Alle origini della filosofia del linguaggio: una prospettiva eterodossa (original) (raw)

Le origini della filosofia analitica del linguaggio in Italia

Filosofia italiana, 2023

The aim of this paper is to identify the origin of Italian analytic philosophy of language. Firstly, some of its forerunners are identified. Then some authors that played a decisive role for establishing conditions that were necessary for an Italian analytic philosophy of language to begin are identified. Finally, it is argued that the first generation of Italian analytic philosophers of language arose in the Seventies.

Il bisogno dell’origine e l’orrore del mutismo. Alcune note sulla questione dell’origine del linguaggio verbale umano more philosophico

S&F_scienzaefilosofia.it, 2013

In this essay we analyze more philosophico the impact of the research on the origin of human verbal language. Starting from suggestions deriving from the work of Agamben and Lévi‐ Strauss, two discontinuists, we face a double contradiction. The first relates to the inability to define the birth date of human language and of human world. This consideration makes us suspect that behind the passion for this issue there is a hidden need. The second concerns the mix of fascinans and tremendum linked to human mutism, which suggests, from the dominator point of view, an attitude to human animalization, and, from the dominated point of view, a form of resistance or survival instinct. Under these lenses we will read the enfant sauvage by Itard and the Foe by Coetzee. Finally we will discuss the issue of the need for origin as modern mankind melancholia and as unresolved tension towards the future.

ITALO RUSSO - Per l'origine del linguaggio

Archivio Storico Siracusano, 1999

Breve, estemporanea nota sulla problematica vista nei fonemi, derivati da fenomeni della natura, dalla loro origine al consolidarsi nella vita dell’uomo “primitivo”. Riteniamo che il linguaggio, nel suo nascere, consolidarsi e imporsi nella vita dell’Uomo uscito dalla caverna, ha dovuto tener conto appunto dei fenomeni linguistici, in particolare le c.d. onomatopee, di origine animale o naturale, che giorno dopo giorno si consolidavano: sibili de vento, tuoni, il belare delle pecore, l’abbaiare di un cane.

Io parlo: il linguaggio e il problema dell'origine a partire da Saussure

Questo scritto mira a difendere il concetto di origine dai numerosi fraintendimenti che lo hanno attorniato, liberandolo così da alcuni equivoci genuini. Intende, cioè, mostrare il ruolo cruciale che esso adempie all'interno della sfera linguistica. Si fa, dunque, riferimento all'universo linguistico, discutendo questo snodo teorico: la relazione tra origine e linguaggio, relazione che si affronta a partire dagli studi di Saussure tra langue e langage, diacronia e sincronia. Ossia, l'origine non è semplicemente qualcosa che si situa in un passato cronologico, piuttosto essa si situa in un punto di coincidenza fra diacronia e sincronia. Proprio questo concetto di origine mi permette di approfondire e precisare in parte il rapporto esistente tra questi due termini della lingua. A questo proposito è opportuno citare quanto afferma De Mauro, nell'Introduzione al Corso di Linguistica Generale, evidenziando la dinamica diacronia/sincronia, importante dicotomia della linguistica saussuriana. In effetti, Saussure stesso tiene a precisare due diverse accezioni del termine storia indicandole con i termini di questa importante opposizione e a questo si fa riferimento brevemente in questa analisi sul concetto di origine come punto di coincidenza fra diacronia e sincronia, riprendendo quanto Saussure stesso afferma nelle sue Prolusioni. In effetti cosa significa un'origine che non ha ancora cessato di avvenire? L'origine intesa come condizione permanente è ciò a cui allude anche Paolo Virno in Quando il verbo si fa carne. Linguaggio e natura umana , così certo che esista un legame di fondo, o meglio, un'identità tra origine e condizioni permanenti. Non si può allora fare a meno di pensare alla frase del Corso, presa in considerazione tanto da Virno quanto da Daniele Gambarara in Diachronie et sémiologie 1 (1991): «è un'idea completamente falsa credere che in materia di linguaggio il problema delle origini differisca da quello delle condizioni permanenti 2 ». Questa formula, in accordo con quanto affermato da Paolo Virno, è applicabile, secondo me, all'attitudine saussuriana, di fronte al problema dell'origine. Si vede pertanto come il concetto di origine si trova così attraversato da un flusso di questioni che lo apre ad un orizzonte più vasto: l'enunciazione, intendendo il termine nella specifica accezione suggerita da Benveniste, come «l'atto stesso di produrre un enunciato e non il testo dell'enunciato 3 », che delimita a mio avviso il campo in cui il concetto di origine si muove. Il punto di arrivo di questo scritto è quello di cercare di spiegare come l'atto performativo o enunciato esecutivo, secondo la terminologia usata da Benveniste, non sia un carattere eterno o originale della lingua umana, prendendo le distanze dal filosofo italiano Giorgio Agamben, secondo il quale solo nell'atto linguistico del giuramento si rapprenderebbe un tratto saliente dell'antropogenesi, ossia, della messa in gioco del soggetto. Dunque, l'idea alla base della proposta è cercare di spiegare come il giuramento sia solo una forma di presa di parola. Esperienza dell'atto di parola che non ha luogo esclusivamente nel giuramento ma in tutti gli enunciati performativi, mostrando l'incompletezza della tesi di Agamben, che considera il giuramento come "un'originaria esperienza performativa della parola" che ha il suo luogo in una zona che precede la distinzione fra sacro e profano, fra religioso e giuridico. Si proverà invece a interpretare il giuramento ricorrendo all'enunciazione come ha mostrato Benveniste nei Problemi.

Alle origini del concetto di linguaggio morale

The paper suggests a re-reading of the origins of analytic ethics. A certain notion of moral language—which came to be established through the work of G.E. Moore and W.D. Ross—made it easy to undermine problems of normativity and motivation. But on the other hand recent debate on these problems shows a disappearance of the old notion of moral language. There is another line in analytic ethics explored, among others, by I. Murdoch, J. McDowell and C. Diamond which shows an interest both in the problems of the self (reasons and motivation) and in the language of morality.

L’origine del linguaggio e della coscienza

Presso il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata dell’Università di Padova è conservato il Fondo Rossi-Landi nel quale è possibile consultare nella sua interezza lo scambio epistolare intercorso tra il 1971 e il 1973 tra il semiologo italiano Ferruccio Rossi-Landi (1921-1985) e il filosofo vietnamita Tran-Duc-Thao (1917-1993). Oggetto del carteggio è il progetto editoriale di un volume dal titolo L’origine del linguaggio e della coscienza che avrebbe raccolto la traduzione italiana di alcuni articoli di Thao apparsi nel decennio precedente nelle rivista francese La pensée. https://doi.org/10.19079/actas.2017.1.87

Retorica aristotelica e pragmatica: per una concezione "viva" del linguaggio

(Grad Student paper) La perlocuzione austiniana può dialogare con la Rhetorica? Partendo dal testo aristotelico, si analizza la possibilità di rintracciare delle regolarità nella retorica, a confronto con l'impossibilità di avere convenzionalità (e quindi prevedibilità) nella perlocuzione austiniana. Una sintesi è offerta dalla nozione di "campo perlocutorio" (perlocutionary field), come introdotta da Mason e Munro.

Le concezioni di Manzoni e Rosmini sull’origine del linguaggio

1 Mi riferisco alle relazioni di Pietro Prini, L'itinerario filosofico di Manzoni dagli idéologues a Rosmini, e di Claudio Marazzini, Manzoni e Rosmini nella questione della lingua italiana. 2 Per un primo accostamento mi limito a segnalare i principali titoli di riferimento, dal vecchio studio di Luigi Rosiello, Linguistica illuminista, Il Mulino, Bologna 1967, agli interventi di Hans Aarsleff, Da Locke a Saussure. Saggi sullo studio del linguaggio e la storia delle idee (1982), Il Mulino, Bologna 1984, ai contributi di Lia Formigari, Linguistica e empirismo nel Seicento inglese, Laterza, Bari 1970, Linguistica e antropologia nel secondo Settecento, La Libra, Messina 1972, L'esperienza e il segno. La filosofia del linguaggio tra Illuminismo e Restaurazione, Editori Riuniti, Roma 1990 e La sémiotique empiriste face au kantisme, Mardaga, Liegi 1994; fra gli studi apparsi all'estero, oltre agli ormai classici libri di Daniel Droixhe, La linguistique et l'appel de l'histoire (1600-1800). Rationalisme et révolutions positivistes, Droz, Ginevra 1978, e di Sylvain Auroux, La sémiotique des encyclopédistes. Essai d'épistémologie historique des sciences du langage, Payot, Parigi 1979, si segnalano i quattro volumi miscellanei coordinati da Brigitte Schlieben-Lange, Europäische Sprachwissenschaft um 1800. Methodologische und historiographische Beiträge zum Umkreis der "idéologie", Nodus, Münster 1989-1994; specificamente dedicati all'Italia sono gli studi di Stefano Gensini, Volgar favella. Percorsi del pensiero linguistico italiano da Robortello a Manzoni, La Nuova Italia, Firenze 1993 e il panorama di Claudio Marazzini, Le teorie, in L. Serianni e P. Trifone (a cura di), Storia della lingua italiana, vol. I: I luoghi della codificazione, Einaudi, Torino 1993, pp. 231-329.

Nuovi approcci epistemologici ad una filosofia naturalistica del linguaggio

2015

During the 20th century, the term “naturalistic” within the language’s sciences corresponded with a physicalist tendency, directing the so-called “linguistic turn” to a clearly synchronic, analytic-deductive and logical-formal paradigma. In the first period of cognitive science this tendency took the form of a theoretical approach to language in which the dualism between the mechanical-morphological components and the psychic ones fully arose. Within the computational hypotheses this theoretical solution has proved to fit completely to the distinction between hardware and software. As is well-known, these models revealed even the simplest semantic uses of language as unsuitable to explain. One of the most negative aspects of this real epistemological defeat of the most ambitious linguistic philosophy of the 20th century is that it entailed the progressive theoretical decrease of human language role within the new dominant paradigm of cognitive science. In this paper we support a different theoretical position that can place language contribution at the core of the scientific debate, while remaining within the boundaries of cognitive science’s epistemology. This can be possible if we use a different naturalistic philosophy of language, based entirely on evolutionary-developmental biology and on the fundamental concept of morphological constraints, rather than centered on physicalist stances. Moreover, we believe that our position can open to cognitive science further possibilities of application that are currently clouded by the neuroscience’s primacy and the totalizing approach of experimental methodologies.