Freud e Facebook (original) (raw)

Facebook (e, in generale, delle reti sociali) a partire da un dato che chiunque (in possesso della opera completa: eccellente la nostra edizione Boringhieri, curata da Cesare Musatti) può verificare. Il creatore della psicoanalisi nei suoi studi sulla psiche non usa MAI esempi cinematografici. Il dato è sorprendente e significativo soprattutto se si considera che l'uso di opere d'arte, soprattutto letterarie, è sistematico nelle sue analisi, a partire dal momento in cui scopre il carattere fantastico di ogni processo psichico, conscio e inconscio. Immagini pittoriche e testi letterari hanno infatti per Freud lo stesso valore testimoniale dei sogni e dei sintomi. Ma più che in famose diagnosi di artisti (Leonardo, Michelangelo, Dostoyevski, Goethe) la centralità dell'arte e, soprattutto della letteratura, nella psicoanalisi si osserva attraverso l'uso che ne fa nelle sue ricerche sui meccanismi di funzionamenteo della psiche. Sorpreso egli stesso dalla acutezza che mostrano al riguardo gli scrittori, Freud in varie occasioni afferma che i poeti hanno intuito e descritto letterariamente le verità che la psicoanalisi (cioè lui) avrebbe dimostrato sul piano scientifico. Le affermazioni più chiare, in merito, si trovano nell'articolo "Il poeta e la fantasia" (1909), nel quale il romanzo popolare ottocentesco viene descritto a partire dalla identificazione del lettore con l'eroe protagonista, che nelle sue romanzesche peripezie, dalle quali esce sempre vittorioso, realizza (come un sogno) il desiderio di "sua maestà l'Io" di sopravvivere con successo a tutte le tensioni che ne minacciano l'integrità e la salute. È legittima allora la domanda sui motivi per i quali non ha preso in considerazione il cinema, che nel suo periodo classico, che Freud ha interamente vissuto (morì nel '39), ereditò la funzione immaginaria del romanzo, ed anzi ne potenziò enormemente la diffusione e l'efficacia: esistono rappresentanti più gloriosi di "sua maestà l'Io" che Rodolfo Valentino e Charly Chaplin?