La linea del tempo. Coscienza, percezione, memoria tra Bergson e Husserl (NUOVA EDIZIONE) (original) (raw)

Review of Federica Buongiorno, La linea del tempo. Coscienza, percezione, memoria tra Bergson e Husserl

Universa. Recensioni di filosofia, 2015

Il libro di Federica Buongiorno presenta un sintetico confronto tra la fenomenologia di Husserl e il pensiero di Bergson, circoscritto al tema del rapporto tra percezione e memoria e della costituzione della coscienza del "passato"; il percorso è basato in maniera precipua rispettivamente sulle Vorlesungen zur Phänomenologie des inneren Zeitbewusstseins del 1904-5 e su Matière et mémoire (1896). L'intento complessivo di questo saggio è "aprire" il pensiero husserliano tramite il confronto con altri pensieri eludendo così il rischio di un "appiattimento di Husserl su Husserl", rischio ingenerato, d'altra parte, dalla radicalità dell'opzione metodologica indissolubilmente connessa al pensiero del fondatore della fenomenologia. Buongiorno tenta quindi di supplire, almeno parzialmente, alla mancanza di un confronto sistematico dal punto di vista teorico tra queste due filosofie, mettendo in luce al contempo la divergenza che le caratterizza per quanto concerne la loro intenzione fondamentale. Il confronto prende avvio dalla critica della temporalità obbiettiva delle scienze naturali e dalla messa in luce della necessità di tracciarne la genesi a partire dalla "reciproca inerenza" tra temporalità e coscienza. Tanto per Husserl quanto per Bergson, il reale è il temporale, e la comprensione della realtà dipende quindi dal chiarimento archeologico del suo modo di costituzione nella coscienza vissuta, il cui modo d'essere è caratterizzato da una temporalità intrinseca che Bergson definisce durata. Di qui emerge un'affinità strategica tra l'esclusione husserliana del "tempo obbiettivo" e il "potente sforzo di astrazione" che Bergson invoca nell'Essai del 1889 affinché la coscienza "ridivent[i] se stessa" (p.13). Questa strategia permette di rimettere il tempo obiettivo e la coscienza soggettiva del tempo in giusto rapporto, laddove le scienze naturali, con il loro concetto numerico e dunque spazializzato di tempo, perdono completamente di vista la "sfera di originaria datità del rapporto tra coscienza e realtà" (p.15).

Recensione a: H. Bergson, "Storia dell'idea di tempo", ed. S. Guidi, Mimesis, Milano - Udine 2019, pp. 433

Giornale di Metafisica, 1/2022, pp. 300-304 (ISSN 0017-0372), 2022

La memoria di un pensatore, di una pensatrice, persiste e cresce nel tempo anche in relazione alla fortuna, pubblicazione e traduzione delle sue opere e, quando si tratta di una persona che ha avuto la possibilità di insegnare all’Università, dei suoi corsi accademici. Il corso dal titolo Histoire de l’ideé de temps, tenuto tra il 1902 e il 1903 da Henri Bergson al Collège de France, è per la prima volta tradotto interamente in italiano da Simone Guidi. Si tratta del terzo di una serie di corsi tenuti da Bergson al Collège de France dal 1901 al 1914, di cui conserviamo – allo stato attuale – recensioni, riassunti e stralci di appunti. Come spiegato dal curatore italiano nelle prime pagine dell’introduzione, il presente corso è uno dei due unici corsi pervenutici in modo completo, su un totale di undici corsi di cui finora siamo a conoscenza (cfr. p. 22). Rimangono dei vuoti, tra il 1905 e il 1906, tra il 1909 e il 1910, così come tra il 1912 e il 1913, in cui non è ancora noto se Bergson abbia tenuto altri corsi. Le lezioni bergsoniane al Collège de France fanno parte di un corpo di testi recuperato per mezzo di un complesso lavoro editoriale, che raccoglie anche i testi delle lezioni presso alcuni licei francesi, prima di approdare al Collège de France (cfr. p. 23). Per quattro dei corsi bergsoniani possediamo i dattiloscritti del poeta e filosofo Charles Péguy, il quale, nell’impossibilità di frequentarli direttamente a causa di una malattia, chiese a due stenografi di fiducia (i fratelli Raoul e Fernand Corcos) di trascrivere parola per parola tutto ciò che Bergson avrebbe pronunciato a lezione. La storia editoriale dei corsi bergsoniani, minuziosamente ricostruita e analizzata dal Curatore italiano (cfr. pp. 21-26), ha portato dei primi risultati tra il 2016 e il 2019, anni in cui PUF ha dato alle stampe quattro corsi: due completi, Storia dell’idea di tempo nei suoi rapporti con i sistemi 1902-1903, a cura di Camille Riquier e L’evoluzione del problema della libertà 1904-1905, a cura di Arnauld François; due con parziali lacune, Storia delle teorie della memoria 1903-1904 sempre a cura di Arnauld François e L’idea di tempo 1901-1902 a cura di Gabriel Meyer-Bisch. La pubblicazione dei primi corsi al Collège de France rappresenta un autentico evento editoriale, sia per gli studi su Bergson, sia per gli studi filosofici in generale. Da un lato, essi si inseriscono in un momento cruciale della produzione bergsoniana, ovvero tra la pubblicazione del Saggio sui dati immediati della coscienza (1889) e di Materia e memoria (1896) e la pubblicazione del capolavoro bergsoniano del 1907, L’evoluzione creatrice. Dall’altro lato, i corsi ci restituiscono la temperie culturale della Francia e dell’Europa del primo Novecento: il dialogo crescente tra filosofia e altre scienze, come la psicologia; il confronto tra Bergson e altri autori a lui contemporanei, come William James. Ciò ha contribuito a rendere le lezioni bergsoniane dei veri e propri eventi mondani.

Henri Bergson, Storia dell'idea di tempo, a cura di Simone Guidi, Mimesis 2019

2019

Il corso sulla Storia dell'idea di tempo, tenuto al Collège de France nel 1902-1903, per la prima volta tradotto interamente in italiano, è dedicato al concetto di tempo nella storia della filosofia antica e moderna. In queste straordinarie lezioni Bergson si confronta con Platone, Aristotele, Plotino, Galileo, Descartes, Spinoza, Leibniz, Newton e Kant. Nel cuore della metafisica occidentale il filosofo francese intravede una fondamentale negazione del tempo, impropriamente considerato come imitazione e riduzione di un’originaria eternità, inattingibile nell’immediato e esperibile solo per il tramite di un apparato simbolico. Alla luce di questa paradossale “falsa partenza” del pensiero occidentale, Bergson indica nella storia della metafisica la costante riproposizione dei suoi errori fondativi; ma vi intravede anche l’inesorabile cammino concettuale che, progressivamente, riconduce il tempo alla sua natura psicologica, quella della durata. — Review: Dr. Daniele Poccia, Lo Sguardo, 28 (2019, 1), pp. 303-312 — Review: Il Foglio, 23 October 2019 — Review: Dr. Alessandra Campo, Alias (Il Manifesto), 19 January 2020 — Review: Prof. Roberto De Gaetano, “L’azione tra vuoto e caos. Storia dell’idea di tempo di Henri Bergson”, Fata Morgana, 7 February 2020 — Review: La Domenica (Sole24Ore), 9 February 2020 — Review: Dr. Giulia Andronico, Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede, 24 February 2020 — Review: La Stampa, 2 March 2020 — Review: Dr. Caterina Zanfi, Italian Thought Network, 2020 — Review: Dr. Giulio Piatti, La Cultura (2020, 2-3), pp. 502-506. — Review: Dr. Gabriele Vissio, Consecutio Rerum, 9 (2020, 5), pp. 217-218.

Tempi moderni. Note a margine alla “Krisis” di Edmund Husserl

"Filosofia e nuovi sentieri/ISSN 2282-5711", 2014

Il XX secolo avvertì dunque l’esigenza, anche se ancora in ristretti ambiti culturali, di tornare alla rivendicazione baconiana di una “trasparenza” delle scienze e a quell'equilibrio uomo/tecnica, e uomo/natura, duramente conquistato dai moderni. Husserl fu tra i primi a rivendicare un nuovo e saldo principio di ragione veicolato dalla filosofia, una filosofia ormai eclissata dai poderosi esiti scientifici e sempre più relegata al ruolo di letteratura o nottola hegeliana.

Discussione - Per una scienza del filosofico. Sulla Storia dell'idea di tempo di Henri Bergson

2020

La necessità con la quale il pensiero filosofico ha tentato di derivare il tempo dell’eterno è la stessa grazie a cui il tempo si è imposto come tema principale e forse definitivo del filosofare. Come vi fosse una segreta relazione di simmetrica esclusione ma anche di reciproca implicazione, nella storia della filosofia occidentale, tra il pensiero del tempo e quello della necessità, sino al punto in cui la negazione del tempo stesso si identifica, rovesciandovisi, nel suo inevitabile riconoscimento. Nella Storia dell’idea di tempo. Corso al Collège de France 1902-19031, Bergson non lo dice apertamente, ma lo lascia in qualche modo intuire al suo lettore (all’ascoltatore dell’epoca). Il tempo della filosofia è il tempo di una necessità – la necessità di pensare il tempo come durata. Ora, c’è un modo semplice e diretto per spiegare che cosa Bergson intendesse con il termine concettuale «durata» ed è la parola “ritmo”. Un ritmo è qualcosa di più di una semplice scansione numerica del divenire. Il ritmo designa sempre il modo in cui il tempo passa, qualcosa come il tempo stesso impiegato dal tempo a passare. Quale è allora il ritmo proprio del tempo (im)pensato dal filosofo?