LENTINI R., Un chirurgo tra le macerie: Abele Ajello e l'esplosione "ai Lattarini" di Palermo nel 1907 (2013) (original) (raw)

LENTINI R., Una storia per immagini, (2013)

"Dialoghi Mediterranei", bimestrale on-line dell'Istituo Euroarabo di Mazara del Vallo, n. 1, 1° aprile 2013

«… al di là di tutti i divieti o le prescrizioni, in fotografia le fotografie restano, e sono fotografie a tutti gli effetti, a prescindere da chi le ha fatte restare, perché le fotografie sono già il resto di ciò che resta, anche quando fotografie qualsiasi».(1) Queste considerazioni di Silvio Governali, tratte da una sua breve e pregevole monografia sull'argomento, sono molto più "storicizzanti" di quanto sembri a prima lettura e, forse, per questa ragione hanno sollecitato il mio subconscio a selezionare e analizzare un'istantanea reperibile nel vasto repertorio che Pino Catalano arricchisce da anni in Mazara forever, (edizione on-line del 3 maggio 2012), a beneficio della memoria collettiva della nostra città. Mi riferisco, in particolare, a una di esse, facente parte di un servizio realizzato nel 1960 da Francesco Boscarino, in occasione dell'insediamento del vescovo "ausiliare" Umberto Altomare, conseguente all'aggravarsi delle condizioni di salute del titolare della Diocesi, monsignor Gioacchino Di Leo. I più giovani e giovanissimi mazaresi non possono ricordare e, probabilmente, neppure sapere chi e quanto bravo fosse Boscarino. Nel suo studio, al n. 32 di Corso Umberto I, sono passate centinaia di famiglie per le pose da tessera o per eventi da celebrare, dalle nascite ai matrimoni, e innumerevoli sono stati i servizi esterni da lui effettuati nel corso della sua pluridecennale attività novecentesca, passando dalla stagione dei lastrini su vetro a quella dei rullini e delle reflex. In questo caso, quindi, non mi soffermo su una fotografia qualsiasi, né su un dilettante; ho scelto di ragionare sul prodotto finito di uno "scatto" di un maestro del mestiere, sul risultato visivo-dagli effetti fortemente evocativi-di una decisione presa in un millesimo di secondo. Esamino ripetutamente l'immagine a pagina piena nel mio desktop; più ne osservo i dettagli e più mi convinco che potrebbe confondersi, per qualità, con gli esemplari dell'archivio Magnum Photos o di altre rinomate agenzie internazionali e, soprattutto, ne scopro la straordinaria efficacia nel rappresentare una fase-nella storia novecentesca della città-che si potrebbe definire di transito. Gli anni difficili del dopoguerra erano ormai alle spalle e Mazara, con i suoi 36 mila abitanti, si avviava verso quella crescita tumultuosa che la ricchezza esponenziale prodotta dalla marineria da pesca stava consentendo. Il palazzo del municipio era quello sobrio e dignitoso che si ritrova nelle cartoline d'epoca, demolito dopo il terremoto del 1968 e sostituito dall'edificio-mostro che oggi sovrasta nella piazza. L'autostrada non c'era ancora-sarebbe arrivata tra il 1971 e il 1972-e solo nel 1976 la Commissione parlamentare antimafia, nella sua relazione, avrebbe evidenziato come gli interessi mafiosi si fossero ben strutturati nel territorio. In quel 1960, quindi, la città era ancora a un passo dal bivio: da una parte, una possibile evoluzione sociale ed economica in equilibrio tra marineria e agro-industria, come Mazara era riuscita a rimanere fino agli anni Cinquanta, con le sue mostre-mercato naif; una marineria affermata nel Mediterraneo e rinomata in campo nazionale, ma anche una campagna ubertosa, e un'agricoltura con un saldo attivo. E, intanto, il sindaco Francesco Safina, padre Gaspare Morello e lo storico Alberto Rizzo Marino, insieme al direttore della Biblioteca di Tunisi, Otman Kaak, costruivano ponti di cultura, di dialogo e di pace, dando vita al Centro Studi Siculo-Arabi: esperienza progettuale davvero originale e lungimirante nella politica culturale di quegli anni. L'altro ramo del bivio, invece, prospettava una fase espansiva irrefrenabile, alimentata dalla grande liquidità finanziaria che i profitti del pescato avrebbero assicurato e che in larga parte sarebbero stati destinati alla costruzione di prime e seconde case e di centinaia di villini, prevalentemente contrassegnati da un'indicibile bruttezza, tipica del fai da te o del fai fare al capomastro o del fai fare al geometra che si sente architetto. Un altro rivolo di quei flussi finanziari avrebbe alimentato la proliferazione della rete di

L’OPERA E LE SCOPERTE DI DON LUIGI RUZZENENTI E LA NASCITA DELLA PALETNOLOGIA IN LOMBARDIA ORIENTALE

La nascita della Paletnologia in Liguria. Atti del Convegno, Bordighera 2008, 2008

L’opera e le scoperte di Don Luigi Ruzzenenti e la nascita della Paletnologia in Lombardia orientale Viene presentata la figura di don L. Ruzzenenti (1838 - 1905) vissuto ad Asola (Mn) dove egli esercitò il suo ministero pastorale. Studioso, dotato di una buona cultura classica e moderna, egli si occupò soprattutto di storia, archeologia, storia dell’arte, etnografia, geologia e teologia e fu soprattutto coinvolto nella vita sociale e politica asolana. Scoprì i siti archeologici di Remedello Sotto, Rus di Asola , Cadimarco, Baselle di Castelnuovo d’Asola, Rassica di Castelgoffredo, le sepolture campaniformi di S. Cristina e Roccolo Bresciani, e altri siti minori. Ha raccolto reperti in tutto il territorio del Basso Bacino Imbrifero del fiume Chiese lasciandoci una notevole mole di documentazione delle sue indagini e delle sue scoperte che hanno aperto la strada a studi e a ulteriori ricerche. Alla sua morte il cav. G. Locatelli (1849 - 1935) lo sostituì come Ispettore degli Scavi per il territorio Asolano e proseguì alcune ricerche, agendo anche come uomo di fiducia di L. Pigorini in questa parte d’Italia. Il suo nome è principalmente legato alla scoperta delle necropoli eneolitica, del Bronzo Finale e dell’Età del Ferro di Fontanella Mantovana. Parole chiave: Ruzzenenti, Remedello Sotto, Locatelli, Fontanella Mantovana. The work and the discoveries of Don Luigi Ruzzenenti and the birth of Paleo-ethnology in eastern Lombardy The author presents the biography of don Luigi Ruzzenenti (1838 - 1905), who lived in Asola (Mn) where he was a priest of the parish church. As a cultivated scholar he was greatly interested in art, history, archaeology, philosophy , ethnography and geology and also interested in the social and political life of his district. He discovered the archaelogical sites of Remedello Sotto, Cadimarco, Rus di Asola, Baselle di Castelnuovo d’Asola, Rassica di Castelgoffredo, the Beaker graves of S. Cristina and Roccolo Bresciani, and other minor sites. He also took part in the excavations and collected a great quantity of finds all over the area sorrounding the river Chiese. He left an impressive documentation of his passionate research and gave an impressive boost to the following studies and findings. At his death, cav. G. Locatelli (1849 - 1935) carried out research in the area and acted as the trust man of L. Pigorini, director of the Prehistoric Museum in Rome. His name is mainly linked with the discovery of the Copper Age, Final Bronze Age and Iron Age cemeteries of Fontanella Mantovana Keywords: Ruzzenenti, Remedello Sotto, Locatelli, Fontanella Mantovana.

Il ripostiglio di Palestrina (1963)

Bollettino di Numismatica - Materiali 54, 2017

Viene descritto il ripostiglio, apparentemente integro, trovato nel 1963 a Palestrina (Roma) e composto da 65 denari fino a RRC 380/1, dell'80 a.C., e da un lingotto in argento fuso. Viene ricostruito il contesto storico fino all'occupazione sillana di Praeneste (Palestrina) e analizzato il panorama di ripostigli di denari repubblicani nel decennio 88-79 a.C.

Luigi Castaldi ordinario di Anatomia Umana a Cagliari dal 1926 al 1943: Scienziato. Storico della Medicina e primo valorizzatore dell'Opera di Clemente Susini e Francesco Antonio Boi

Luigi Castaldi a pupil of Giulio Chiarugi, and promoter in 1929, with Nello Beccari and Emerico Luna, of the Società Italiana di Anatomia was, from 1927 to 1943, Director of the Anatomy Institute of the University of Cagliari. His publications, encompassing various fields of anatomy, neuroanatomy, auxology, applied anatomy, biology, and experimental morphology were awarded several prestigious national and international prizes. Similar acknowledgements were granted to his many publications on the history of Anatomy and Medicine. Among them, there are studies on Leonardo da Vinci as anatomist, on the forgotten medical discoveries made by Italian scientists, the biographies of Carlo Matteucci, Luigi Galvani and others, the essay on Galileo and his optical instruments and that on the life and work of Filippo Pacini. Concerning the latter, it was Castaldi that stressed his priority in the discovery of the sense corpuscles now known as Pacinian, and the one who vindicated Pacini’s discovery of the Vibrio cholerae, a claim that was eventually approved in 1965, by the International Committee for Microbiological Nomenclature. Nowadays, the most well known of his historical studies, now regarded as a classic, is the masterly essay: Francesco Antonio Boi primo cattedratico di anatomia a Cagliari e le cere fiorentine di Clemente Susini. The book published posthumously in 1947 through the good offices of his friends and still present in the catalogue of the original publisher, is scrupulously supported by documents found in the archives of Cagliari and Florence. Besides illustrating the figure of FA Boi the Sardinian Anatomist who, by order of Carlo Felice of Savoy, commissioned to Clemente Susini (1754- 1814) the wax models for the university of Cagliari, Castaldi gives a vivid and unprecedented descriptions of La Specola Museum and of the persons responsible for its establishment. Moreover, though highly praising the outstanding scientific achievements of Felice Fontana, for the first time, Castaldi ascribes to Clemente Susini the authorship of the wax models, formerly known as the work of Fontana.

76 - Giovanni Zaratino Castellini e l’epigrafia faentina

1. -Il materiale epigrafi co di Faventia è tra i meglio noti avendo avuto la fortuna, dopo l'uscita del volume XI del CIL, di attirare l'attenzione di mons. Giuseppe Rossini prima 1 e, più recentemente, di Giancarlo Susini, il quale ultimo ha pubblicato nel 1958 tutto il materiale che a quel tempo risultava ancora inedito ripubblicando inoltre le iscrizioni edite tuttavia bisognose di emendamenti 2 . Nuove scoperte ed osservazioni epigrafi che riguardanti Faventia sono state rese note dallo stesso nel 1960, 1961 e 1963 3 .

I Bagnetti della Puzzolente e l'opera di Pasquale Poccianti

"Memorie di un uomo di campagna"; "Il Pentagono"

Articolo rivisto e notevolmente ampliato rispetto a quello pubblicato su "Il Pentagono" n. 5 del maggio 2008. L'articolo offre una panoramica sull'opera di Poccianti e si concentra poi su quella che è spesso considerata una sua opera minore: i Bagnetti della Puzzolente, a Livorno. Viene poi evidenziato, con teorie finora mai adeguatamente prese in considerazione dalla critica, il legame tra questo edificio e l'opera dell'acquedotto leopoldino.

L'OMICIDIO DI REMIRO ARCANGELI (TERNI, 14 APRILE 1944) di Pietro Cappellari

P. Cappellari, Terni repubblicana 1943-1944. La RSI sull'Appennino Umbro-Laziale, Herald Editore, Roma, 2020

Come abbiamo visto, il grande rastrellamento avvenuto nel Perugino meridionale e nell'Alto Reatino aveva liquefatto la Brigata "Gramsci" e tutti i gruppi di sbandati o partigiani che si aggiravano in queste regioni. L'operazione di bonifica aveva avuto riflessi positivi anche nel Basso Ternano. Nelle zone lontane dal confine con la provincia di Rieti, però, le bande continuavano ad aggirarsi sui monti. A Silvella di Orvieto, ad esempio, la sera del 2 Aprile 1944, un gruppo di ribelli aveva assalito un Sottufficiale e tre Militi della GNR di ritorno da una perlustrazione. Se fatta con capacità, l'imboscata sarebbe stata letale e nulla avrebbero potuto fare gli assaliti. In questo caso, invece, la pattuglia della Guardia Nazionale Repubblicana fece addirittura in tempo a rispondere al fuoco e a mettere in fuga gli aggressori 1 . É del 12 Aprile 1944 la notizia che ad Amelia, dalle finestre di una casa disabitata, erano stati sparati alcuni colpi d'arma da fuoco contro il locale Commissario del Fascio Repubblicano e Commissario di PS Gaetano Pattarozzi. Ancora una volta, il fascista riusciva a scampare all'agguato mortale 2 . Il 14 Aprile, in località Valle Caprina di Terni, sconosciuti armati di un mitragliatore, penetravano nell'abitazione di Remiro Arcangeli. L'uomo, durante il saccheggio della casa, venne ferito all'addome e fu costretto al ricovero in ospedale 3 . Morirà dopo alcuni giorni di agonia. L'azione, nel dopoguerra fu ricondotta a una semplice, quando drammatica, rapina finita male, e subito cancellata dalla memoria collettiva. Fu in realtà una vendetta -indiretta e non politicaconsumata da sei ribelli alla macchia, di cui almeno uno -quello che sparò -conosceva molto bene la vittima, fascista della prima ora. Verso l'1:30 di quel 14 Aprile, dopo aver scardinato la porta di casa, penetrarono nell'abitazione di Remiro Arcangeli degli individui vestiti con panni civili e militari (parti di divise germaniche e della GNR). La vittima, che era con la moglie Rosa Vatoni, chiese cosa si volesse da lui, dimostrandosi disponibile a cedere qualunque cosa, purché non si commettessero ulteriori violenze. Offrì subito una bottiglia di vino che, però, non fu accettata. Allora comprese che i sei partigiani erano venuti per sopprimerlo. Arcangeli spiegò che lui non aveva mai fatto del male a nessuno e non comprendeva il motivo di quella spedizione punitiva. Lo interruppe un individuo mascherato e con divisa germanica che sostenne di conoscerlo molto bene, accusandolo di essere il fratello di Arcangelo, uno squadrista ternano reo dell'uccisione, nel 1921, di Emilio Donati. Mentre i ribelli saccheggiavano l'abitazione, uno di loro, avendo trovato i pantaloni di una divisa da "squadrista" (?), urlò alla vittima con tono minaccioso: «La tua rovina sono questi!». Depredata di ogni oggetto utile l'abitazione, i partigiani uscirono e rimase con Arcangeli solo il capobanda (l'individuo mascherato, in divisa germanica). Questi intimò la consegna del fucile da caccia, ma la vittima rispose di non possederne, in quanto aveva a suo tempo già consegnato l'arma alle legittime Autorità, adempiendo alle prescrizioni di legge. Alla risposta negativa, il partigiano estrasse la pistola e disse: «Ne muoiono tanti! Uno più o uno in meno, poco importa. Questa è per te e poi ce n'è anche per tuo fratello». Detto questo, scostò con brusco gesto la moglie che abbracciava il marito per difenderlo e fece partire un colpo allo stomaco di Arcangeli che si accasciò a terra. Infine, si unì ai suoi compagni e si diresse verso Miranda di Terni. Subito soccorso e portato presso l'Ospedale della CRI "Le Grazie" del capoluogo, Remiro spirò dopo alcuni giorni di agonia, il 22 Aprile seguente 4 .