Fenomenologia del non-luogo (original) (raw)

Lo sguardo sul paesaggio nella fotografia di Giovanni Pasinato

Il saggio presenta il lavoro di un giovane fotografo del Nord Est italiano, Giovanni Pasinato (Venezia 1974-), attraverso l'analisi della sua opera e un'intervista all'autore, impegnato in un'attività dalle consistenti valenze cognitive ed etiche, ascrivibile alla Scuola italiana di fotografia del paesaggio (Luigi Ghirri, Guido Guidi, Giovanni Chiaramonte), ma dotata di tratti originali in forte sviluppo. Il contributo intende mostrare come la fotografia di Pasinato—dalle esplorazioni del " terzo paesaggio " lungo strade e autostrade, alla ricerca condotta sulle scene urbane di Treviso e Venezia Mestre, fino alla più recente perlustrazione dell'antico bosco del Montello (sulla cui esistenza minacciata si era levato altissimo anche il canto poetico di Andrea Zanzotto, scomparso nel 2011)—sia tutta incentrata sulla funzione fondamentale dello " sguardo, " grazie alla quale il suo lavoro si caratterizza come indagine e strumento di consapevolezza, in senso lato " politica, " sul rapporto fra l'essere umano e i luoghi. Le immagini di Pasinato, sommesse, limpide e allo stesso tempo avvolte da vaghezza, interrogano l'osservatore, proponendogli un dialogo con gli spazi fotografati ed evidenziando l'inscindibilità stilistica fra forma e contenuto; si distinguono per l'assenza di ogni compiacimento soggettivistico ed estetico, a favore della riscoperta, realizzata per mezzo di una essenziale valorizzazione della " visione, " dello stretto nesso fra cultura e natura, fra l'essere umano e gli altri viventi. Proprio mentre sollecitano il senso della nostra responsabilità collettiva, tralasciando ogni cedimento sentimentalistico e nostalgico, queste fotografie invitano ad avere coscienza e perciò, in ultima analisi, speranza. Pasinato rivendica così alla fotografia un'alta funzione artistica e civile, spesso misconosciuta proprio da quegli enti e istituzioni che dovrebbero avere a cuore il bene comune. Parole-chiave: Pasinato, fotografia, luogo, terzo paesaggio, ecocritica

Who framed Rome? Periferie urbane ed esistenziali nella Roma nel cinema italiano contemporaneo

2019

In questo intervento viene proposta una ricognizione di cinque casi studio: La nostra vita (Daniele Luchetti, 2010), Senza nessuna pietà (Michele Alhaique, 2014) Suburra (Stefano Sollima, 2015) Lo chiamavano Jeeg Robot (Gabriele Mainetti, 2016) e Il Più Grande Sogno di Michele Vannucci (2016), tutti ambientati a Roma e realizzati tra il 2010 e il 2016. Questi lavori forniscono un esempio di come la messa in scena della città possa essere sfruttata come perno formale e concettuale per articolare un discorso sulla contemporaneità che investiga dinamiche socio-geografiche e contribuisce ad arricchire e rimodulare l'immaginario popolare.

Romanticismo Digitale Il mondo ri-vissuto nell'era della iperdigitalizzazione

Romanticismo Digitale, 2021

Il mondo ri-vissuto attraverso la mediazione del virtuale e delle sue interfacce. Un percorso che porta ad una nuova scoperta di esso: riscoperta della natura e del sublime in versione HD. L’uomo, oggi, per superare le inquietudini di un mancato rapporto col senso di eternità va in cerca della spinta che lo proietti verso l’infinito (esattamente come nel titanismo del romanticismo). Questo stato si manifesta attraverso quello che definisco come Romanticismo Digitale.

Sentirsi a casa. La dimensione domestica come antidoto allo sradicamento di un mondo globalizzato

La consapevolezza comune è che la globalizzazione imponga stress da cambiamento, sradicamento e spaesamento. Ma è proprio così? Oppure, a fronte delle rinegoziazioni spazio-temporali e delle sfide multiformi che la globalizzazione genera, è possibile rintracciare nelle vite di ciascuno le premesse per una riappropriazione del proprio mondo? Viene qui proposta una analisi di cosa significhi "sentirsi a casa": una fenomenologia dell'abitare come connotazione affettiva dello spazio, che muove dall'assunto che la dimensione domestica rappresenta - con le parole di Agnes Heller - "una delle poche costanti della condizione umana".