Su qualche aspetto della “grande opera” italiana (original) (raw)
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Alcune note sul grande «xoanon» della Mefite d’Ansanto
Appellati nomine lupi. Giornata Internazionale di Studi sull’Hirpinia e gli Hirpini. Napoli, 28 febbraio 2014, 2017
The great xoanon from the sanctuary of Mephitis in the Ansanto Valley schematically shows a female gure dressed in a long tunic with the characteristic St. Andrew's cross pattern on her chest. Recent microscopic and dendrochronological analyses suggested that the wooden statue, representing undoubtedly the goddess Mephitis, was carved in an oak trunk of about half a century. e oak is the quintessential image of the World Tree. It manifests its axial and mediumistic role by connecting the three levels of the cosmos: the infernal, with the roots; the terrestrial, with the trunk; the celestial, with the branches. e same mediumistic character is expressed by the goddess Mephitis, " the one who is in the middle " , mediating between the world of the living and the world of the dead.
Il cantiere dell’opera: Note preliminari
2021
Introductory note to the book forum on Ernesto De Martino, La fine del mondo. Contributo all'analisi delle apocalissi culturali, new edition edited by Giordana Charuty, Daniel Fabre and Marcello Massenzio, 2019 [ed. fr. La fin du monde. Essai sur les apocalypses culturelles, Éditions EHESS, 2016].Nota introduttiva al book forum su Ernesto De Martino, La fine del mondo. Contributo all’analisi delle apocalissi culturali, nuova edizione a cura di Giordana Charuty, Daniel Fabre e Marcello Massenzio, 2019 [ed. fr. La fin du monde. Essai sur les apocalypses culturelles, Éditions EHESS, 2016]
Nelle pieghe del dettaglio. Riflessioni sulla forma nell’opera di Francesco Borromini
2015
Il testo parte da alcune riflessioni sul tema della piega nel barocco, nell’accezione datane da Gilles Deleuze, come spunto per rintracciare all’interno dell’opera di Francesco Borromini una continuita figurativa tra il piccolo e il grande, tra il dettaglio e l’opera di cui fa parte. Numerosi disegni autografi mostrano come la definizione del dettaglio assuma un ruolo centrale nell’ambito dell’opera, e sembra di poter leggere nelle pieghe che modellano le superfici architettoniche degli spazi interni, o delle facciate esterne, gli stessi valori linguistici che articolano le singole modanature. In Borromini e evidente che il disegno sia strumento di formazione del linguaggio, anche attraverso lo studio delle antichita, e che esso abbia una funzione euristica nell’ambito della ricerca progettuale. Il testo si sofferma quindi su una lettura ascalare di alcuni disegni, nei quali e possibile interpretare le pieghe che modellano le modanature, come le equivalenti articolazioni delle paret...
Il dibattito pubblico sulle grandi opere. Prime riflessioni sul d.P.C.M. n. 76 del 2018
Rivista Giuridica di Urbanistica, 2018
Muovendo dalla configurazione del débat public quale esempio di arena deliberativa, l’articolo si occupa dell'introduzione di tale istituto in Italia, ad opera dell'art. 22 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, c.d. Codice dei contratti pubblici. Lo scritto ne analizza le modalità di funzionamento dettate dal d.p.c.m. 10 maggio 2018, n. 76, operando un raffronto con la disciplina francese e con quella di alcune esperienze regionali, in particolare toscana e pugliese. Si evidenziano luci e ombre della disciplina.
Sulle «Prose» di Parini nell'Edizione Nazionale delle Opere
«Rivista di Letteratura italiana», XL, 2022, 2, pp. 91-100, 2022
On Parini’s Proses in the National Edition of his Works · An exam of Giuseppe Parini’s proses starting from the first, juvenile ones, with particular attention to the virtues that counted most for him. Links between Parini’s work and that of Jacques Rousseau, Pietro Verri, Cesare Beccaria, Alessandro Manzoni and other later writers, above all from Lombardy, are traced. Gi- useppe Parini as reader of Saint Paul is also analysed.
Fenomenologia di un’opera d’arte “totale”
S. Scarrocchia, G. Arcidiacono (a cura di), Il Memoriale italiano ad Auschwitz, Sestante edizioni (collana Dialoghi anticocontemporaneo), 2014
Sin dalla prima idea progettuale, l’iniziativa dell’ANED per la realizzazione di un Memorial teso a narrare la tragica vicenda della deportazione italiana, individuava nelle potenzialità dell’arte lo strumento più adatto per la costruzione della memoria. Il Memorial si configurava come una vera e propria opera d’arte totale, coincidenza di intenzioni e perfetta sintesi tra le diverse arti in ossequio a un medesimo programma: un lavoro corale, opera di artisti e intellettuali i quali, ciascuno per la propria competenza, riuscivano a comporre un sistema “organico” nella condivisione profonda del senso ultimo del pensare e del fare. A partire da tali premesse, quest’opera, nella sua progettazione e realizzazione, assume su di se una potente carica simbolica ed emozionale che, ad una specifica lettura dal punto di vista del “fenomeno” (quindi volutamente parziale ed emotiva) può suggerire ulteriori spazi di riflessione sulla natura di quella “inattualità” che recentemente le è stata attribuita, ma che non può certamente essere intesa quale occasione per procedere ad una rimozione o ad un disinvolto stravolgimento dell’opera. L’atteggiamento di riduzione che permea tutta l’opera, conducendola verso pochi gesti, pochi segni, vede nell’essenzialità il punto d’incontro tra il dicibile e l’indicibile e cerca uno spazio primordiale di chiarezza che, se vogliamo, esprime lo stato di povertà e privazione del deportato, ma che è soprattutto il segno di un atteggiamento rigoroso e di una accorta regia, dove solo il necessario può trovare il suo spazio dimostrando così , anche da quest’ultimo punto di vista, come il memoriale meriti di conservare il proprio posto tra i prodotti significativi dell’arte e del pensiero contemporaneo. --------------------------- English ABSTRACT Phenomenology of a work of "total" art The Italian memorial at Auschwitz From the first project idea, the initiative ANED for the construction of a Memorial was aimed to tell the tragic story of the Italian deportation, and had founded in the potential of art the most suitable tool for the construction of memory. The Memorial was configured as a true work of total art, coincidence of intention and perfect synthesis of the various arts in compliance with the same program: a choral work, work of artists and intellectuals who, each in its own jurisdiction, had composed it like an "organic" system in the deep sharing of the ultimate meaning of the thinking and doing. Starting from these premises, this Memorial, in its design and construction, takes upon itself a powerful charge symbolic and emotional and, to a specific reading from the point of view of the "phenomenon" (ie deliberately partial and emotional), it may suggest further spaces for reflection on the nature of the opinion of "irrelevance" that someone recently has attributed to it, but that certainly can not be understood as an opportunity to undertake a removal or a easy distortion of this work. The attitude of reduction that permeates the whole work, leading her to a few gestures, a few signs, sees the essentiality as the meeting point between the speakable and the unspeakable and it looks for a primordial space that, if you will, expresses the state of poverty and deprivation of the deported, but that is mainly the sign of a strict approach and a shrewd direction, where only to the necessary is allowed to find a place by showing that, even from this point of view, how this memorial deserves to maintain its place among the most significant products of the art and contemporary thought. "