"Lo schermo e il burattino: intermedialità e rimediazione tra teatro di figura e cinema muto" California Italian Studies, 7.1 (2017). (original) (raw)
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Fin dalle prime sperimentazioni, negli anni Sessanta del XX secolo, la video arte manifesta un interesse particolare nei confronti del corpo in virtù di quel principio meccanico che li avvicina intimamente: il movimento 1 . La video camera nasce proprio per riprodurre l'agire di corpi in movimento. Essa stessa ha la proprietà di muoversi con una certa agilità imitando lo sguardo di chi osserva il mondo circostante. Se lasciata fissa, riprende tutto ciò che cade sotto il suo occhio elettronico, ma muovendosi, ricrea l'illusione di uno sguardo in soggettiva. L'azione nel tempo e nello spazio crea dunque un legame, un rapporto di reciprocità indissolubile tra mezzo e corpo, al punto in cui possiamo affermare che la video camera, come la cinepresa del resto, nasca a imitazione ed estensione degli apparati visivo e uditivo, abbinati al movimento. In altri termini, sono interfacce, la prima elettronica, l'altra biologica, attraverso le quali facciamo esperienza del mondo, ovvero trasformiamo le sollecitazioni ambientali in dati cognitivi da elaborare, manipolare, interpretare, rappresentare a piacimento, creando un legame culturale, emozionale e psicologico tra i dispositivi, l'artista e il pubblico. Fin qui ho volutamente omesso di riferirmi alla caratteristica dominante della video camera -o tele camera, come dir si voglia. Essa è il dispositivo principale di un sistema di comunicazione di massa diffuso capillarmente in ogni dove: la televisione. Un sistema di diffusione globale di informazioni, spettacoli e intrattenimento. Le prime esperienze di video arte nacquero come critica a tale sistema informativo, sia sul piano tecnico che dei contenuti, allo scopo di verificare quanto la nuova interfaccia tecnologica fosse in grado di modificare la percezione e le caratteristiche dell'interfaccia biologica, ossia il corpo. A partire dalle esperienze sul broadcasting per opera di Nam June Paik 2 , per giungere alle verifiche sulla relazione spazio-corpo di Bruce Nauman 3 , alle auto-narrazioni e manipolazioni narcisistiche di Vito Acconci 4 o a quelle grottesche e beffarde di William Wegman 5 ; alle verifiche identitarie di Peter Campus 6 , tra effetti speciali e ritratto, la video arte ha quasi sempre come soggetto il corpo dell'artista il quale interroga il mezzo elettronico in chiave concettuale: analizza le potenzialità e i limiti del linguaggio audiovisivo nonché la sua attitudine nel riprodurre la verità del corpo o distorcerla. In ogni caso, un nuovo strumento creativo viene inserito e utilizzato nell'ambito estetico concettuale, dominante tra anni Sessanta e Settanta, e acquista lo statuto di linguaggio artistico affiancandosi agli altri più tradizionali come la pittura, la scultura o l'installazione ambientale, e forse riassumendoli, in qualche modo, rilanciandoli in chiave virtuale ed elettronica nelle esperienze video installative degli anni Ottanta: nei lavori del gruppo Studio Azzurro 7 , o in forma di video sculture, come nelle opere di Fabrizio Plessi 8 . Infatti, proprio negli anni Ottanta del secolo scorso, in sintonia con il cambiamento di prospettiva epocale espressa dalla cosiddetta condizione postmoderna 9 , lo sguardo analitico che l'artista rivolgeva al mezzo e sperimentava su se stesso, diviene simbolico, metaforico, quasi narrativo. Le riprese si avvalgono di "messe in scena": l'artista costruisce dei set di ripresa e tende piuttosto a rappresentare un sentire, uno stato d'animo, un'opinione sugli assetti socio 1 Brisa Muñoz, Cuerpo y video, 2006. Disponibile su http://www.escaner.cl/escaner81/ensayo.html Ultimo accesso: 30 marzo 2016. 2 AA.VV., Nam June Paik. Lo sciamano del video, cat. della mostra, Milano, Palazzo Reale, Arengario, 3 giugno -9
6.I - Note sul Frankenstein “muto” tra teatralità e primi paratesti cinematografici [Massimo Bonura]
Ultracorpi. Il fantastico nelle arti dello spettacolo, 2023
NOTES ON THE FRANKENSTEIN FROM THE SILENT CINEMA BETWEEN THEATRICALITY AND IMAGINARY This essay focuses on the first three films with Frankenstein as main character (1910, 1915, 1920), through their interconnections, the theatrical aspects and the references with the source of the time. In particular, this essay focuses on the paratexts of the Italian movie Il mostro di Frankestein ([sic] E. Testa, 1920). *** NOTE SUL FRANKENSTEIN MUTO TRA TEATRATRALITA' E PRIMI PARATESTI CINEMATOGRAFICI Il saggio si propone di analizzare i primi tre film adattati dal romanzo Frankenstein (1910, 1915, 1920) attraverso le interconnessioni degli aspetti performativi della teatralità e i riferimenti critici delle fonti dell'epoca. Un'analisi particolareggiata verrà effettuata in merito ai rari paratesti del film Il mostro di Frankestein ([sic] E. Testa, 1920). Notes on the Frankenstein from the silent cinema between theatricality and imaginary
P r o p r i e t à l e t t e r a r i a r i s e r v a t a © 2 0 1 4 Introduzione al cinema muto italiano, p. 249 P r o p r i e t à l e t t e r a r i a r i s e r v a t a © 2 0 1 4 D e A g o s t i n i S c u o l a S p A -N o v a r a Introduzione al cinema muto italiano 234 Introduzione al cinema muto italiano, p. 250 P r o p r i e t à l e t t e r a r i a r i s e r v a t a © 2 0 1 4 I percorsi della teoria 235 Introduzione al cinema muto italiano, p. 251 P r o p r i e t à l e t t e r a r i a r i s e r v a t a © 2 0 1 4 D e A g o s t i n i S c u o l a S p A -N o v a r a
Muscoli e frac. Il divismo maschile nel cinema muto italiano [2016]
Un’esplorazione approfondita del divismo cinematografico maschile nella produzione nazionale, resa finalmente oggi possibile grazie ai recenti restauri delle pellicole del muto. Il fenomeno divistico maschile, accanto a quello femminile, ha attraversato i drammatici cambiamenti culturali e sociali del nostro Paese a cavallo della Grande guerra, dall’epoca giolittiana sino all’avvento di Mussolini. Il libro ne ripercorre le varie fasi: da quelle aurorali legate al teatro, sino alle interpretazioni cinematografiche più consapevoli. Dal protodivismo dei mattatori, passando per la nascita del tipo elegante — spalla della diva —, sino ai forzuti più o meno muscolosi. Si giunge, infine, al confronto con modelli e stereotipi che influenzano fortemente l’immaginario dello spettatore italiano, anche politico. Il percorso si presenta come una parabola che, di schermo in schermo, collega il vate e il duce alla storia del primo Novecento italiano.
"Cinema e identità italiana", a cura di S. Parigi, C. Uva, V. Zagarrio, RomaTre-Press, 2019