerimonia della circoncisione dell’agosto 1817 è descritto nel diario con dovizia di particolari ma anche con pacata distanza. Infine, tante note di colore, come i contadini che portavano il granturco ad asciugare sull’aia di villa Contarini detta “dei Leoni”; gli stessi lavoratori della terra che frequentavano i caffè per “bere un bicchiere di anice e alcool per la spesa di un centesimo”; o i tramonti sul fiume, che per la loro bellezza lasciavano senza parole allora come oggi, e che Byron mise in poesia.