Un'Ars amandi musulmana nello sfondo culturale della Vita Nova (original) (raw)
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L’Antico nel programma della Nouvelle Rome di Francesco I
Il saggio approfondisce le opere di architettura e scultura realizzate nel castello di Fontainebleau intorno al 1540, individuando un progetto unitario basato su un preciso programma politico e simbolico di auto-rappresentazione di Francesco I. Il coordinatore di questo progetto variegato e complesso è identificato in Francesco Primaticcio
Nuove narrative sull'Altro: Arabi e musulmani nel cinema italiano
A New Italian Political Cinema? Emerging Themes
Gli eventi dell"11 settembre 2001 hanno rinforzato la posizione della differenza (etnica, culturale, religiosa) al centro dei processi identificatori sia in ambienti rurali che in quelli urbani, riuscendo così a fomentare ampi dibattiti sull"incompatibilità culturale e animando ansie, già pre-esistenti nella società italiana, sul potenziale scontro di civilta` discusso da Samuel Huntington all"inizio degli anni novanta . La tesi portata avanti da Huntington negli ultimi tre decenni sostiene che le differenze fra le varie civiltà, e in particolar modo fra le civiltà nord-occidentali e quelle sud-orientali, sono talmente intrinseche nella natura di ogni società da impedire qualsiasi forma di fusione, mescolanza, o anche solo armonizzazione delle diverse culture. Nell"era della globalizzazione la presa di posizione di Huntington ha riscontrato un notevole successo nelle ideologie neo-conservative, allo stesso tempo generando numerosi ed importanti interventi da parte di intellettuali che hanno, più volte respinto la visione omogeneizzante di questa tesi, offrendo invece alternative socio-culturali più idonee a rappresentare la società globale del ventunesimo secolo (Amartya Sen e Edward Saïd, fra gli altri).
LA PRINCIPESSA MUSULMANA E IL SOVRANO BUDDHISTA: UN MATRIMONIO OLTRE LA SARI'A.
La storia del Ladakh, regione del Tibet indiano la cui popolazione è tradizionalmente di confessione buddhista, è costellata da continue relazioni con il vicino mondo islamico. Tali contatti furono prevalentemente conflittuali; tuttavia il tempo, e talvolta il raro umano buon senso, li trasformarono in dialoghi pacifici e in incontri di reciproco rispetto e, sovente, di stima.
Note a margine di un recente libro sulla Vita nuova
2020
Riassunto · A margine del recente libro di Stefano Carrai, Il primo libro di Dante. Un'idea della 'Vita nova', l'articolo torna su alcune questioni filologiche e interpretative cruciali nel libello, ribadendo la bontà delle scelte adottate nell'edizione necod del 2015. Parole chiave · Dante Alighieri, Vita nuova, Stefano Carrai, Filologia dantesca.
IL SOVRANO E L'ARCIERE: TRACCE ISLAMICHE NELL'ARTE BUDDHISTA DEL LADAK.
Nella produzione artistica di tradizione buddhista del Ladak, regione del Tibet indiano, sono presenti elementi stilistici e iconografici riconducibili a forme di arte islamica 1 . Benché sporadici, tali esempi si rivelano tuttavia particolarmente significativi. Si tratta talvolta di dettagli, raffigurazioni di oggetti quotidiani in uso nelle corti reali del Ladak, riprodotti con un ruolo marginale all'interno di un ciclo pittorico. Spesso, invece, si è di fronte ad un tema rappresentativo proprio dell'arte islamica, di grande valenza simbolica. Rintracciare e delineare tali elementi stilistici e tematici significa far luce sulla natura dei rapporti tra due importanti religioni a confronto, quali l'Islam e il Buddhismo. Laddove le fonti storiche non giungono a fornire un quadro completo di tali relazioni, l'arte, talvolta, può colmare queste lacune mostrando prospettive inaspettate.
Proposta per la realizzazione di un grande atlante storico concernente la presenza, nell’intera ecumene islamica, dell’Ahl al-Bayt, vale a dire dei discendenti del profeta Muhammad, con particolare riferimento agli Alidi. Tale proposta è stata presentata al Colloquio internazionale sugli Alidi, tenutosi a Tokyo il 22-23/09/09. Sul piano scientifico l’idea è stata accolta con favore. È chiaro che, per realizzarla, serve una collaborazione internazionale che, a prescindere dall’impegno finanziario, veda coinvolti geografi, cartografi e islamisti, siano essi storici, antropologi o sociologi. Un simile atlante comporta la codificazione e registrazione di elementi diversi, quali gli spostamenti dei singoli membri nello spazio islamico, nell’arco di più di quindici secoli (dal VII secolo ad oggi), e la tipologia della loro attività e/o del ruolo assunto nella località in cui la loro presenza è attestata dalle fonti.
Ha senso dire, come ripetutamente avvenuto, che il teatro arabo-americano nasce con l'11 settembre? Che è stato l'attacco alle Torri gemelle, con la conseguente Guerra al Terrore, ad aver reso i drammaturghi arabo-americani consapevoli di sé come gruppo, artistico oltre che etnico o politico? Può apparire forse eccessivo cercare in quella data l'origine di una forma artistica già viva e attiva da almeno un secolo su suolo statunitense; ma è indubbio che quegli eventi abbiano costituito da un lato, nella storia e nell'immaginario nazionale, una sorta di momento di coagulazione, anche se in negativo, dell'identità Arab-American e Muslim-American. E dall'altro che quella coagulazione abbia contribuito fortemente, anche nel teatro, a una presa di coscienza sia singola che collettiva; che abbia creato coesione e momenti di confronto fra artisti e scrittori e abbia spinto ad usare il teatro e più in generale l'arte, come spiega Holly Arida, "per resistere e per abbracciare il passato, il presente e il futuro, per conservare le proprie origini e al contempo per creare qualcosa di completamente nuovo. E da ultimo, per trovare forme di rielaborazione e autodefinizione identitarie, affinché il pubblico potesse re-immaginare l'America araba", al di fuori della narrazione egemonica del "nemico interno". 1 Quella che segue l'11 settembre è una risposta articolata, a volte contraddittoria, dei drammaturghi arabo-americani; frutto delle tensioni con l'esterno, con un contesto statunitense ora consapevole (e ostile) della presenza di un mondo arabo e musulmano dentro ai suoi confini nazionali; ma anche alle prese con le tensioni interne a un gruppo così frammentato, per provenienza, religione, culture. Sono risposte che hanno come base comune l'intento di decostruire gli stereotipi del "musulmano" -il terrorista o, nella sua variante paternalistica, l'arabo patriottico innocente e perseguitato ingiustamente; e nel caso delle donne, la scaltra seduttrice o la passiva vittima della violenza di genere -costruiti dai media prima e soprattutto dopo l'11 settembre. Al tentativo di addomesticamento in immagini e identità così polarizzate da parte dei media, il teatro ha risposto con la problematizzazione dell'esperienza Arab e Muslim-American, mirata a scardinare i preconcetti dell'audience e a suggerire modelli di identità aperti e imperfetti, in divenire -facendo leva su uno dei valori aggiunti del teatro, ovvero quel processo che potremmo definire di costruzione dialogante del significato e delle forme, possibile grazie al senso di comunità, anche se temporaneo, che si instaura fra performer e audience.