M.FAVILLA - R.RUGOLO, Gli altari di San Lazzaro dei Mendicanti: storia e devozione (original) (raw)

M.FAVILLA - R.RUGOLO, Un'architettura di "scientifica semplicità": Tommaso Temanza e la chiesa della Maddalena

in «Studi veneziani», n.s., n. 55 (2008), 2009

Si riteneva il successore di quegli ecclesiastici del diciottesimo secolo che per diventare massoni avevano motivi più seri di quanto non supponesse Beauséant. Roger Peyrefitte, Il Grande Oriente, 1961, p. 95. opera più «distinta» 1 dell'architetto Tommaso Temanza, la rotonda chiesa della Maddalena a Venezia 2 (Figg. 1-3), ha acquisito nel Abbreviazioni Si fornisce l'abbreviazione dei documenti citati più frequentemente nel testo, conservati presso l'Archivio Storico del Patriarcato di Venezia (d'ora innanzi aspve). Minuta aspve: Parrocchia dei SS. Ermagora e Fortunato, Fabbriceria, Atti generali, b. 27, fasc. ii, «Rifabbrica della chiesa di S. Maria Maddalena, anno 1763», [minuta della Descrizione], pp.n.n. Descrizione aspve: Parrocchia dei SS. Ermagora e Fortunato, Fabbriceria, Atti generali, b. 27, fasc. ii, «Descrizione della riffabrica della parte e colleggiata chiesa di S. Maria Maddalena», pp.n.n. Registro aspve: Parrocchia dei SS. Ermagora e Fortunato, Fabbriceria, Atti generali, b. 27, fasc. ii, «Registro di tutto lo scosso e speso per conto della riffabbrica della chiesa parrocchiale e colleggiata di S. Maria Maddalena di Venezia, o sia Cassa contanti scossi e spesi, 1757-1774», pp.n. All'interno del saggio è stato adottato un criterio conservativo dei testi citati (sia manoscritti che a stampa), salvo per l'uso atipico della punteggiatura, delle maiuscole, degli accenti, della lettera 'j' e del segno di congiunzione '&', che sono stati uniformati all'uso corrente. Nella trascrizione dei documenti le parole barrate sono così nell'originale; i tre punti all'interno di parentesi quadrate corrispondono a omissis; le tre stelle a parole cancellate. 1 G. Moschini, Della letteratura veneziana del secolo xviii fino a' giorni nostri, iii, Venezia, 1836, p. 114. 2 Con il decreto napoleonico del 1807 la parrocchia di S. Maria Maddalena fu soppressa e accorpata a quella di S. Fosca. Soppressa anche questa nel 1810, la circoscrizione parrocchiale venne inglobata in quella di S. Marcuola. La chiesa della Maddalena fu dapprima retrocessa a oratorio, poi chiusa al culto e infine, nel 1820, riaperta come succursale di S. Marcuola. L'archivio subì le stesse vicissitudini. Su Tommaso Temanza e sulla Maddalena «studi veneziani» · lv · 2008 L ' 6 Cfr. qui la tavola delle Abbreviazioni. 7 Romanelli, in Venezia nell'età di Canova, cit., p. 21, n. 16. Fig. 3. T. Temanza, Chiesa della Maddalena, Venezia, facciata. tommaso temanza e la chiesa della maddalena 207 glianza paganeggiante al pantheon», 8 le parole, crediamo sincere, di Temanza testimoniano altresì che questa incontrò fin da subito «moltissimo nel genio dell'universale», in una città dove «ordinariamente si dice male di tutto». 9 Un «universale compatimento» 10 che rimarrà costante durante tutto il lungo svolgersi dei lavori, laddove persino i seguaci di Bartolomeo Ferracina, 11 acerrimi dissacratori del nostro, la rispettavano, consapevoli «che in Venezia non vi ha chi nell'architettura la eguagli». 12 Il reverendo Giovanni Marchioni, 13 poi, parroco della Maddalena 8 Così per Brusatin, Venezia nel Settecento, cit., p. 224. 9 Il primo passaggio è tratto da una lettera di Temanza all'abate Gasparo Patriarchi a Padova, nel luglio del 1767; bspve: ms. 318.7. Inoltre, l'architetto scriveva, nel giugno del 1770, al fisico Giovanni Antonio Dalla Bella in quel di Lisbona, a fronte di una vicenda iniziata quasi quindici anni prima: «La mia chiesa della Maddalena è innalzata sino alle cornici. La cappella maggiore è interamente compiuta. Di quest'opera ho la consolazione che tutta la città le fa applauso, cosa insolita, perché ordinariamente si dice male di tutto […]. I miei nemici non hanno coraggio di sparlare perché temono di essere tassati di troppa malignità» (bspve: ms. 318.7). Sulla figura di Giovanni Antonio Dalla Bella si veda U. Baldini, Dalla Bella, Giovanni Antonio, in Dizionario Biografico degli Italiani, xxxi, Roma, 1985, pp. 773-775; e per ultimo V. Giormani, Domenico Vandelli e Giovanni Antonio Dalla Bella, ovvero le smanie per la cattedra e le tartarughe dei papi, «Atti dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti», Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, 166, 2007-2008, pp. 85-138. 10 bspve: ms. 318.7: «Al signor Giovanni Antonio Dalla Bella Lisbona. La mia chiesa della Maddalena tira innanzi assai bene e con universale compatimento. Qualche altra opera ho per le mani, nobile sì, ma non grandiosa. Il mio costume di non cacciarmi innanzi mi tiene addietro, e un giovinastro architettuccio alla moda fa tutto ed è per tutto. Io vidi dei suoi spropositi e del poco senno di quelli che gli donano una appassionata sregolatissima smodata probazione. Compiango poi le disgrazie di Venezia nella quale si profondano, per così dire, tesori nell'erezione di nuove fabbriche le quali che infine non onore ma disprezzo vergogna le arrecano. Anche Vitruvio a suoi dì vedeva di cotali cose in Roma; eppure allora regnava Augusto, la di cui età si reputa così felice per le bell'arti. […] Venezia 12 ottobre 1771».

2008 - Il Santuario della B. V. delle Grazie. Il porticato e altri appunti

Atti dell'Accademia Roveretana degli Agiati, 2008

Il contributo pone l’attenzione sugli affreschi del porticato del santuario della Beata Vergine delle Grazie di Curtatone, illustranti la storia del complesso sacro e i miracoli mariani. Viene per tutti i dipinti letta l’iconografia ed individuato l’autore in Bernardino Muttoni il vecchio e Bernardo Muttoni, ad eccezione della lunetta centrale ricondotta ad un anonimo pittore mantegnesco.

E. GAGETTI, La teca di Manlia Dedalia. La devozione di una nobildonna mediolanense, in Il tesoro di San Nazaro. Antichi argenti liturgici dalla basilica di San Nazaro al Museo Diocesano di Milano, ed. by G. Sena Chiesa, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2009, pp. 73-95.

Un vasetto rotondo, con un pezzetto d'osso dentro" Nel 1578, nel corso dello smantellamento dell'altare maggiore della basilica degli Apostoli, oggi più nota come basilica dei Santi Apostoli e Nazaro Maggiore 1 , l'arcivescovo Carlo Borromeo e il suo seguito "ritrovarono […] sotto l'altare di San Pietro, situato all'hora sotto la cuppola della Chiesa, una cassetta d'argento, effigiata artificiosamente di varij misteri della Passione di Christo nostro Signore; nella quale erano alcuni veli, & un vasetto rotondo con un pezzetto d'osso dentro, rinvolto in un'altro velo" 2 . L'oggetto sferico rinvenuto all'interno della ben più celebre capsella 3 era evidentemente un contenitore (q økh; theca) di reliquie sul quale, suddivisa tra le due valve di cui è composto il manufatto, appare l'iscrizione Dedalia vivas || in Cristo: la sua attuale denominazione di "teca di Manlia Dedalia" è stata dunque determinata dalla funzione e dal nome femminile che compare iscritto, completato, come si vedrà, grazie a un'epigrafe milanese, dalla quale, anticipiamo qui, sappiamo che Manlia Dedalia fu un'aristocratica mediolanense che si consacrò a vita ascetica, vissuta all'epoca di Ambrogio. Il contenitore (tavv. 30-33), chiuso, appare sferico: esso è in realtà leggermente schiacciato ai poli 4 e le pareti hanno una curvatura minore rispetto alla sfera ( ). Esso è formato da due parti uguali, realizzate in spessa lastra d'argento 5 -lavorata esclusivamente a sbalzo, senza ricorrere al tornio -, la cui superficie esterna appare rivestita da una patina scura che si fa più sottile verso i poli, ove è ben visibile la doratura nell'area circolare riservata alla decorazione: è assai probabile che il cromatismo che ne consegue sia stato ricercato dall'artefice, con un raffinato trattamento superficiale 6 . Le due metà sono unite da una cerniera, del tutto priva di patina, e si chiudono a incastro, fissate con un sistema a baionetta. Cerniera e perno della chiusura non sono diametralmente opposti in maniera esatta (figg. 2-3): sulla valva recante l'iscrizione Dedalia vivas i punti mediani della cerniera e del perno della chiu-sura distano 190°; sull'altra valva l'angolo tra i punti mediani della cerniera e del ribattino che fissa la baionetta girevole misura 160°7. Si pone ora il problema di individuare quale delle due valve sia da considerare la superiore e quale l'inferiore. Come nota Antonio Sartori 8 , esistono sicuramente una "prima" e una "seconda" valva dal punto di vista della distribuzione del testo epigrafico, che inizia con Dedalia vivas e si conclude con in Cristo; benché la valva recante il nome di Cristo debba ritenersi la principale sotto l'aspetto semantico. Sotto il profilo tettonico, infatti, si può osservare che la sagomatura dei bordi delle due semisfere, che ne garantisce il perfetto incastro, è tale che la valva che "copre" l'altra, che invece vi si "infila" sotto, è quella con il nome di Cristo ( ); e che sempre su questa fa perno il gancio di chiusura, dispositivo sul quale si tornerà più avanti. La sobria decorazione si concentra ai poli dei due emisferi. Al centro di ognuno di essi è un chrismon, nel quale il punto di intersezione delle lettere greche C e R coincide con il vertice di ogni semisfera; ai suoi lati, all'interno degli angoli formati dai bracci della chi, sono le lettere apocalittiche A e w. Gli spazi di risulta tra i bracci della chi e le metà superiore e inferiore della rho sono decorati da un motivo a fiore puntinato molto stilizzato, che si ritrova anche al di sotto e ai lati della A e sotto l'w 9 . Il chrismon è quindi circondato da una cornice a doppia solcatura, che funge contemporaneamente da guida superiore all'iscrizione, sotto la quale è un'analoga cornice. Il testo appare accuratamente organizzato nella sua distribuzione: la lettera iniziale, su ognuna delle due valve, si trova esattamente in asse con il tratto verticale del chi del chrismon (figg. 2-3). La fine di ognuno dei due testi è chiaramente separata dall'inizio, rispettivamente, da una croce gammata tra due piccole hederae tra la O di Cristo e la I di in; e da una cornucopia dalla quale fuoriesce uno stilizzatissimo e filiforme tralcio di vite tra la S di vivas e la D di Dedalia.

Recensione di E. Silvestrini (ed.), Acque, pietre, fuochi, alberi. Rituali di guarigione nei santuari e nei luoghi di culto del Lazio, Roma, Di Virgilio Editore, 2014, in «Studi e Materiali di Storia delle Religioni», 81/1, 2015, pp. 333-338

Recensioni / Reviews 333 Quello che si offre al lettore è dunque un volume di storia dell'arte, ma senza ombra di dubbio anche un'ottima introduzione alla storia della (ri)costruzione degli stereotipi antigiudaici, inserendosi a pieno titolo nel dibattito storiografico contemporaneo sulla storia degli ebrei presenti nello Stato della Chiesa tra Medioevo ed età moderna. Martina Mampieri Elisabetta Silvestrini (ed.), Acque, pietre, fuochi, alberi. Rituali di guarigione nei santuari e nei luoghi di culto del Lazio, Di Virgilio Editore, Roma 2014. isbn 978-88-979711-3-9. ebrei a Roma in età moderna, in V. Cazzato -S. Roberto -M. Bevilacqua (eds.), La festa delle arti. Scritti in onore di Marcello Fagiolo per cinquant'anni di studi, vol. 1, Gangemi, Roma 2014, pp. 444-451. 4 D'ora innanzi indicato sinteticamente con la sigla APFA. 5 APFA, p. 5. 6 APFA, pp. 14-15.

M.FAVILLA - R.RUGOLO, Sulla storia di palazzetto Zane a San Stin. I «pregi» di una famiglia

in IL PALAZZETTO BRU ZANE: STORIA E RINASCITA, Venezia, Fondation Bru - Palazzetto Bru Zane, 2009

1 <<pregÏ>> di una famiglia C 挝削川…… im 川 I 盯 m 川川 n 川 li ri co rdava c h e g li Zane avevano forn 川 lito alla Re pubbli ca dω Ve n ez ia <<ψ 〈 φp 归r咽 它 e lati i 川 n s 剖i g n 川 li , senaLori famosi , amba sciatori applauditi e fortunati g u e rri e ri))l. 1 α preg i " i 11 u s tra ti da Freschot trovava no il 101'0 fondam e nto n e ll e ri ce rc h e genealogic h e de ll 'e rudito padova no Giacomo Zabarella , il qual e n e l 1661 in un volumetto intitolato Il magn庐co, ovvero lα v irlù mω cheralα , aveva d e ttagliatam e nte narrato I'orig in e di Lale prosapia <<cava ndola dalli profondi abissi d e ll'anti c hità e s trappandola dalle voraci fau c i d e l te mpo e d e ll 'o blio >严 . Secondo la favolosa e suggesliva ri cos truzion e di Zabarella la fami g lia Zane affondava l e propri e sa ld e radi c i n e lla Rom a a nti ca , disce nd e ndo dai <<Vipzanii nobili ss im 忡 e quindi da Marco Vipsanio Ag rippa , s uo ce ro di Augusto , strenuo sostenitore d e ll e is tituzioni re pubbli ca n e e vin ci tore n e l 3 1 a.C. d e lla bauaglia di Az io.

D.L. MORETTI, La chiesa rupestre dei santi Filippo e Giacomo nel territorio di Monte Sant'Angelo in "Kalkas", Rivista del Centro Studi Storico Archeologici del Gargano, n° 1/2019, pp. 27-72. ISSN: 2612-4637

Kalkas, 2019

Questo saggio analizza una chiesa rupestre inedita nel territorio di Monte Sant’Angelo e alcuni ipogei sepolcrali situati vicino ad essa. Il complesso è collocato nella zona chiamata sull’IGM Celebra, tra Coppa Caramanica e Tufara Rossa, e di fronte la zona chiamata Ripasanta, famosa per via della chiesa rupestre di Ognissanti. Si può ipotizzare che il complesso fu frequentato a partire dalla prima conquista bizantina, per poi essere rimaneggiato nei secoli successivi, fino a perdere la sua funzione per via dell’instabilità politica creatasi durante la conquista normanna. Si analizzeranno i pochi dati archeologici ritrovati in superficie, che, uniti con un’attenta ricerca documentale, permetteranno di formulare delle ipotesi sulla frequentazione del complesso, e sulla donazione e titolazione della chiesa. This article analyzes a little-know church, hewn from rock, in the territory of Monte Sant’Angelo, as well as some nearby tombs. The complex is located in an area identified as Celebra on the IGM, located between Coppa Caramanica and Tufara Rossa, in front of the area called Ripasanta, wich is famous for the rupestrian church of Agnus Dei or Saint Salvatore near Jazzo Ognissanti. It can be hypothesized that the complex wa inhabited strating from the first Byzantine conquest, then remodeled in the following centuries, until it lost its function due to the political instabilitu created during the Norman conquest. The scant archeological remains found on the surface will be analuzed which, combined with careful documentary reaserach, will allow us to formulate hypotheses on the complex’s congregation and on the foundation and name of the church.

"Adornata con Angeli di marmo". Novità sul Tabernacolo del Santissimo Sacramento di Donatello e sulla Madonna della Febbre nel Seicento

In corso d'opera. Ricerche dei dottorandi di Storia dell'arte della Sapienza 3, 2019

Il palazzo delle Sagrestie di San Pietro in Vaticano, eretto da Carlo Marchionni tra il 1776 e il 1784, custodisce sin dal tempo della sua edificazione, all'interno della cappella dei Beneficiati, un'immagine mariana di antica tradizione taumaturgica, la Madonna della Febbre. Si tratta di un frammento di affresco trecentesco, molto ridipinto, celebre ai nostri giorni per essere incorniciato dal marmoreo Tabernacolo del Santissimo Sacramento, realizzato da Donatello e aiuti tra il 1432 e il 1433 1 ( ).