Il progetto di Tita Carloni per la Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, in G. Agosti, J. Stoppa (a cura di), Il Rinascimento nelle terre ticinesi 2. Dal territorio al museo, Casagrande, Bellinzona 2018, pp. 17-25. (original) (raw)
Attraversato dalla strada che da Riva San Vitale porta a Ligornetto diramando verso i paesi della «Montagna» (Besazio, Tremona, Arzo, Meride), il villaggio di Rancate termina a nord-est con una cesura netta: una cortina di case che digrada verso la chiesa di Santo Stefano e definisce, con il prospetto della parrocchiale e i fabbricati di riscontro, ai piedi della collina, una piazza dalle proporzioni inusuali nel Ticino ( , lunga e stretta come la memoria agreste di un circo romano.
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A nostra immagine, 2020
Molte sono le persone cui siamo debitrici per questo volume. In primo luogo grazie ad Elisa Barani (Ufficio Beni Culturali della Diocesi di San Miniato), per l'apporto essenziale nell'organizzazione della ricerca e della campagna fotografica. Al Comune di San Miniato -Sistema Museale, nelle persone del direttore Lorenzo Fatticcioni e della Signora Manola Vincenti, ed a Federico Cantini (Università di Pisa), per averci cortesemente messo a disposizione la documentazione fotografica del sito e del Museo di Vico Wallari. Al personale della Biblioteca Comunale Mario Luzi, per la competenza, efficienza e gentilezza davvero straordinarie. Grazie anche a Roberto Boldrini, Alexander Di Bartolo e Marco Frati, per i preziosi consigli. A Francesco Fiumalbi, profondo conoscitore del territorio, va un ringraziamento speciale per lo scambio di idee e per i molti suggerimenti, ma soprattutto per la passione con cui ha condiviso questa ricerca. Infine siamo grate a tutti i parroci, che ci hanno sempre accolto con fiducia e disponibilità, nonché al personale del ristorante ospitato nella Villa dal Borgo di Palaia. Tutti costoro hanno contribuito a rendere questi mesi di lavoro un vero piacere: gravia levia.
La diffusione dell’uso della fotografia a Roma assume da subito intricanti connotazioni di continuità e al tempo stesso di spartiacque non soltanto rispetto all’immagine della città, ma alla nuova funzione che il mezzo fotografico si trova a svolgere. Gli anni della dagherrotipia, della calcotipia e quelli del collodio (fino al 1880) continuano a documentare e a tramandare la visione della città classica, cara ai turisti e ai viaggiatori italiani e stranieri. Siti archeologici, mura, porte, vedute panoramiche dal Campidoglio o da Trinità dei Monti, chiese, ville, palazzi e infine ritratti e riproduzioni di opere d’arte sono i temi più frequentati, temi già prediletti dai pittori e dagli incisori, rispetto alle cui opere la fotografia offre il vantaggio immediato di essere meno costosa, più rapida nell’esecuzione, più facilmente trasportabile soprattutto per una committenza che molto spesso è in città soltanto di passaggio. Accade così che ci sia una trasmigrazione – non priva di dispute e di controversie – dal mondo dei pittori, degli incisori, dei medaglisti, dei miniaturisti verso l’utilizzo della nuova tecnica. Il saggio ripercorre i rapporti, anche ambivalenti, tra queste due forme d'arte, mettendo a confronto pittori e fotografi attivi a Roma nella seconda metà dell'Ottocento.
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Cultura Economia Territorio. La Storia come mestiere. Studi in onore di Fabio Bettoni, a cura di A. Ciuffetti, R. Tavazzi, Bollettino storico della città di Foligno, 2020